Il contributo dell'Anm al dibattito sul ddl anticorruzione. Voglio ringraziare Ezia Maccora per avere posto l’accento sulla gravità della situazione attuale di degrado che è emersa dalle indagini milanesi.
Liberainformazione - La questione del gravissimo allarme nasce dal fatto che in quella indagine sembra si siano intrecciate questioni di grave corruzione politica - amministrativa, con questioni di non meno grave infiltrazione mafiosa nel tessuto politico amministrativo lombardo. Il sacrosanto grido di allarme di Ezia Maccora non può che trovarmi totalmente d’accordo, posto che si tratta del medesimo grido che la parte più attenta ed impegnata della magistratura palermitana tenta di lanciare da più di venti anni.
Le nostre analisi sulla mafia siciliana intesa come “sistema criminale” che ha operato in Sicilia fin dai primi anni ’50 ( e che ancora oggi opera) e che vede coinvolti in un’unica lobbie affaristico-mafiosa le “famiglie” di cosa nostra assieme a gran parte della classe politica, dell’amministrazione della cosa pubblica regionale, del mondo delle imprese, della finanza, delle banche ed in alcuni casi anche del mondo della giustizia, possono farsi risalire al periodo immediatamente successivo alle stragi del 1992/93. Da noi però l’istinto di sopravvivenza di questo “sistema criminale” ha provocato decine di morti ammazzati. Si trattava di tutte quelle persone che, nelle differenti competenze, (magistrati, uomini delle forze dell’ordine, giornalisti, prefetti, presidenti di regione etc) avevano capito come stavano le cose ed avevano assunto iniziative che ponevano a rischio la esistenza stessa della lobbie.
Non intendo minimamente invocare primati, ma affermare semplicemente che di tutto ciò i magistrati di Palermo hanno sempre cercato di parlare nei dibattiti pubblici, negli incontri istituzionali, nelle trasmissioni televisive, nelle interviste, cioè in tutte quelle occasioni che ci venivano offerte per potere dibattere ed analizzare la degradante condizione siciliana. In occasione dell’ultima celebrazione del ventennale della strage di Capaci, abbiamo consegnato al Ministro della Giustizia la bozza di un testo normativo che riguardava proprio la modifica dell’art. 416 ter c.p., nel senso di estendere la punibilità anche alle ipotesi di “altre utilità” e non semplicemente alla dazione o promessa di denaro, posto che assai raramente la mafia mette a disposizione tutto il suo potenziale di intimidazione per assicurare appoggio elettorale in cambio di soldi, ma bensì per assicurarsi ben più cospicui vantaggi in tema di appalti e finanziamenti per la realizzazione di opere pubbliche ed altro.
Da noi la corruzione sistemica del tessuto politico-amministrativo è indotta ed alimentata dalla presenza mafiosa e quindi è diventata “corruzione qualificata” e ciò ha determinato un gravissimo ritardo dello sviluppo economico-sociale dell’isola ed una sostanziale sospensione della democrazia. Vi prego, adesso che si è finalmente scoperto che tutto ciò sembra accadere anche da altre parti e non solo da noi (da noi intendo in tutte le regioni meridionali afflitte dalla presenza delle mafie) continuiamo a parlarne.
Liberainformazione - La questione del gravissimo allarme nasce dal fatto che in quella indagine sembra si siano intrecciate questioni di grave corruzione politica - amministrativa, con questioni di non meno grave infiltrazione mafiosa nel tessuto politico amministrativo lombardo. Il sacrosanto grido di allarme di Ezia Maccora non può che trovarmi totalmente d’accordo, posto che si tratta del medesimo grido che la parte più attenta ed impegnata della magistratura palermitana tenta di lanciare da più di venti anni.
Le nostre analisi sulla mafia siciliana intesa come “sistema criminale” che ha operato in Sicilia fin dai primi anni ’50 ( e che ancora oggi opera) e che vede coinvolti in un’unica lobbie affaristico-mafiosa le “famiglie” di cosa nostra assieme a gran parte della classe politica, dell’amministrazione della cosa pubblica regionale, del mondo delle imprese, della finanza, delle banche ed in alcuni casi anche del mondo della giustizia, possono farsi risalire al periodo immediatamente successivo alle stragi del 1992/93. Da noi però l’istinto di sopravvivenza di questo “sistema criminale” ha provocato decine di morti ammazzati. Si trattava di tutte quelle persone che, nelle differenti competenze, (magistrati, uomini delle forze dell’ordine, giornalisti, prefetti, presidenti di regione etc) avevano capito come stavano le cose ed avevano assunto iniziative che ponevano a rischio la esistenza stessa della lobbie.
Non intendo minimamente invocare primati, ma affermare semplicemente che di tutto ciò i magistrati di Palermo hanno sempre cercato di parlare nei dibattiti pubblici, negli incontri istituzionali, nelle trasmissioni televisive, nelle interviste, cioè in tutte quelle occasioni che ci venivano offerte per potere dibattere ed analizzare la degradante condizione siciliana. In occasione dell’ultima celebrazione del ventennale della strage di Capaci, abbiamo consegnato al Ministro della Giustizia la bozza di un testo normativo che riguardava proprio la modifica dell’art. 416 ter c.p., nel senso di estendere la punibilità anche alle ipotesi di “altre utilità” e non semplicemente alla dazione o promessa di denaro, posto che assai raramente la mafia mette a disposizione tutto il suo potenziale di intimidazione per assicurare appoggio elettorale in cambio di soldi, ma bensì per assicurarsi ben più cospicui vantaggi in tema di appalti e finanziamenti per la realizzazione di opere pubbliche ed altro.
Da noi la corruzione sistemica del tessuto politico-amministrativo è indotta ed alimentata dalla presenza mafiosa e quindi è diventata “corruzione qualificata” e ciò ha determinato un gravissimo ritardo dello sviluppo economico-sociale dell’isola ed una sostanziale sospensione della democrazia. Vi prego, adesso che si è finalmente scoperto che tutto ciò sembra accadere anche da altre parti e non solo da noi (da noi intendo in tutte le regioni meridionali afflitte dalla presenza delle mafie) continuiamo a parlarne.
di Vittorio Teresi
Procuratore aggiunto di Palermo e segretario
dell'Associazione Nazionale Magistrati di Palermo
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