Antonio Bongiorno, iconografo e autore del libro “La bellezza della fede. Meditare il credo con le icone”, intervistato da LPL, afferma che la nostra è una civiltà visiva, fatta di numerose immagini (spesso purtroppo di morte) che passano davanti ai nostri occhi: oggi più che mai è necessario trasmettere il messaggio cristiano attraverso l'arte sacra
di Angelica Lo Duca
D - Partiamo innanzitutto dalle sue doti come iconografo. Dal suo curriculum emerge che ha studiato prima presso la scuola di iconografia di Seriate e poi presso quella di Rublëv di San Pietroburgo: cosa lo ha spinto ad intraprendere questo affascinante percorso nel mondo dell'iconografia?
R - Io ho sempre dipinto e, prima di scrivere icone, facevo arte contemporanea: interazioni di forme geometriche esatte in rappresentazioni plastico-spaziali. Poi mi sono convertito e la conversione a Cristo Gesù ha inciso anche nel mio modo di esprimermi attraverso la pittura. Sono passato così dall'arte profana all'iconografia bizantina. Questo è successo circa trent'anni fa e da allora dipingo solo icone.
D - Qualche curiosità sulle “sue” icone: come sceglie i soggetti e quanto tempo impiega in media per scriverne una?
R - I soggetti li scelgo in relazione alle ordinazioni che mi vengono fatte, oppure in base al desiderio che ho di rappresentare una determinata scena biblica. Non è possibile dire quanto tempo impiego a dipingere una icona; esso dipende dal numero dei personaggi da rappresentare, dalla grandezza dell'icona, dal numero dei particolari da realizzare, se l'aureola è punzonata e decorata oppure no, ecc.
D - Dalla sua biografia emerge che è anche diacono permanente presso la diocesi di Lecce: esiste un legame tra il suo servizio di diaconato e la sua esperienza di iconografo?
R - L'icona è arte a servizio della Chiesa. E' arte liturgica. Esiste cioè una diaconia artistica ed io ringrazio il Signore che mi ha fatto questo dono di annunciare il Vangelo anche attraverso immagini di arte sacra.
D - Nel suo ultimo libro "La bellezza della fede. Meditare il credo con le icone” il lettore, invece che una semplice descrizione delle icone, si trova a fare tutto un percorso biblico, teologico ed esperienziale: ci spiega perché non si è fermato alla descrizione delle icone ed è andato oltre?
R - Sono molto contento che lei mi stia facendo questa domanda perché il fine per cui io scrivo libri (e questo è il quinto con Edizioni Paoline) non è solo quello di mostrare e spiegare le icone che dipingo ma, eminentemente, quello di annunciare la Parola di Dio. C'è infatti uno stretto legame tra Sacra Scrittura e rappresentazione iconografica: ciò che la Sacra Scrittura annuncia con la parola, l'icona lo annuncia con i colori. Infatti l'icona è teologia simbolica e teologia visuale. Ne consegue che l'icona non si ferma sulla superficie dove è rappresentata, ma entra nella vita di chi la contempla per portare un messaggio di pace e di eternità.
D - All'interno del libro citato lei afferma che “il discorso su Dio non può assolutamente prescindere dalla Sacra Scrittura, la quale non contiene un trattato su Dio ma ci dice come egli si è rivelato nella creazione e in modo tutto speciale, nella redenzione attraverso l'incarnazione in Gesù Cristo”. Crede che oggi sia necessario utilizzare delle immagini per rappresentare la Parola di Dio o sia sufficiente leggere direttamente il Testo Sacro?
R - Viviamo oggi in una "civiltà visiva", fatta cioè di numerose immagini che passano davanti ai nostri occhi, spesso immagini di morte. Ritengo che oggi il Vangelo non debba essere annunciato solo con la parola e con la testimonianza, ma che l'uomo moderno ha bisogno anche di "vedere" il messaggio che gli viene annunciato. La catechesi, quindi, ha bisogno di un supporto iconografico per essere meglio recepita.
D - Un'ultima domanda: rispetto all'arte contemporanea, fatta di luci, colori, emozioni, secondo lei cosa ha da dire ancora oggi l'iconografia?
R - Nel tempo in cui viviamo l'icona può dare molto di più di un quadro di arte contemporanea perché quest'ultima è "arte per l'arte" e nulla più. E, anche se l'arte moderna può parlare di spiritualità, non è quella spiritualità che deriva dallo Spirito di Cristo Risorto dai morti per la nostra salvezza. L'icona, con i suoi splendidi colori (lapislazzuli, azzurrite, malachite, cinabro, ecc.) e con le sue armoniose forme, provoca emozioni che ci collegano con la vita eterna e dà senso alla vita di ogni giorno.
di Angelica Lo Duca
D - Partiamo innanzitutto dalle sue doti come iconografo. Dal suo curriculum emerge che ha studiato prima presso la scuola di iconografia di Seriate e poi presso quella di Rublëv di San Pietroburgo: cosa lo ha spinto ad intraprendere questo affascinante percorso nel mondo dell'iconografia?
R - Io ho sempre dipinto e, prima di scrivere icone, facevo arte contemporanea: interazioni di forme geometriche esatte in rappresentazioni plastico-spaziali. Poi mi sono convertito e la conversione a Cristo Gesù ha inciso anche nel mio modo di esprimermi attraverso la pittura. Sono passato così dall'arte profana all'iconografia bizantina. Questo è successo circa trent'anni fa e da allora dipingo solo icone.
D - Qualche curiosità sulle “sue” icone: come sceglie i soggetti e quanto tempo impiega in media per scriverne una?
R - I soggetti li scelgo in relazione alle ordinazioni che mi vengono fatte, oppure in base al desiderio che ho di rappresentare una determinata scena biblica. Non è possibile dire quanto tempo impiego a dipingere una icona; esso dipende dal numero dei personaggi da rappresentare, dalla grandezza dell'icona, dal numero dei particolari da realizzare, se l'aureola è punzonata e decorata oppure no, ecc.
D - Dalla sua biografia emerge che è anche diacono permanente presso la diocesi di Lecce: esiste un legame tra il suo servizio di diaconato e la sua esperienza di iconografo?
R - L'icona è arte a servizio della Chiesa. E' arte liturgica. Esiste cioè una diaconia artistica ed io ringrazio il Signore che mi ha fatto questo dono di annunciare il Vangelo anche attraverso immagini di arte sacra.
D - Nel suo ultimo libro "La bellezza della fede. Meditare il credo con le icone” il lettore, invece che una semplice descrizione delle icone, si trova a fare tutto un percorso biblico, teologico ed esperienziale: ci spiega perché non si è fermato alla descrizione delle icone ed è andato oltre?
R - Sono molto contento che lei mi stia facendo questa domanda perché il fine per cui io scrivo libri (e questo è il quinto con Edizioni Paoline) non è solo quello di mostrare e spiegare le icone che dipingo ma, eminentemente, quello di annunciare la Parola di Dio. C'è infatti uno stretto legame tra Sacra Scrittura e rappresentazione iconografica: ciò che la Sacra Scrittura annuncia con la parola, l'icona lo annuncia con i colori. Infatti l'icona è teologia simbolica e teologia visuale. Ne consegue che l'icona non si ferma sulla superficie dove è rappresentata, ma entra nella vita di chi la contempla per portare un messaggio di pace e di eternità.
D - All'interno del libro citato lei afferma che “il discorso su Dio non può assolutamente prescindere dalla Sacra Scrittura, la quale non contiene un trattato su Dio ma ci dice come egli si è rivelato nella creazione e in modo tutto speciale, nella redenzione attraverso l'incarnazione in Gesù Cristo”. Crede che oggi sia necessario utilizzare delle immagini per rappresentare la Parola di Dio o sia sufficiente leggere direttamente il Testo Sacro?
R - Viviamo oggi in una "civiltà visiva", fatta cioè di numerose immagini che passano davanti ai nostri occhi, spesso immagini di morte. Ritengo che oggi il Vangelo non debba essere annunciato solo con la parola e con la testimonianza, ma che l'uomo moderno ha bisogno anche di "vedere" il messaggio che gli viene annunciato. La catechesi, quindi, ha bisogno di un supporto iconografico per essere meglio recepita.
D - Un'ultima domanda: rispetto all'arte contemporanea, fatta di luci, colori, emozioni, secondo lei cosa ha da dire ancora oggi l'iconografia?
R - Nel tempo in cui viviamo l'icona può dare molto di più di un quadro di arte contemporanea perché quest'ultima è "arte per l'arte" e nulla più. E, anche se l'arte moderna può parlare di spiritualità, non è quella spiritualità che deriva dallo Spirito di Cristo Risorto dai morti per la nostra salvezza. L'icona, con i suoi splendidi colori (lapislazzuli, azzurrite, malachite, cinabro, ecc.) e con le sue armoniose forme, provoca emozioni che ci collegano con la vita eterna e dà senso alla vita di ogni giorno.
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