martedì, novembre 13, 2012
''In due anni abbiamo ottenuto risultati inizialmente previsti per il 2016''. 

Radio Vaticana - Lo ha detto il premier portoghese Padro Passos Coelho, a Lisbona, in conferenza stampa con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il premier ha sottolineato l'importanza delle misure di risparmio e delle riforme strutturali per una crescita sostenibile, mentre il numero uno di Berlino ha parlato di "un esempio da seguire". Ma cosa è stato fatto, concretamente in Portogallo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’economista della "Cattolica", Giovanni Marseguerra: ascolta

R. – Il Portogallo ha adottato una serie di misure molto dure che hanno, peraltro, scatenato un’ondata di proteste di piazza da parte delle diverse categorie colpite da misure che hanno variato dalle imposte sul reddito, ulteriori tasse, eliminazione di detrazioni fiscali … Quindi, una politica di austerità molto marcata.

D. – Quindi, avere il supporto della Germania in questo momento conta, e non poco: abbiamo sentito le parole della Merkel …

R. – Certamente! Però, qui si tratta di vedere che cosa vogliono gli stessi tedeschi, perché i recenti dati dicono come la stessa Germania stia cominciando a risentire fortemente – ma era evidente che sarebbe successo – della situazione di crisi degli altri Paesi dell’Eurozona; ciò spinge a ritenere che forse l’intero piano di austerità, pervicacemente supportato dalla cancelliera Merkel, forse non è il modo migliore per risolvere il problema. Certamente la situazione che c’è in Portogallo adesso è meno grave di quanto non fosse qualche anno fa, mentre la situazione in Grecia è ancora grave. Ma mi sembra che stia emergendo con chiarezza che la sola austerità non sia sufficiente per uscire dalla crisi.

D. – A proposito della Grecia, perché in Portogallo si è riusciti nel risanamento, e nel Paese ellenico no? Quali sono le differenze tra queste due realtà?

R. – I fondamentali dei due Paesi sono radicalmente diversi, nel senso che il rapporto deficit-Pil nel 2011 è stato quasi del 10 per cento in Grecia – del 9,1 per cento – mentre in Portogallo è stato solo del 4,4 per cento. In termini di debito, anche qui la situazione è molto peggiore per la Grecia che non per il Portogallo: Atene viaggia su un Pil quasi al 190 per cento, Lisbona l’anno scorso è arrivato al 109 per cento e le previsioni sono che dovrebbe riuscire a rimanere su quella cifra, per il 2012.

D. – Insomma, questo vuol dire che in Portogallo si è stati un po’ più facilitati dalla situazione generale?

R. – Sì. Anche se, ripeto, le proteste che ci sono state danno l’idea di un malcontento popolare che non è più soltanto in Grecia ma appunto in Portogallo; e anche in altri Paesi la crisi sta rivelando di essere veramente forte. Sotto questo profilo, se non si rilanciano gli investimenti, la situazione non può che andare a peggiorare, e chi ne risente di più sono le categorie più deboli: penso alle famiglie, alle famiglie con bambini, penso ai pensionati. Questo, da un punto di vista di giustizia sociale, lascia molto perplessi.


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