A Rimini, nell'ambito di Ecomondo-Key Energy, il 7 e 8 novembre prossimi sarà presentato il Programma per lo sviluppo di una green economy, realizzato dagli Stati Generali della Green Economy, composti dal Ministero dell'Ambiente e dalle 39 organizzazioni di imprese green italiane aderenti.
Greenreport - Il documento riassumerà le proposte e gli obiettivi selezionati dagli 8 gruppi di lavoro nati con questo scopo. Il ruolo della green economy come settore chiave della ripresa economica è ormai (quasi) universalmente riconosciuto, anche a fronte dell'elevato numero di occupati che ormai già lavorano nel comparto (secondo Marco Gisotti, co-autore della seconda edizione di Guida ai Green jobs, 150.000 nelle rinnovabili, 400.000 nella selvicoltura, più di 200.000 nell'agricoltura biologica, 103.000 nei rifiuti, 76.000nel riciclaggio, 80.000 nelle aree protette, 13.000 nella chimica verde, 27.000 nel settore delle bonifiche ambientali, 50.000 nell'ecoturismo, 105.000 nel trasporto pubblico locale e oltre 76.000 nelle ferrovie).
Ma per favorire a pieno lo sviluppo di una vera green economy capace di rivoluzionare gli stili di vita delle persone in un'ottica di sostenibilità ambientale, occorre che il sistema del credito e della finanza sappia supportare con certezza e continuità gli investimenti che vanno nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Di questo si è occupato l'8° Gruppo di lavoro degli Stati generali, quello dedicato, appunto allo Sviluppo di una finanza e di un credito sostenibili per una green economy. Fino ad oggi, nel nostro Paese, il mondo del credito non ha certo ignorato la green economy. Secondo l'Osservatorio Rinnovabili dell'Abi, infatti, nel periodo 2007‐2011 le banche italiane hanno finanziato interventi nel comparto delle energie rinnovabili per oltre 20 miliardi di euro, di cui mezzo miliardo per il settore dell'efficienza energetica. Ma è stato un interesse determinato soprattutto dagli incentivi statali, che rendevano particolarmente appetibili e sicuri gli investimenti nel settore della green energy, e che ha riguardato soprattutto interventi di dimensioni significative. In generale la finanza, complice una delicata situazione economica e una spiccata propensione a privilegiare investimenti sicuri e tradizionali, non ha infatti avuto un ruolo decisivo nelle sviluppo della green economy, che, in quanto settore fortemente improntato all'innovazione, presenta caratteristiche di aleatorietà tali da renderla meno appetibile rispetto ai settori tradizionali dell'economia.
Si prenda per esempio il settore dell'efficienza energetica in edilizia. Potenzialmente, i margini di abbattimento dei consumi in questo campo sono enormi, considerando che circa il 40% del fabbisogno energetico italiano afferisce al settore civile. Anche il recente documento di Strategia energetica nazionale riserva all'efficienza un ruolo chiave, sia in funzione dell'abbattimento dei consumi sia in funzione del rilancio dell'industria italiana. Purtroppo non tutte le Banche si sono dotate di strumenti finanziari per favorire questo tipo di interventi. Il problema principale è legato al fatto che il ritorno degli investimenti nell'efficientamento energetico non è caratterizzato da nuovi ricavi facilmente quantificabili, ma da minori costi legati all'abbattimento dei consumi e da benefici fiscali (si pensi alle detrazioni del 55%). In pratica le banche non hanno la certezza che i benefici economici legati all'abbattimento delle bollette e alle detrazioni di imposta siano destinati a ripagare il debito. Teoricamente le Esco avrebbero potuto ovviare a questa problematica, ma il loro ruolo non è stato particolarmente incisivo nel contesto italiano.
Secondo il documento stilato dal gruppo di lavoro, nel nostro paese, l'incrocio tra la domanda e l'offerta di credito e di capitali per le imprese portatrici di innovazioni environmental friendly rimane generalmente difficile. Le difficoltà sono legate, dal lato dei soggetti prenditori: a) alla difficoltà di rappresentare correttamente i vantaggi ambientali attesi e, soprattutto, di misurare gli effetti economici positivi ed essi legati; b) al basso livello di patrimonializzazione, soprattutto per le imprese giovani. Dal lato delle istituzioni finanziarie, invece, le barriere sono costituite da: a) dalla necessità di una maggiore conoscenza delle prospettive di mercato e della dimensione tecnologica delle innovazioni; b) l'assenza di riferimenti statistici che possano rafforzare una storia creditizia; c) difficoltà a inserire variabili "extrafinanziarie", anche a causa dell'incertezza normativa, nei processi codificati di valutazione del credito o di definizione delle polizze assicurative.
Il gruppo di lavoro ha poi elaborato 20 politiche e azioni che possono essere intraprese per generare un salto di qualità nel sostegno allo sviluppo della green economy. Alcune sono orientate ad aumentale la sensibilizzazione delle istituzioni finanziarie sulle tematiche dello sviluppo sostenibile (aggiornare e migliorare i parametri di valutazione finanziaria in funzione della sostenibilità ambientale, aumentare l'informazione in materia, prendere atto che le imprese green spesso sono le più efficienti), altre riguardano i decisori politici (rafforzare gli strumenti economici di incentivazione/disincentivazione in funzione ambientale, adottare sistemi di fiscalità ecologica, creare funding a basso costo, allentare i vincoli di stabilità per gli enti pubblici che fanno interventi di efficientamento energetico, ecc.). Tutto questo confluirà nel documento finale che sarà presentato, appunto, a Rimini, nel corso di Ecomondo-Key energy.
Gli stili di vita delle persone, complice anche l'attuale crisi, stanno mutando rapidamente verso comportamenti maggiormente sostenibili, da un punto di vista economico ed ecologico. Non solo fonti rinnovabili, ma anche mobilità sostenibile, risparmio idrico, edilizia efficiente, agricoltura di qualità, prodotti biologici, turismo sostenibile, ecc. Nell'immediato futuro sarà fondamentale il ruolo del sistema del credito: solamente se saprà cogliere i cambiamenti in atto, che sono radicali, e saprà favorire quelle scelte che vanno nella direzione di una maggiore sostenibilità, la green economy potrà ambire ad essere il vero motore della ripresa economica del nostro paese.
Greenreport - Il documento riassumerà le proposte e gli obiettivi selezionati dagli 8 gruppi di lavoro nati con questo scopo. Il ruolo della green economy come settore chiave della ripresa economica è ormai (quasi) universalmente riconosciuto, anche a fronte dell'elevato numero di occupati che ormai già lavorano nel comparto (secondo Marco Gisotti, co-autore della seconda edizione di Guida ai Green jobs, 150.000 nelle rinnovabili, 400.000 nella selvicoltura, più di 200.000 nell'agricoltura biologica, 103.000 nei rifiuti, 76.000nel riciclaggio, 80.000 nelle aree protette, 13.000 nella chimica verde, 27.000 nel settore delle bonifiche ambientali, 50.000 nell'ecoturismo, 105.000 nel trasporto pubblico locale e oltre 76.000 nelle ferrovie).
Ma per favorire a pieno lo sviluppo di una vera green economy capace di rivoluzionare gli stili di vita delle persone in un'ottica di sostenibilità ambientale, occorre che il sistema del credito e della finanza sappia supportare con certezza e continuità gli investimenti che vanno nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Di questo si è occupato l'8° Gruppo di lavoro degli Stati generali, quello dedicato, appunto allo Sviluppo di una finanza e di un credito sostenibili per una green economy. Fino ad oggi, nel nostro Paese, il mondo del credito non ha certo ignorato la green economy. Secondo l'Osservatorio Rinnovabili dell'Abi, infatti, nel periodo 2007‐2011 le banche italiane hanno finanziato interventi nel comparto delle energie rinnovabili per oltre 20 miliardi di euro, di cui mezzo miliardo per il settore dell'efficienza energetica. Ma è stato un interesse determinato soprattutto dagli incentivi statali, che rendevano particolarmente appetibili e sicuri gli investimenti nel settore della green energy, e che ha riguardato soprattutto interventi di dimensioni significative. In generale la finanza, complice una delicata situazione economica e una spiccata propensione a privilegiare investimenti sicuri e tradizionali, non ha infatti avuto un ruolo decisivo nelle sviluppo della green economy, che, in quanto settore fortemente improntato all'innovazione, presenta caratteristiche di aleatorietà tali da renderla meno appetibile rispetto ai settori tradizionali dell'economia.
Si prenda per esempio il settore dell'efficienza energetica in edilizia. Potenzialmente, i margini di abbattimento dei consumi in questo campo sono enormi, considerando che circa il 40% del fabbisogno energetico italiano afferisce al settore civile. Anche il recente documento di Strategia energetica nazionale riserva all'efficienza un ruolo chiave, sia in funzione dell'abbattimento dei consumi sia in funzione del rilancio dell'industria italiana. Purtroppo non tutte le Banche si sono dotate di strumenti finanziari per favorire questo tipo di interventi. Il problema principale è legato al fatto che il ritorno degli investimenti nell'efficientamento energetico non è caratterizzato da nuovi ricavi facilmente quantificabili, ma da minori costi legati all'abbattimento dei consumi e da benefici fiscali (si pensi alle detrazioni del 55%). In pratica le banche non hanno la certezza che i benefici economici legati all'abbattimento delle bollette e alle detrazioni di imposta siano destinati a ripagare il debito. Teoricamente le Esco avrebbero potuto ovviare a questa problematica, ma il loro ruolo non è stato particolarmente incisivo nel contesto italiano.
Secondo il documento stilato dal gruppo di lavoro, nel nostro paese, l'incrocio tra la domanda e l'offerta di credito e di capitali per le imprese portatrici di innovazioni environmental friendly rimane generalmente difficile. Le difficoltà sono legate, dal lato dei soggetti prenditori: a) alla difficoltà di rappresentare correttamente i vantaggi ambientali attesi e, soprattutto, di misurare gli effetti economici positivi ed essi legati; b) al basso livello di patrimonializzazione, soprattutto per le imprese giovani. Dal lato delle istituzioni finanziarie, invece, le barriere sono costituite da: a) dalla necessità di una maggiore conoscenza delle prospettive di mercato e della dimensione tecnologica delle innovazioni; b) l'assenza di riferimenti statistici che possano rafforzare una storia creditizia; c) difficoltà a inserire variabili "extrafinanziarie", anche a causa dell'incertezza normativa, nei processi codificati di valutazione del credito o di definizione delle polizze assicurative.
Il gruppo di lavoro ha poi elaborato 20 politiche e azioni che possono essere intraprese per generare un salto di qualità nel sostegno allo sviluppo della green economy. Alcune sono orientate ad aumentale la sensibilizzazione delle istituzioni finanziarie sulle tematiche dello sviluppo sostenibile (aggiornare e migliorare i parametri di valutazione finanziaria in funzione della sostenibilità ambientale, aumentare l'informazione in materia, prendere atto che le imprese green spesso sono le più efficienti), altre riguardano i decisori politici (rafforzare gli strumenti economici di incentivazione/disincentivazione in funzione ambientale, adottare sistemi di fiscalità ecologica, creare funding a basso costo, allentare i vincoli di stabilità per gli enti pubblici che fanno interventi di efficientamento energetico, ecc.). Tutto questo confluirà nel documento finale che sarà presentato, appunto, a Rimini, nel corso di Ecomondo-Key energy.
Gli stili di vita delle persone, complice anche l'attuale crisi, stanno mutando rapidamente verso comportamenti maggiormente sostenibili, da un punto di vista economico ed ecologico. Non solo fonti rinnovabili, ma anche mobilità sostenibile, risparmio idrico, edilizia efficiente, agricoltura di qualità, prodotti biologici, turismo sostenibile, ecc. Nell'immediato futuro sarà fondamentale il ruolo del sistema del credito: solamente se saprà cogliere i cambiamenti in atto, che sono radicali, e saprà favorire quelle scelte che vanno nella direzione di una maggiore sostenibilità, la green economy potrà ambire ad essere il vero motore della ripresa economica del nostro paese.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.