«Il forte legame con la Chiesa universale amplia i nostri orizzonti. Noi cattolici egiziani percepiamo la vicinanza del Santo Padre e dei fedeli di tutto il mondo. E in questi tempi d’incalzante islamismo, non ci sentiamo abbandonati».
Questa la testimonianza di padre Shenouda Andrawes, rettore del seminario copto-cattolico del Cairo. Incontrando una delegazione internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre, padre Andrawes fa notare come le poche risorse economiche e il continuo aumento dei prezzi pesino gravemente sulle attività della struttura sita nella periferia della capitale egiziana. «Dall’inizio della rivoluzione è aumentato il costo di ogni prodotto. Gas, elettricità, cibo: sono tutti schizzati alle stelle. E non abbiamo abbastanza fondi da dedicare alla formazione». Lo scorso anno, per la prima volta, nessuno degli studenti ha avuto l’opportunità di un’esperienza pastorale all’estero, generalmente in Kenya o in Sudan, come accaduto fino al 2010. I pochi mezzi a disposizione pregiudicano il proseguimento di numerose iniziative didattiche, tra cui i convegni per la formazione del clero, annullati per l’impossibilità di ospitare i relatori. «Ma le difficoltà – afferma il rettore - ci permettono di apprezzare pienamente quanto ricevuto finora. E per questo voglio ringraziare di cuore tutti i benefattori di ACS, perché senza il loro sostegno e la loro generosità non avremmo potuto fare così tanto in questi anni». Non sono soltanto i problemi economici ad impensierire padre Andrawes. «Molti tra i nuovi alunni – spiega – non sanno bene leggere e scrivere in arabo, e non conoscono affatto l’inglese». Per ovviare all’insufficiente preparazione degli studenti è previsto un biennio propedeutico in filosofia, cui seguono quattro anni di studi teologici. «Un passo indispensabile per motivi spirituali, ma anche per rimediare alla mediocrità del sistema scolastico egiziano». Attualmente, i seminaristi sono cinquanta. Un numero notevole, se si considera che i copto-cattolici egiziani sono circa 200mila e che i sacerdoti delle sette diocesi del Paese sono appena duecento. Samer Farag, 27 anni, frequenta il secondo anno della Facoltà di Teologia. E sebbene la Chiesa copto-cattolica permetta ai sacerdoti di sposarsi, preferisco mantenere il celibato. «Desidero donare il mio amore all’umanità intera – dice ad Aiuto alla Chiesa che Soffre - non ad un’unica persona». Samer è nato a Beni Suef - una cittadina lungo il Nilo nel Nord del Paese - e sognava il sacerdozio sin da quando, a soli otto anni, faceva il chierichetto. «Oggi, in Egitto, non è semplice scegliere di diventare prete. La comunità cristiana è vittima di attacchi da parte dei fondamentalisti e perfino delle istituzioni. Ma proprio per questo, non vi è momento migliore per seguire la propria vocazione». FONTE -
Questa la testimonianza di padre Shenouda Andrawes, rettore del seminario copto-cattolico del Cairo. Incontrando una delegazione internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre, padre Andrawes fa notare come le poche risorse economiche e il continuo aumento dei prezzi pesino gravemente sulle attività della struttura sita nella periferia della capitale egiziana. «Dall’inizio della rivoluzione è aumentato il costo di ogni prodotto. Gas, elettricità, cibo: sono tutti schizzati alle stelle. E non abbiamo abbastanza fondi da dedicare alla formazione». Lo scorso anno, per la prima volta, nessuno degli studenti ha avuto l’opportunità di un’esperienza pastorale all’estero, generalmente in Kenya o in Sudan, come accaduto fino al 2010. I pochi mezzi a disposizione pregiudicano il proseguimento di numerose iniziative didattiche, tra cui i convegni per la formazione del clero, annullati per l’impossibilità di ospitare i relatori. «Ma le difficoltà – afferma il rettore - ci permettono di apprezzare pienamente quanto ricevuto finora. E per questo voglio ringraziare di cuore tutti i benefattori di ACS, perché senza il loro sostegno e la loro generosità non avremmo potuto fare così tanto in questi anni». Non sono soltanto i problemi economici ad impensierire padre Andrawes. «Molti tra i nuovi alunni – spiega – non sanno bene leggere e scrivere in arabo, e non conoscono affatto l’inglese». Per ovviare all’insufficiente preparazione degli studenti è previsto un biennio propedeutico in filosofia, cui seguono quattro anni di studi teologici. «Un passo indispensabile per motivi spirituali, ma anche per rimediare alla mediocrità del sistema scolastico egiziano». Attualmente, i seminaristi sono cinquanta. Un numero notevole, se si considera che i copto-cattolici egiziani sono circa 200mila e che i sacerdoti delle sette diocesi del Paese sono appena duecento. Samer Farag, 27 anni, frequenta il secondo anno della Facoltà di Teologia. E sebbene la Chiesa copto-cattolica permetta ai sacerdoti di sposarsi, preferisco mantenere il celibato. «Desidero donare il mio amore all’umanità intera – dice ad Aiuto alla Chiesa che Soffre - non ad un’unica persona». Samer è nato a Beni Suef - una cittadina lungo il Nilo nel Nord del Paese - e sognava il sacerdozio sin da quando, a soli otto anni, faceva il chierichetto. «Oggi, in Egitto, non è semplice scegliere di diventare prete. La comunità cristiana è vittima di attacchi da parte dei fondamentalisti e perfino delle istituzioni. Ma proprio per questo, non vi è momento migliore per seguire la propria vocazione». FONTE -
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