sabato, novembre 24, 2012
In Egitto non si fermano proteste e sit-in dopo la decisione del capo dello Stato, Mohamed Morsi, di rafforzare i suoi poteri, indebolendo la magistratura e blindando l'Assemblea costituente. Forte la protesta del Consiglio dei giudici, che accusa: è un attacco contro l'indipendenza della magistratura.

Radio Vaticana - L’Egitto torna in piazza con manifestazioni e slogan contro il presidente in carica Mohamed Morsi. Il capo di Stato, due giorni fa, con un decreto ha aumentato i suoi poteri a scapito della magistratura e blindando l'Assemblea che sta riscrivendo la nuova Costituzione del Paese. In queste ore piazza Tahrir, al Cairo, luogo simbolo delle proteste che hanno portato alla fine del regime di Mubarak, è pressata dalle forze dell’ordine che hanno lanciato lacrimogeni contro i contestatori, i quali, a loro volta, hanno confermato l’occupazione che durerà almeno una settimana. "Lavoro per la stabilità economica e sociale, sono il presidente di tutti gli egiziani” ha detto ieri lo stesso Morsi, precisando che il decreto è necessario per la riapertura dei processi a carico dell’ex presidente Mubarak e quello nei confronti dei responsabili della dura repressione in piazza Tahrir, un anno fa. E proprio in questa sede, ieri, si sono registrati tafferugli tra oppositori e sostenitori del presidente in carica, oltre cinquanta i feriti. Incendiate le sedi degli uffici del partito dei Fratelli Musulmani - movimento di provenienza del capo dello Stato - ad Alessandria, Port Suez e Ismailyia, anche qui cinquanta feriti. In questo scenario si collocano le preoccupazioni dell’Onu per le “conseguenze sui diritti umani e la possibile instabilità che potrebbe innescarsi nella regione”.

Sulla situazione in Egitto abbiamo raccolto il commento di Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento:
R. - Indubbiamente Morsi sta forzando la mano alla situazione. Si sente legittimato dal voto popolare e soprattutto è sicuro che attraverso una concentrazione dei poteri nelle sue mani, potrà imprimere all’Egitto una svolta decisiva; perché sostiene che questa sua presa di potere, risulterà utile per realizzare gli obiettivi della rivoluzione del febbraio 2011.

D. - Quindi stiamo assistendo ad un processo democratico oppure ad un’islamizzazione?
R. - Penso che il processo in corso sia comunque un processo democratico, perché mette in circolazione molte forze di diversi orientamenti che potranno collaborare - seppure scontrandosi - al delinearsi del futuro del Paese. Secondo me, il problema dell’islamizzazione è un problema a lungo termine.

D. - La piazza che vediamo oggi che continuità ha con la piazza che un anno fa fece cadere il regime Mubarak?
R. - È completamente diversa quella di un anno fa, la quale esprimeva una sorta di democrazia dal basso. Qui c’è un’aggregazione di forze politiche che si oppongono a Morsi presentando potenzialmente un piano alternativo, però non vedo nelle forze laiche e di sinistra quel sostegno popolare che hanno invece i Fratelli Musulmani.

D. - C’è il rischio di una profonda spaccatura?
R. - Il rischio indubbiamente c’è. La società egiziana è molto composita, c’è una base comune di identità nazionale, di coscienza e auto percezione islamica, questo fornirà il background di riferimento per i prossimi movimenti istituzionali e costituzionali. Questa identità popolare è plasmata dalla religione e in qualche modo la religione stessa avrà la possibilità di giocare un ruolo sempre più importante nell’evoluzione del futuro dell’Egitto.

D. - Questo vuole dire anche che il futuro dei copti sarà messo a dura prova?
R. - Indubbiamente il problema delle tensioni religiose all’interno dell’Egitto è importante. Però, non bisogna dimenticare che alla base delle tensioni fra copti e musulmani ci sono anche ragioni di tipo politico ed economico. Inoltre non bisogna dimenticare nemmeno che alcune recenti aggressioni contro i copti, sembrano essere state fomentate da elementi incontrollati che volevano far fallire il processo rivoluzionario mettendo a rischio la pace interna del Paese.

D. - A livello internazionale, Egitto e Stati Uniti hanno avuto un ruolo centrale per ricomporre, almeno in questi giorni, la frattura fra Israeliani e palestinesi…
R. - Credo che l’Egitto stia recuperando il ruolo che gli spetta all’interno della politica internazionale. Questo è un merito di Morsi. L’attivismo diplomatico egiziano va visto come foriero di una ricostruzione dei rapporti di forza, degli equilibri dell’intero quadro mediorientale.

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