giovedì, novembre 22, 2012
“Chi ha vinto l’ultimo round a Gaza? Israele o Hamas?”. E’ questo l’interrogativo che si pone oggi il quotidiano israeliano Haaretz all’indomani del cessate-il-fuoco sottoscritto dalle due parti al Cairo, grazie alla mediazione dell’Egitto. 

Misna - Il giornale sottolinea come subito dopo la fine dell’Operazione “Colonna di Difesa”, generali e politici israeliani si siano affrettati a spiegare i motivi della tregua sostenendo allo stesso tempo i “grandi risultati ottenuti”. Ma la “vera fotografia” diventerà più chiara nei prossimi giorni, prosegue Haaretz, e “dipenderà molto dal periodo di quiete che seguirà nel sud di Israele”. Dietro i sorrisi dei leader di Hamas, aggiunge poi Haaretz, il movimento che governa Gaza dal 2007 dovrà curare le profonde ferite inferte dagli attacchi: la morte del suo comandante militare, Ahmed Jabari; la distruzione del suo arsenale di missili a lunga gittata e i danni causati alle infrastrutture. Ciononostante sarà soltanto il tempo, conclude il giornale, a stabilire se si sia trattata di una vittoria militare di chi ha attaccato, come sostengono i generali israeliani, o se invece Hamas ha avuto la possibilità di accumulare armi e mezzi a sufficienza per poter confermare la propria leadership nella Striscia.

Su quest’ultimo punto a non avere dubbi è il direttore del quotidiano Sharq al-Awsat (redazione a Londra e capitali sauditi alle spalle). Secondo Tariq Alhomayed, Israele non aveva alcuna intenzione di indebolire eccessivamente Hamas perché nella Striscia operano gruppi anche più radicali. Sia Hamas che Israele, secondo questa chiave di lettura, avrebbero raggiunto i rispettivi obiettivi e il cessate-il-fuoco è andato bene ad entrambe le parti. Israele avrebbe tra l’altro testato la reazione dei paesi arabi alla luce dei cambiamenti avvenuti nel corso della cosiddetta Primavera araba. Osservato speciale, aggiunge il direttore della testata araba, era dunque in questa prospettiva l’Egitto del presidente Mohamed Morsi “costretto ad intervenire per evitare ripercussioni interne”. Il fatto nuovo, conclude Alhomayed è però un altro: l’attacco e la successiva tregua, avrebbero riportato in auge Khaled Meshaal. Il leader di Hamas costretto all’esilio, proprio in questi giorni avrebbe potuto essere sostituito alla guida dell’Ufficio politico di Hamas dal primo ministro de facto di Gaza Ismail Haniye o da Mousa Abu Marzouk, vice di Meshaal. L’offensiva israeliana avrebbe dunque rimescolato le carte in seno alla leadership di Hamas stessa. Ma a pagarne le conseguenze, ancora una volta e qualunque saranno i risultati, sono stati i palestinesi con 165 vittime, molte delle quali donne e bambini.

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