venerdì, novembre 30, 2012
Nuova giornata di violenza in Siria e a farne le spese sono i bambini.

Radio Vaticana - Cinque piccoli sono stati uccisi in un bombardamento aereo su un quartiere di Aleppo. L'azione ha provocato la morte anche di altre 10 persone. A riferirlo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani con sede a Londra. Solo ieri erano state più di 50 le vittime di due autobombe esplose a Damasco. Ma del conflitto siriano si parla sempre di meno: è quanto afferma mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, al microfono di Benedetta Capelli: ascolta

R. – Ogni giorno le cronache parlano di circa 100 o più morti. Purtroppo ci si assuefa a vedere queste cifre e ci si accorge di questo conflitto quando, come è accaduto ieri, sono scoppiate due autobombe e hanno fatto strage. Non dobbiamo, però, dimenticare la situazione di più di un milione e mezzo di sfollati – un numero in aumento - che vivono lontani dalle proprie abitazioni, che hanno visto distrutte e hanno dovuto abbandonare e ora vivono in una situazione di estrema precarietà. Purtroppo, questo con il tempo rischia di non fare più notizia.

D. – Lei ha parlato delle tante difficoltà della popolazione siriana. La Chiesa, in questo momento, quale contributo sta dando?

R. – Il contributo è dato dalla nostra presenza. Tante persone si dedicano a questa gente in necessità e la loro presenza vuol dire moltissimo, alle volte più di quello che può offrire: più del cibo, più del vestito. Essere presenti è un aiuto straordinario. Stiamo avvicinandoci alla preparazione del Natale e qui, purtroppo, non abbiamo bisogno di preparare il presepio perché abbiamo sotto gli occhi un presepio vivente: bambini che nascono in situazioni di emergenza, fuori dalle proprie case, in luoghi di rifugio, bambini che nascono nelle tende, che nascono al freddo, senza case riscaldate, nella penuria di cibo, nella penuria di vestiti. Questo presepio, quest’anno più dell’anno scorso, è reale e scuote profondamente i sentimenti. Il Signore nasce ancora in queste condizioni, da queste parti, in questo clima freddo perché anche qui si sente molto il freddo.

D. – In molti si chiedono quanto durerà questa guerra...

R. – Purtroppo è una domanda che ci si pone e alla quale è difficile rispondere. Si sarebbe tentati di dire qualcosa di negativo perché i segni che stanno davanti agli occhi non fanno pensare ad una fine immediata, ad una fine di riconciliazione e di pace, come tutti desidereremmo e per la quale preghiamo. Purtroppo i segni sotto gli occhi sono abbastanza inquietanti. Dobbiamo, però, fare affidamento a questo messaggio che ci viene dal Natale e dalla presenza di Dio con noi.

D. – Al dolore per i bombardamenti, le vendette fra gruppi rivali, adesso si sta aggiungendo una nuova emergenza che è quella della criminalità locale...

R. – E’ una piaga che è cominciata da qualche tempo a questa parte e soprattutto con lo sfaldamento della pubblica sicurezza e con l’ingresso nel Paese di armi. C’è la piaga, ad esempio, dei sequestri a scopo politico in vista dello scambio di persone ma è più diffusa la piaga del sequestro a scopo di denaro. Alle volte le famiglie toccate da questo dramma del sequestro di persona, che sta toccando in vari villaggi diverse famiglie, si rivolgono ai propri pastori.


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