Il nuovo dottore della Chiesa con il dono della scienza infusa attraverso le visioni scopre e svela all’umanità la presenza di Lui nelle piante, nelle pietre, negli elementi e, naturalmente, nell'uomo
di Carlo Mafera
Scrivere una recensione su Ildegarda di Bingen equivale a farne una su un’enciclopedia. Il nuovo dottore della Chiesa, voluto intensamente dal Santo Padre, era infatti una monaca che conosceva tutto lo scibile fino a quel tempo conosciuto. Ildegarda spaziava dalla musica alla medicina e dalla teologia alla storia o alla filosofia come niente fosse. Infatti nei suoi libri, in particolare in quelli profetici e naturalistici, Ildegarda esponeva idee cosmologiche di grande rilievo e di notevole originalità ed elaborava una visione profetica della storia. Cristina Siccardi, laureata in lettere con indirizzo storico, è specializzata in biografie e ha curato con grande professionalità questa agiografia, grazie anche ad una notevole l’esperienza (ha scritto per La stampa, La gazzetta del Piemonte, Il nostro tempo, Avvenire, L’Osservatore romano e collaborato con diversi periodici culturali e religiosi, fra cui il Timone, Radici Cristiane, Nova Historica).
Ildegarda nasce in Germania nel 1098, ultima di dieci figli; entra a otto anni nel monastero di Disinbodenberg come scolara, ma vi rimane fino all’adolescenza avanzata pretendendo i voti e divenendo in seguito Badessa. La sua sete di conoscenza sembra non volersi mai arrestare: legge in continuazione, si informa, è aggiornata sulle questioni religiose del suo tempo, comincia ad attirare l’attenzione generale. Ma è pur sempre una donna, una religiosa, forse la sua curiosità si sta spingendo troppo oltre. Ma Ildegarda non si ferma: fonda il monastero di Rupertsberg nel 1147 che dirigerà fino alla morte e, come filiale, quello di Eibingen nel 1165. Comincia un’intensa attività in favore del clero e della chiesa nella Germania meridionale: la sua fama di dotta e di santa la rende la principale consigliera di principi e prelati. Ma molti vescovi tedeschi storcono il naso. Ildegarda è inoltre un’instancabile organizzatrice, ma buona parte delle sue giornate è caratterizzata da visioni mistiche dove però rimane sempre presente a se stessa.
Nel Liber Divinorum Operum Ildegarda mostra il mondo come opera d’arte di Dio: l’uomo rispecchia la regolarità del cosmo in tutte le sue condizioni. “Tutto si riferisce a tutto, tutto è collegato reciprocamente e unito indivisibilmente a Dio. Tutto, infatti, tutto ciò che esiste nell’ordine di Dio, risponde con tutto”. Prima Dio era distante, estraneo; ora invece Ildegarda scopre e svela all’umanità la presenza di Lui nelle piante, nelle pietre, negli elementi e, naturalmente, nell'uomo. La sua visione dell’universo parte, potremmo dire, dalle altezze siderali e si dirama fino a toccare ogni campo della umana esistenza. Ogni cosa per lei è unita da un unico filo, che ne tesse la trama straordinaria, mirabile; tutto è messo in moto da quella “energia suprema”, da quella “forza miracolosa”, che altro non è che la vita, che è una potenzialità travolgente, un turbine che investe anche la più piccola cosa del creato, il quale, proprio per questo, ha una funzione sempre determinante. Niente è lì per caso, ma l’interdipendenza caratterizza il cosmo in una totale unità e completezza.
Con questo stesso spirito Ildegarda si dedica alle ricerche in campo medico e terapeutico, convinta com’è che le malattie, fisiche o psichiche, da cui l’umanità spesso è afflitta non sono altro che la conseguenza visibile di una rottura di quel filo meraviglioso che lega ogni oggetto della creazione e ad ogni cosa trasmette la sua carica vitale. Il suo approccio alla conoscenza della realtà non segue la modalità scolastica di lettura e commento dei testi, ma si basa sull' esperienza intuitiva di cui essa riferisce il carattere visionario in più luoghi della sua opera. Le visioni sono considerate di origine divina e portatrici di conoscenza nell’ambito della natura, della storia e della vita spirituale umana: i diversi livelli di significato delle visioni (letterale, allegorico, tropologico) sono esposti da Ildegarda in ampie spiegazioni, da lei ricondotte ad una costante ispirazione divina che si serve come tramite del suo “fragile corpo di donna”. Significativo il suo pensiero proprio sull’elemento femminile, definito lo scrigno della vita e, per lei, la personificazione dell’Amore, la splendida figura femminile che, nell’opera della profetessa, si autodefinisce in questo modo: ”Sono l’energia suprema e fiammeggiante che trasmette fuoco a ogni vivente scintilla… sono la lucente vita dell’essenza divina; scorro splendente sui campi, brillo sulle acque, brucio nel sole, nella luna e nelle stelle… Insieme al vento ravvivo tutte le cose con energia invisibile e onnipresente… Forza che penetra fino alle più alte altezze e in tutte le profondità, che lega insieme e fa maturare tutte le cose… da lei le nubi ricevono il loro movimento, l’aria il suo volo, le pietre la loro consistenza, per lei l’acqua zampilla in ruscelli e per causa sua la terra fa nascere le piante…”.
La sua esperienza è dunque propriamente profetica, non una mistica unione dell' anima con Dio, ma l' assunzione di un ruolo di intermediaria fra Dio e l’umanità del suo tempo. Il fatto che essa non avesse avuto una formazione scolastica non significa che fosse incolta, ma che era stata educata secondo le linee della cultura monastica, fondata sulla lettura dei libri scritturali e patristici; questo fatto permette di comprendere perché Bernardo da Chiaravalle, venuto a conoscenza delle sue visioni, ne riconobbe subito l’importanza per la propria opera di riforma, in cui si opponeva frontalmente alla nuova cultura delle scuole. Tuttavia i contenuti della nuova filosofia non erano ignoti ad Ildegarda, che li elaborò in termini originali, sottolineando il carattere creaturale della natura: il valore del mondo e dell’esperienza umana in esso, asserito in termini analoghi a quelli dei filosofi naturalisti del tempo, non si accompagna all’idea dell’autonomia della natura e della ragione umana, ma si radica nella dipendenza del mondo e dell’uomo dal Dio creatore.
Le sue visioni sono sempre più frequenti e lei non le nasconde: i messaggi che sostiene di ricevere trovano posto nelle numerose lettere, scritte sia in tedesco che in latino, oltre che nelle poesie di argomento religioso. La sua opera mistica più importante è il “Liber sciovia” (“scivia lucis”, conosci le vie della luce), articolato in descrizioni di visioni, in colloqui con Cristo, in canti di lode a Dio e in annunci profetici. Anche questo contribuisce a non farla apprezzare da molti. L’unico a prendere una posizione diversa è Bernardo di Chiaravalle, grande predicatore e trascinatore di anime, che la esorta a continuare e a farsi coraggio, come il nome che le è stato imposto le ricorda costantemente.
di Carlo Mafera
Scrivere una recensione su Ildegarda di Bingen equivale a farne una su un’enciclopedia. Il nuovo dottore della Chiesa, voluto intensamente dal Santo Padre, era infatti una monaca che conosceva tutto lo scibile fino a quel tempo conosciuto. Ildegarda spaziava dalla musica alla medicina e dalla teologia alla storia o alla filosofia come niente fosse. Infatti nei suoi libri, in particolare in quelli profetici e naturalistici, Ildegarda esponeva idee cosmologiche di grande rilievo e di notevole originalità ed elaborava una visione profetica della storia. Cristina Siccardi, laureata in lettere con indirizzo storico, è specializzata in biografie e ha curato con grande professionalità questa agiografia, grazie anche ad una notevole l’esperienza (ha scritto per La stampa, La gazzetta del Piemonte, Il nostro tempo, Avvenire, L’Osservatore romano e collaborato con diversi periodici culturali e religiosi, fra cui il Timone, Radici Cristiane, Nova Historica).
Ildegarda nasce in Germania nel 1098, ultima di dieci figli; entra a otto anni nel monastero di Disinbodenberg come scolara, ma vi rimane fino all’adolescenza avanzata pretendendo i voti e divenendo in seguito Badessa. La sua sete di conoscenza sembra non volersi mai arrestare: legge in continuazione, si informa, è aggiornata sulle questioni religiose del suo tempo, comincia ad attirare l’attenzione generale. Ma è pur sempre una donna, una religiosa, forse la sua curiosità si sta spingendo troppo oltre. Ma Ildegarda non si ferma: fonda il monastero di Rupertsberg nel 1147 che dirigerà fino alla morte e, come filiale, quello di Eibingen nel 1165. Comincia un’intensa attività in favore del clero e della chiesa nella Germania meridionale: la sua fama di dotta e di santa la rende la principale consigliera di principi e prelati. Ma molti vescovi tedeschi storcono il naso. Ildegarda è inoltre un’instancabile organizzatrice, ma buona parte delle sue giornate è caratterizzata da visioni mistiche dove però rimane sempre presente a se stessa.
Nel Liber Divinorum Operum Ildegarda mostra il mondo come opera d’arte di Dio: l’uomo rispecchia la regolarità del cosmo in tutte le sue condizioni. “Tutto si riferisce a tutto, tutto è collegato reciprocamente e unito indivisibilmente a Dio. Tutto, infatti, tutto ciò che esiste nell’ordine di Dio, risponde con tutto”. Prima Dio era distante, estraneo; ora invece Ildegarda scopre e svela all’umanità la presenza di Lui nelle piante, nelle pietre, negli elementi e, naturalmente, nell'uomo. La sua visione dell’universo parte, potremmo dire, dalle altezze siderali e si dirama fino a toccare ogni campo della umana esistenza. Ogni cosa per lei è unita da un unico filo, che ne tesse la trama straordinaria, mirabile; tutto è messo in moto da quella “energia suprema”, da quella “forza miracolosa”, che altro non è che la vita, che è una potenzialità travolgente, un turbine che investe anche la più piccola cosa del creato, il quale, proprio per questo, ha una funzione sempre determinante. Niente è lì per caso, ma l’interdipendenza caratterizza il cosmo in una totale unità e completezza.
Con questo stesso spirito Ildegarda si dedica alle ricerche in campo medico e terapeutico, convinta com’è che le malattie, fisiche o psichiche, da cui l’umanità spesso è afflitta non sono altro che la conseguenza visibile di una rottura di quel filo meraviglioso che lega ogni oggetto della creazione e ad ogni cosa trasmette la sua carica vitale. Il suo approccio alla conoscenza della realtà non segue la modalità scolastica di lettura e commento dei testi, ma si basa sull' esperienza intuitiva di cui essa riferisce il carattere visionario in più luoghi della sua opera. Le visioni sono considerate di origine divina e portatrici di conoscenza nell’ambito della natura, della storia e della vita spirituale umana: i diversi livelli di significato delle visioni (letterale, allegorico, tropologico) sono esposti da Ildegarda in ampie spiegazioni, da lei ricondotte ad una costante ispirazione divina che si serve come tramite del suo “fragile corpo di donna”. Significativo il suo pensiero proprio sull’elemento femminile, definito lo scrigno della vita e, per lei, la personificazione dell’Amore, la splendida figura femminile che, nell’opera della profetessa, si autodefinisce in questo modo: ”Sono l’energia suprema e fiammeggiante che trasmette fuoco a ogni vivente scintilla… sono la lucente vita dell’essenza divina; scorro splendente sui campi, brillo sulle acque, brucio nel sole, nella luna e nelle stelle… Insieme al vento ravvivo tutte le cose con energia invisibile e onnipresente… Forza che penetra fino alle più alte altezze e in tutte le profondità, che lega insieme e fa maturare tutte le cose… da lei le nubi ricevono il loro movimento, l’aria il suo volo, le pietre la loro consistenza, per lei l’acqua zampilla in ruscelli e per causa sua la terra fa nascere le piante…”.
La sua esperienza è dunque propriamente profetica, non una mistica unione dell' anima con Dio, ma l' assunzione di un ruolo di intermediaria fra Dio e l’umanità del suo tempo. Il fatto che essa non avesse avuto una formazione scolastica non significa che fosse incolta, ma che era stata educata secondo le linee della cultura monastica, fondata sulla lettura dei libri scritturali e patristici; questo fatto permette di comprendere perché Bernardo da Chiaravalle, venuto a conoscenza delle sue visioni, ne riconobbe subito l’importanza per la propria opera di riforma, in cui si opponeva frontalmente alla nuova cultura delle scuole. Tuttavia i contenuti della nuova filosofia non erano ignoti ad Ildegarda, che li elaborò in termini originali, sottolineando il carattere creaturale della natura: il valore del mondo e dell’esperienza umana in esso, asserito in termini analoghi a quelli dei filosofi naturalisti del tempo, non si accompagna all’idea dell’autonomia della natura e della ragione umana, ma si radica nella dipendenza del mondo e dell’uomo dal Dio creatore.
Le sue visioni sono sempre più frequenti e lei non le nasconde: i messaggi che sostiene di ricevere trovano posto nelle numerose lettere, scritte sia in tedesco che in latino, oltre che nelle poesie di argomento religioso. La sua opera mistica più importante è il “Liber sciovia” (“scivia lucis”, conosci le vie della luce), articolato in descrizioni di visioni, in colloqui con Cristo, in canti di lode a Dio e in annunci profetici. Anche questo contribuisce a non farla apprezzare da molti. L’unico a prendere una posizione diversa è Bernardo di Chiaravalle, grande predicatore e trascinatore di anime, che la esorta a continuare e a farsi coraggio, come il nome che le è stato imposto le ricorda costantemente.
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