venerdì, novembre 30, 2012
Fanno riflettere i dati diffusi ieri dall’Istat sulla diminuzione dei matrimoni in Italia. Si tratta di una tendenza in atto da 20 anni, ma negli ultimi 4 la variazione media annua è stata di -4,5% a fronte del -1,2% precedente. 

Radio Vaticana - Aumentano invece le coppie di fatto che nel 2011 sono 972mila a fronte di circa mezzo milione nel 2007. Le nozze poi sono sempre più tardive: l’età media del matrimonio degli uomini è di 34 anni; delle donne di 31. Oltre ad una crisi di valori, a pesare è anche la crisi economica. Su questo aspetto, Debora Donnini ha sentito Giancarlo Blangiardo, professore di demografia all’Università di Milano Bicocca: ascolta

R. – La difficoltà da parte delle giovani coppie nel riuscire a realizzare ciò che serve per poter dar corso a una vita istituzionalizzata, in questi momenti, è certamente più forte. Mentre, tutto sommato, l’unione di fatto è più flessibile e quindi forse viene accettata come meno rischiosa viste le situazioni del sistema economico, occupazionale e quant’altro, che caratterizzano il nostro tempo. Credo che questa sia una delle grandi spiegazioni che fa capire come i 246mila matrimoni del 2008 sono diventati quasi 205mila nel 2011: il numero è calato quasi di un quinto nell’arco di tre, quattro anni. Questo andamento congiunturale si instaura su una tendenza di fondo che è quella di maggiori difficoltà nell’impegnarsi per tutta la vita in modo stabile e duraturo. Anche se io credo che alla fine prevalga il sistema dei valori tradizionali, che alla fine vincerà, però, certamente, questo lascia un attimo la scelta in sospeso e naturalmente ritarda l’ingresso nel matrimonio da parte dei giovani.

D. – Questo poi ritarda anche il fatto di aver figli?

R. – Assolutamente. E’ chiaro che più si sposta in avanti l’avvio del ciclo di vita familiare e meno è il tempo che poi si può dedicare, anche in termini biologici e fisiologici, alla riproduzione. Se una donna si sposa mediamente intorno ai 30 anni, ma spesso molto più tardi, e ha figli non più tardi all’incirca di una quarantina di anni, evidentemente, lo spazio riproduttivo è di 7, 8, 9 anni, massimo, entro il quale c’è il primo figlio, qualche volta il secondo, quasi mai il terzo.

D. - L’Italia è anche penalizzata dal fatto che non ha praticamente, o molto poco, politiche che sostengano la famiglia…

R. – Assolutamente sì, ma soprattutto non ha politiche che sostengano la formazione e lo sviluppo della famiglia, per cui, di fatto, le difficoltà sono che i giovani faticano a trovare la casa, il lavoro e quindi, a fare la scelta verso il matrimonio, verso la vita famigliare, la vita di coppia. Credo che questi giovani si potrebbero aiutare in vario modo. Un classico sono i discorsi abitativi ma non solo, perché se si aiuta l’avvio della famiglia si ha la possibilità di rispondere anche ad altri numerosi problemi. E’ uscito qualche giorno fa il discorso dell’invecchiamento e della sanità… Se vogliamo arginare l’invecchiamento della popolazione, è inutile illudersi, la soluzione inevitabile è agire sul fronte giovanile, sul fronte famigliare, e sulla nascita di nuovi individui che in qualche modo compensano l’invecchiamento progressivo.


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