martedì, novembre 06, 2012
Il prof. Gianni Barbiero, professore di esegesi dell’Antico Testamento al Pontificio Istituto Biblico, intervistato da La Perfetta Letizia commenta l'ultimo suo libro, “Le confessioni di Geremia, storia di una vocazione profetica”

D - Prof. Barbiero, dal suo curriculum studiorum emerge che lei è un profondo conoscitore dell'Antico Testamento: perché ha scelto proprio questo ramo di specializzazione e cosa si sentirebbe di suggerire ai giovani che si accostano agli studi biblici?
R Mah, non so se sia stata proprio una scelta mia. Dopo un periodo di attività missionaria in Brasile sentivo il bisogno di ricaricarmi. E sono venuto all’Istituto Biblico. La mia vocazione di biblista è nata un po’ alla volta. Forse più che scegliere sono stato scelto, come succede spesso. Scelto da Dio, io penso. Ai giovani che vogliono studiare la Bibbia posso solo dare la mia testimonianza: è un pozzo senza fondo che non smette mai di dissetare. Più uno la conosce più si accorge di non conoscerla, ed ha voglia di conoscerla meglio. La parola di Dio non delude.

D - Qual è secondo lei il libro dell'Antico Testamento che più si avvicina al messaggio del Nuovo Testamento?
R Una domanda difficile, perché tutti i libri dell’Antico Testamento annunciano il Nuovo. Senza il Primo, il Secondo Testamento non si capisce. Attualmente io mi dedico soprattutto allo studio dei Salmi e vorrei dire che se c’è un libro particolarmente in sintonia con il Nuovo Testamento è proprio questo libro, non per niente è il libro dell’Antico Testamento più citato nel Nuovo. Ma a loro volta i Salmi sono, si può dire, compendio di tutto l’Antico Testamento.

D - Nel suo nuovo libro “Le confessioni di Geremia, storia di una vocazione profetica”, lei presenta la figura del profeta Geremia come in conflitto tra la vocazione a cui YHWH lo ha chiamato e il suo desiderio in fondo di essere come gli altri. Si può dire che anche il cristiano contemporaneo viva questo dilemma, e, se sì, in che cosa è simile al profeta Geremia?
R – Ha ragione. Le Confessioni ci presentano questo dissidio nella persona di Geremia, il dissidio tra l’uomo e il profeta. Questo fatto mi ha colpito, anche perché l’ho sentito molto vicino alla mia vocazione di religioso sacerdote. Penso però che questo fatto sia proprio di ogni cristiano, perché ogni cristiano con il battesimo è chiamato ad essere profeta, ad annunciare cioè non la sua parola, ma la parola di Dio. Per fare questo è necessario essere diversi dagli altri, perché Dio è diverso dagli uomini.

D - Nel suo libro in alcuni punti fa riferimento alla situazione della società contemporanea, in particolare ad alcuni valori che il mondo contemporaneo sta perdendo. Tra questi, lei allude in primis al distacco da Dio. Si può dire che tale distacco sia dovuto al fatto che oggi l'uomo non legge più la Parola di Dio? In caso affermativo, cosa proporrebbe di fare per riscoprire la lettura del Libro Sacro?
R – Non so se in passato si leggeva di più la Parola di Dio. E’ vero però che oggi si avverte anche una nuova attenzione alla Bibbia. Mi pare che l’uomo si stia accorgendo della vuotezza delle parole umane. I mezzi umani per fare nascere la fame della Parola di Dio sono certo importanti, ma non si deve dimenticare che questo è soprattutto un dono del Signore. E il Signore lo dà anche oggi. Basta fare un po’ di silenzio.

D - Un'ultima domanda, immancabile: cosa può dire Geremia, vissuto 2500 anni fa, all'uomo di oggi? È in grado questa figura di portare ad un approfondimento della fede in Gesù Cristo?
R – Geremia è una figura straordinariamente attuale. Io l’ho sentito molto vicino alla mia esperienza. Provare per credere. Quanto alla vicinanza di Geremia alla figura di Cristo penso ci siano state poche figure dell’Antico Testamento così vicine a lui. Soprattutto perché il tragico destino di Cristo, la morte di croce, è stato anticipato da quello di Geremia, profeta non creduto e che muore in esilio. Il grido di Gesù morente: “Dio mio Dio mio, perché mi hai abbandonato?” è anticipato nell’ultima confessione di Geremia: “Maledetto il giorno in cui sono nato” (Ger 20,14). Geremia è una figura autentica, straordinariamente leale con il suo Dio e allo stesso tempo straordinariamente vicina agli uomini con cui è vissuto. Proprio questa duplice lealtà, che traspare dalle sue Confessioni, è alla radice delle sue sofferenze.

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