Rapporto World resources institute: 76% in Cina ed India. Italia 18esima
GreenReport - Le centrali elettriche a carbone sono una delle principali fonti di emissioni di gas serra ed il "Global Coal Risk Assessment" presentato oggi dal World resources institute (WrI) dice che a livello globale sembrano destinate ad avere un aumento significativo. I dati provengono da una varietà di fonti istituzionali, industriali ed enti di ricerca, confermati sui territori interessati da più di 40 ricercatori, Ong e giornalisti di tutto il mondo che lavorano sulle problematiche del carbone. L'inventario di proposte di centrali a carbone comprende tutti i progetti identificati dal Wri (fino al luglio 2012), esclusi quelli già avviati e in fase di approvazione, che abbiano reali possibilità di essere costruiti. Probabilmente lo studio presenta dati più bassi di quelli attuali, visto che la situazione delle centrali a carbone è in rapida evoluzione.
Il Wri stava lavorando da mesi all'analisi delle informazioni sulle proposte di nuove centrali a carbone, «Al fine di valutare i futuri potenziali rischi per il clima globale». La ricerca rivela che nel mondo sono state proposte 1.199 nuove centrali a carbone, con una capacità totale installata di 1.401.268 megawatt (MW) e che se tutti questi progetti venissero costruiti, si aggiungerebbe una nuova produzione di energia elettrica da carbone «Quasi quattro volte la capacità attuale di tutte le centrali a carbone negli Stati Uniti».
Nella classifica dei nuovi impianti stilata dal Wri l'Italia è 18esima, con nuovi impianti a carbone proposti per 4.170 Megawatt, ma il working paper rileva che «483 compagnie elettriche hanno proposto nuove centrali a carbone in 59 paesi. La maggior parte di questi impianti sono proposti in nazioni in via di sviluppo, soprattutto in Cina ed India». In testa c'è la cinese Huaneng con 66 progetti proposti, seguita da Guodian (cina) e Ntpc (india). I "Big Five" cinesi (Datang, Huaneng, Guodian, Huadian, e Power Investment Cina) sono i più grandi produttori del mondo di energia da carbone e sono tra le imprese che hanno presentato più progetti di nuove centrali. India e Cina insieme rappresentano il 76% dell'energia che dovrebbero produrre le nuove centrali a carbone.
Nuove centrali a carbone sono state proposte in 10 Paesi in via di sviluppo: Cambogia, Repubblica Dominicana, Guatemala, Laos, Marocco, Namibia, Oman, Senegal, Sri Lanka ed Uzbekistan. Tutti Paesi che hanno attualmente una limitata o nulla produzione di energia elettrica da carbone. Mentre gli Usa, che stanno chiudendo centrali obsolete a ripetizione, si piazzano comunque al settimo posto, con 36 nuovi impianti proposti per oltre 20.000 MW.
Il Wri avverte che «Non tutti questi progetti saranno necessariamente approvati e sviluppati, il rapporto esamina solo le proposte di nuovi impianti. Tuttavia, questa ricerca mostra un significativo e preoccupante interesse per lo sviluppo del carbone a livello mondiale».
Il tink tank statunitense sottolinea che «L'energia è un bisogno universale e lo sviluppo di nuova energia è un fattore essenziale nel mondo in via di sviluppo, per sollevare le persone dalla povertà e consentire loro di godere di una migliore qualità della vita. Tuttavia, la scelta delle fonti energetiche è difficile, i Paesi in via di sviluppo devono ricercare opzioni a basso costo. Le centrali a carbone sono spesso considerate una tale opzione, anche se la forte evidenza del pedaggio pagato al carbone dal clima, dall'ambiente e dalla salute umana suggerisce il contrario». Il Wri fa l'esempio per niente virtuoso della Cina: «Il Paese ha creato un miracolo economico basandosi sul carbone come fonte di energia primaria. Tuttavia, la Cina sta pagando un prezzo enorme per la sua dipendenza dal carbone sotto forma di crescenti preoccupazioni per la salute pubblica, deterioramento degli ecosistemi, cattiva qualità dell'aria, inquinamento da carbonio e tensioni sociali sempre più crescenti. Mentre il governo cinese ha annunciato un obiettivo massimo di consumo di carbone a 3.9 miliardi di tonnellate entro il 2015 ed ha introdotto l'efficienza energetica e ambiziose politiche energetiche rinnovabili, il Paese ha ancora molta strada da fare per liberarsi dal carbone».
Anche il Wri torna sul World Energy Outlook reso noto la settimana scorsa dall' International energy agency (Iea) e dal quale emerge che entro il 2035 la domanda mondiale di carbone potrebbe aumentare del 21%, ma che sottolinea anche che il futuro del carbone dipende in gran parte dalle decisioni della politica e dal prezzo di altre fonti energetiche, compreso il gas naturale. Secondo le stime dell'Iea, il consumo mondiale di carbone nel 2010 ha raggiunto i 7.238 milioni di tonnellate. La Cina ha contribuito per il 46% per cento del consumo, seguita da Usa (13 %) ed India (9%).
Sono le imprese pubbliche a giocare un ruolo dominante nel proporre nuovi progetti di centrali a carbone progetti in Cina, Turchia, Indonesia, Vietnam, Sud Africa, Repubblica Ceca ed in molti altri Paesi.
Le compagnie elettriche cinesi, tedesche e indiane sono sempre più attive nello sviluppo di progetti transnazionali per lo sviluppo del carbone e secondo l'Iae il commercio mondiale di carbone nel 2010 è aumentato del 13,4%, raggiungendo il miliardo e 83 milioni di tonnellate. La domanda del commercio mondiale del carbone si è spostata dal mercato Atlantico (trainata da Germania, Gran Bretagna, Francia ed Usa), al mercato del Pacifico (guidato da Giappone, Cina, Corea del Sud, India e Taiwan). Questa tendenza ha provocato anche un aumento dei progetti infrastrutturali legati al carbone nell'Asia-Pacifico. Proprio il boom del mercato del carbone nel Pacifico ha portato l'Australia a proporre di realizzare nuove miniere e di portare la produzione d carbone a 900 milioni di tonnellate all'anno, tre volte la sua attuale capacità di esportazione di carbone.
Anche per questo il "Global Coal Risk Assessment" evidenzia: «Fortunatamente, tecnologie energetiche più pulite stanno diventando sempre più competitive e facilmente accessibili. Molti Paesi in via di sviluppo sono arrivati a capire l'importanza delle fonti di energia più pulite per la sostenibilità a lungo termine del loro sviluppo ed hanno messo in atto politiche per favorire l'efficienza energetica e le energie rinnovabili. Ad esempio, una parte significativa della produzione della nuova potenza installata dell'India proverrà da fonti di energia rinnovabili, al fine di raggiungere l' obiettivo nazionale del 15% di energia rinnovabile entro il 2020. Il prossimo decennio sarà cruciale per i Paesi in via di sviluppo, soprattutto, per fare le scelte energetiche corrette. Ci auguriamo che questo working paper possa ispirare il dibattito su cosa si dovrebbe fare per evitare i rischi planetari, garantendo nel contempo la crescita economica».
Umberto Mazzantini
GreenReport - Le centrali elettriche a carbone sono una delle principali fonti di emissioni di gas serra ed il "Global Coal Risk Assessment" presentato oggi dal World resources institute (WrI) dice che a livello globale sembrano destinate ad avere un aumento significativo. I dati provengono da una varietà di fonti istituzionali, industriali ed enti di ricerca, confermati sui territori interessati da più di 40 ricercatori, Ong e giornalisti di tutto il mondo che lavorano sulle problematiche del carbone. L'inventario di proposte di centrali a carbone comprende tutti i progetti identificati dal Wri (fino al luglio 2012), esclusi quelli già avviati e in fase di approvazione, che abbiano reali possibilità di essere costruiti. Probabilmente lo studio presenta dati più bassi di quelli attuali, visto che la situazione delle centrali a carbone è in rapida evoluzione.
Il Wri stava lavorando da mesi all'analisi delle informazioni sulle proposte di nuove centrali a carbone, «Al fine di valutare i futuri potenziali rischi per il clima globale». La ricerca rivela che nel mondo sono state proposte 1.199 nuove centrali a carbone, con una capacità totale installata di 1.401.268 megawatt (MW) e che se tutti questi progetti venissero costruiti, si aggiungerebbe una nuova produzione di energia elettrica da carbone «Quasi quattro volte la capacità attuale di tutte le centrali a carbone negli Stati Uniti».
Nella classifica dei nuovi impianti stilata dal Wri l'Italia è 18esima, con nuovi impianti a carbone proposti per 4.170 Megawatt, ma il working paper rileva che «483 compagnie elettriche hanno proposto nuove centrali a carbone in 59 paesi. La maggior parte di questi impianti sono proposti in nazioni in via di sviluppo, soprattutto in Cina ed India». In testa c'è la cinese Huaneng con 66 progetti proposti, seguita da Guodian (cina) e Ntpc (india). I "Big Five" cinesi (Datang, Huaneng, Guodian, Huadian, e Power Investment Cina) sono i più grandi produttori del mondo di energia da carbone e sono tra le imprese che hanno presentato più progetti di nuove centrali. India e Cina insieme rappresentano il 76% dell'energia che dovrebbero produrre le nuove centrali a carbone.
Nuove centrali a carbone sono state proposte in 10 Paesi in via di sviluppo: Cambogia, Repubblica Dominicana, Guatemala, Laos, Marocco, Namibia, Oman, Senegal, Sri Lanka ed Uzbekistan. Tutti Paesi che hanno attualmente una limitata o nulla produzione di energia elettrica da carbone. Mentre gli Usa, che stanno chiudendo centrali obsolete a ripetizione, si piazzano comunque al settimo posto, con 36 nuovi impianti proposti per oltre 20.000 MW.
Il Wri avverte che «Non tutti questi progetti saranno necessariamente approvati e sviluppati, il rapporto esamina solo le proposte di nuovi impianti. Tuttavia, questa ricerca mostra un significativo e preoccupante interesse per lo sviluppo del carbone a livello mondiale».
Il tink tank statunitense sottolinea che «L'energia è un bisogno universale e lo sviluppo di nuova energia è un fattore essenziale nel mondo in via di sviluppo, per sollevare le persone dalla povertà e consentire loro di godere di una migliore qualità della vita. Tuttavia, la scelta delle fonti energetiche è difficile, i Paesi in via di sviluppo devono ricercare opzioni a basso costo. Le centrali a carbone sono spesso considerate una tale opzione, anche se la forte evidenza del pedaggio pagato al carbone dal clima, dall'ambiente e dalla salute umana suggerisce il contrario». Il Wri fa l'esempio per niente virtuoso della Cina: «Il Paese ha creato un miracolo economico basandosi sul carbone come fonte di energia primaria. Tuttavia, la Cina sta pagando un prezzo enorme per la sua dipendenza dal carbone sotto forma di crescenti preoccupazioni per la salute pubblica, deterioramento degli ecosistemi, cattiva qualità dell'aria, inquinamento da carbonio e tensioni sociali sempre più crescenti. Mentre il governo cinese ha annunciato un obiettivo massimo di consumo di carbone a 3.9 miliardi di tonnellate entro il 2015 ed ha introdotto l'efficienza energetica e ambiziose politiche energetiche rinnovabili, il Paese ha ancora molta strada da fare per liberarsi dal carbone».
Anche il Wri torna sul World Energy Outlook reso noto la settimana scorsa dall' International energy agency (Iea) e dal quale emerge che entro il 2035 la domanda mondiale di carbone potrebbe aumentare del 21%, ma che sottolinea anche che il futuro del carbone dipende in gran parte dalle decisioni della politica e dal prezzo di altre fonti energetiche, compreso il gas naturale. Secondo le stime dell'Iea, il consumo mondiale di carbone nel 2010 ha raggiunto i 7.238 milioni di tonnellate. La Cina ha contribuito per il 46% per cento del consumo, seguita da Usa (13 %) ed India (9%).
Sono le imprese pubbliche a giocare un ruolo dominante nel proporre nuovi progetti di centrali a carbone progetti in Cina, Turchia, Indonesia, Vietnam, Sud Africa, Repubblica Ceca ed in molti altri Paesi.
Le compagnie elettriche cinesi, tedesche e indiane sono sempre più attive nello sviluppo di progetti transnazionali per lo sviluppo del carbone e secondo l'Iae il commercio mondiale di carbone nel 2010 è aumentato del 13,4%, raggiungendo il miliardo e 83 milioni di tonnellate. La domanda del commercio mondiale del carbone si è spostata dal mercato Atlantico (trainata da Germania, Gran Bretagna, Francia ed Usa), al mercato del Pacifico (guidato da Giappone, Cina, Corea del Sud, India e Taiwan). Questa tendenza ha provocato anche un aumento dei progetti infrastrutturali legati al carbone nell'Asia-Pacifico. Proprio il boom del mercato del carbone nel Pacifico ha portato l'Australia a proporre di realizzare nuove miniere e di portare la produzione d carbone a 900 milioni di tonnellate all'anno, tre volte la sua attuale capacità di esportazione di carbone.
Anche per questo il "Global Coal Risk Assessment" evidenzia: «Fortunatamente, tecnologie energetiche più pulite stanno diventando sempre più competitive e facilmente accessibili. Molti Paesi in via di sviluppo sono arrivati a capire l'importanza delle fonti di energia più pulite per la sostenibilità a lungo termine del loro sviluppo ed hanno messo in atto politiche per favorire l'efficienza energetica e le energie rinnovabili. Ad esempio, una parte significativa della produzione della nuova potenza installata dell'India proverrà da fonti di energia rinnovabili, al fine di raggiungere l' obiettivo nazionale del 15% di energia rinnovabile entro il 2020. Il prossimo decennio sarà cruciale per i Paesi in via di sviluppo, soprattutto, per fare le scelte energetiche corrette. Ci auguriamo che questo working paper possa ispirare il dibattito su cosa si dovrebbe fare per evitare i rischi planetari, garantendo nel contempo la crescita economica».
Umberto Mazzantini
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È presente 1 commento
DEavvero interessante questa ricerca che dimostra come nel mondo ci si sta muovendo per assicurare la disponibilità di quel fondamentale vettore energetico che è l'elettricità, a sua volta fondamentale per il benessere e lo sviluppo, come dimostrato nell'ultimo secolo nei Paesi più ricchi e sviluppati del Pianeta.
Ma quando si esaminano questi studi, bisognerebbe farlo svincolati dai soliti banali pregiudizi ideologici, per far anche comprendere al lettore meno esperto che le tecnologie oggi disponibili consentono di utilizzare il Csrbone per la generazione elettrica in maniera opportuna e senza particolari problemi di natura ambientale.
Per fare questo bisognerebbe altresì approfondire il tema delle emissioni di CO2, così banalmente demonizzate, perchè l'anidride carbonica non è di fatto un inquinante, ne tantomeno ul elemento velenoso ne esplosivo, essendo peraltro alla base della vita sul pianeta.
I cambiamenti climatici ci sono sempre stati sul pianeta e continueranno ad esserci anche in futuro, perchè dipendono sostanzialmente da fatturi esterni al pianeta. D'altra parte, anche riflettere sul fatto che le emissioni antropiche (cioè prodotte dall'attività dell'uomo) rappresentano solo il 3% delle emissioni complessive sul pianeta.
Evidentemente le lobby che sostengono invece la demonizzazione di tale elemento sono fuorviate od ingolosite da altri fattori che non aiutano certo a garantire l'ampia disponibilità di questo importante vettore - l'elettricità - che ancora manca a ben 1.4 miliardi di nostri simili e che è indubitabilmente il fattore determinante per il benessere dei Paesi sviluppati nell'ultimo secolo.
Meditate, gente, meditate.
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