Chiara Bartoli intervista Paolo Martinelli, responsabile dell’associazione Ora Legale
D - Quando nasce Ora Legale e con quali scopi?
R - Ora legale nasce nel 2008. La prima attività svolta è stata la promozione della Bottega “Saperi e Sapori di Legalità”, una bottega che vende prodotti “frutto di riscatto sociale” di persone svantaggiate che rientrano nella legalità attraverso percorsi di reinserimento lavorativo nel nostro territorio e soprattutto prodotti di Libera (prodotti dalle terre riscosse ai mafiosi). L'idea di una bottega era più che un punto commerciale, si configurava come un punto di incontro e di relazione. Infatti si tratta di una bottega, prima che dei “sapori”, dei “saperi”, in modo tale che si possa fare cultura attraverso i prodotti, una cultura di attenzione alla cittadinanza attiva e al rispetto dei diritti in vista della costruzione di una società che si fondi sul concetto di giustizia sociale.
Ora Legale e la Bottega nascono da un lavoro di rete che Libera fa da tanti anni e che ha creato insieme alla Provincia di Pisa un coordinamento di enti locali per la legalità che mette insieme istituzioni e associazioni che si occupano di queste tematiche. Ogni anno sosteniamo una cooperativa nascente di Libera Terra che cerca di riutilizzare i beni confiscati e farli coltivare da cooperative di giovani (a volte svantaggiati). A dicembre attraverso la Carovana Antimafia Provinciale consegniamo alla cooperativa il ricavato delle iniziative annuali promosse dai comuni. Il ricavato varia a seconda delle esigenze della cooperativa stessa; molte hanno problemi iniziali enormi, si trovano a dover coltivare campi incolti da lungo tempo. Noi diamo un aiuto concreto, ma soprattutto creiamo un rapporto tra i territori di vicinanza e gemellaggio. Questo è importante perché è quello che ci chiedono di più: di non rimanere soli, perché se non avessero questa cassa di risonanza di fronte alle intimidazioni non avrebbero la possibilità di raccontare quello che sta succedendo e di denunciare. Sempre come coordinamento provinciale una delegazione va nel territorio confiscato nella cooperativa nascente a festeggiare la Festa della Repubblica come appuntamento istituzionale simbolico.
D - Vi sono infiltrazioni mafiose in Toscana e soprattutto nella provincia di Pisa?
R - Questa è una domanda a cui non è semplice rispondere. Secondo il Rapporto annuale sulle mafie in Toscana della “Fondazione Antonino Caponnetto” esistono numerosi beni confiscati alla mafia, beni immobili (attività commerciali, palazzine, ecc) più che terreni. Emerge la difficoltà a riutilizzarli secondo la legge per svariati motivi, spesso infatti la procedura è complicata e la burocrazia stringente. Nel Rapporto si legge che la Toscana non è definita terra mafiosa, bensì terra di colonizzazione. Le mafie sono presenti e tentano di entrare nel tessuto economico per riciclare il denaro che ottengono attraverso le attività illecite, quali controllo di traffici di prostituzione e stupefacenti.
A mio avviso il pericolo che in Toscana riscontriamo è quello degli appalti, in cui domina spesso la logica al ribasso e nella situazione attuale che stiamo vivendo, in cui le banche sono restie a dare finanziamenti, il rischio di infiltrazioni è ancora più alto; un problema enorme che si può ingigantire se si continua a guardare al costo dei lavori rispetto alla qualità e ai parametri di eticità degli stessi. Oltre agli appalti l'altro rischio è quello che nascano attività commerciali del tutto fittizie che servano appunto per riciclare denaro sporco. Ad esempio nel report si parla di attività di ristorazione in regola con il pagamento delle tasse e fatturati di buon livello a cui fanno riscontro ristoranti continuamente vuoti. Il sistema è quello delle piccole scatole cinesi: imprenditori, commercialisti, avvocati, tutto un humus di colletti bianchi che riescono ad essere controllati e diventano facilmente strumento nella mani di mafia. Dal report sono emerse situazioni, seppure rare, di imprenditori che di fronte alle difficoltà economiche del momento si indebitano nei confronti delle mafie.
R - Quali sono le iniziative che portate avanti con Ora Legale?
R - Ora Legale si è data una struttura organizzativa che si ripartisce in quattro gruppi di lavoro. Il primo è il gruppo della Bottega. Il secondo è riferito ad un progetto che precede la nascita di Orale Legale, “Libera scuola”, un progetto di promozione della cultura della legalità nelle scuole; fa capo ad alcune ex insegnanti che con i ragazzi più piccoli lavorano principalmente su regole, diritti, doveri, educazione civica e rispetto della collettività; con i ragazzi delle superiori sulla mafia e sull’antimafia sociale. Per questi ultimi organizziamo incontri con testimoni dell'antimafia, magistrati, persone del mondo dell'associazionismo, ragazzi delle cooperative, testimoni dei campi di lavoro, giornalisti.
Un altro gruppo è costituito dai ragazzi che partecipano ai campi di lavoro nei beni confiscati; ci siamo accorti che molti ragazzi, pur frequentando i campi, non conoscevano le attività che svolgiamo sul territorio. E così abbiamo costituito una rete di persone per attivare un percorso annuale di incontri e iniziative (ad esempio il prossimo 16 marzo saremo a Firenze per la Giornata della Memoria e dell'impegno). Lo scopo è stimolarli a lavorare nelle realtà in cui loro sono già impegnati, laddove noi non riusciamo ad arrivare. Il gruppo si è dato come obiettivo la raccolta di informazioni sui beni confiscati in Toscana per portare il messaggio ai più piccoli che la mafia non è un fenomeno legato solo al sud Italia. L'ultimo gruppo si occupa degli aspetti comunicativi.
D - Come vengono recepite tali iniziative dalla popolazione pisana, composta da tanti studenti universitari?
R - Nell'ambito del mondo universitario Libera ha istituito insieme alla facoltà di Scienze Politiche e ad Avviso Pubblico il master Analisi, Prevenzione e Contrasto della Criminalità Organizzata e della Corruzione, attraverso il quale si stanno sviluppando delle competenze importanti. Inoltre un ultimo nato è il Presidio Giovanile di Libera Pisa intitolato a Giancarlo Siano, il giornalista del Mattino di Napoli ucciso negli anni '80 a causa delle sue attività di giornalismo di inchiesta. Il presidio è nato dall'esigenza di una presenza costante nel mondo universitario. La loro idea che noi abbiamo aiutato a costruire è di riunire alcuni ragazzi che si dedichino alle attività di giornalismo di inchiesta e di cura dei valori dell’antimafia con un taglio che dia attenzione agli eventi lontani ma soprattutto ai rischi di infiltrazioni nella nostra città e provincia. Il percorso di formazione verrà coadiuvato da importanti giornalisti quali Riccardo Orioles (collega di Giuseppe Fava), Attilio Bolzoni, Carlo Lucarelli e Paolo Siano.
D - Come è scritto nell'introduzione nel vostro sito, "l’unico modo per ostacolare il diffondersi di comportamenti ‘foschi’ e clientelari è la promozione di una cultura della legalità e della non-violenza, oltre che un’attenta educazione delle nuove generazioni". Le nuove generazioni sono sensibili alle tematiche relative alla mafia o subiscono passivamente quello che è stato definito da Umberto Galimberti ‘l'ospite inquietante’, ovvero l'apatia e la mancanza di valori?
R - Io credo che i giovani siano molto interessati al problema delle mafie, sia perché è un problema che hanno sempre respirato, spesso anche attraverso la spettacolarizzazione che ne fanno i media, sia perché genera in loro stupore e spaesamento. La possibilità di un mondo associativo che si muova e coadiuvi il lavoro dei magistrati e della polizia e che aiuti a costruire un attività di sostegno alle cooperative li entusiasma. Molto spesso i giovani colgono maggiormente l'importanza dei simboli rispetto agli adulti, che spesso vivono in maniera disillusa i problemi che ritengono talmente grossi da essere irrisolvibili. I giovani vanno stimolati e spesso non si tirano indietro, come dimostrano le migliaia di ragazzi che ogni anno partecipano ai campi di lavoro che Libera e altre realtà organizzano. L'entusiasmo e la voglia con cui tornano sono molto preziosi e costituiscono l'auspicio che almeno sul piano culturale (che è un tassello fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata) qualcosa stia cambiando.
In riferimento alla citazione di Galimberti, non credo ci sia nei giovani una mancanza di valori, credo solo sia necessario trovare il modo migliore per toccare le corde giuste e fare capire loro che la strada da intraprendere è seguire il sogno di valori alti come giustizia sociale e solidarietà.
D - Quando nasce Ora Legale e con quali scopi?
R - Ora legale nasce nel 2008. La prima attività svolta è stata la promozione della Bottega “Saperi e Sapori di Legalità”, una bottega che vende prodotti “frutto di riscatto sociale” di persone svantaggiate che rientrano nella legalità attraverso percorsi di reinserimento lavorativo nel nostro territorio e soprattutto prodotti di Libera (prodotti dalle terre riscosse ai mafiosi). L'idea di una bottega era più che un punto commerciale, si configurava come un punto di incontro e di relazione. Infatti si tratta di una bottega, prima che dei “sapori”, dei “saperi”, in modo tale che si possa fare cultura attraverso i prodotti, una cultura di attenzione alla cittadinanza attiva e al rispetto dei diritti in vista della costruzione di una società che si fondi sul concetto di giustizia sociale.
Ora Legale e la Bottega nascono da un lavoro di rete che Libera fa da tanti anni e che ha creato insieme alla Provincia di Pisa un coordinamento di enti locali per la legalità che mette insieme istituzioni e associazioni che si occupano di queste tematiche. Ogni anno sosteniamo una cooperativa nascente di Libera Terra che cerca di riutilizzare i beni confiscati e farli coltivare da cooperative di giovani (a volte svantaggiati). A dicembre attraverso la Carovana Antimafia Provinciale consegniamo alla cooperativa il ricavato delle iniziative annuali promosse dai comuni. Il ricavato varia a seconda delle esigenze della cooperativa stessa; molte hanno problemi iniziali enormi, si trovano a dover coltivare campi incolti da lungo tempo. Noi diamo un aiuto concreto, ma soprattutto creiamo un rapporto tra i territori di vicinanza e gemellaggio. Questo è importante perché è quello che ci chiedono di più: di non rimanere soli, perché se non avessero questa cassa di risonanza di fronte alle intimidazioni non avrebbero la possibilità di raccontare quello che sta succedendo e di denunciare. Sempre come coordinamento provinciale una delegazione va nel territorio confiscato nella cooperativa nascente a festeggiare la Festa della Repubblica come appuntamento istituzionale simbolico.
D - Vi sono infiltrazioni mafiose in Toscana e soprattutto nella provincia di Pisa?
R - Questa è una domanda a cui non è semplice rispondere. Secondo il Rapporto annuale sulle mafie in Toscana della “Fondazione Antonino Caponnetto” esistono numerosi beni confiscati alla mafia, beni immobili (attività commerciali, palazzine, ecc) più che terreni. Emerge la difficoltà a riutilizzarli secondo la legge per svariati motivi, spesso infatti la procedura è complicata e la burocrazia stringente. Nel Rapporto si legge che la Toscana non è definita terra mafiosa, bensì terra di colonizzazione. Le mafie sono presenti e tentano di entrare nel tessuto economico per riciclare il denaro che ottengono attraverso le attività illecite, quali controllo di traffici di prostituzione e stupefacenti.
A mio avviso il pericolo che in Toscana riscontriamo è quello degli appalti, in cui domina spesso la logica al ribasso e nella situazione attuale che stiamo vivendo, in cui le banche sono restie a dare finanziamenti, il rischio di infiltrazioni è ancora più alto; un problema enorme che si può ingigantire se si continua a guardare al costo dei lavori rispetto alla qualità e ai parametri di eticità degli stessi. Oltre agli appalti l'altro rischio è quello che nascano attività commerciali del tutto fittizie che servano appunto per riciclare denaro sporco. Ad esempio nel report si parla di attività di ristorazione in regola con il pagamento delle tasse e fatturati di buon livello a cui fanno riscontro ristoranti continuamente vuoti. Il sistema è quello delle piccole scatole cinesi: imprenditori, commercialisti, avvocati, tutto un humus di colletti bianchi che riescono ad essere controllati e diventano facilmente strumento nella mani di mafia. Dal report sono emerse situazioni, seppure rare, di imprenditori che di fronte alle difficoltà economiche del momento si indebitano nei confronti delle mafie.
R - Quali sono le iniziative che portate avanti con Ora Legale?
R - Ora Legale si è data una struttura organizzativa che si ripartisce in quattro gruppi di lavoro. Il primo è il gruppo della Bottega. Il secondo è riferito ad un progetto che precede la nascita di Orale Legale, “Libera scuola”, un progetto di promozione della cultura della legalità nelle scuole; fa capo ad alcune ex insegnanti che con i ragazzi più piccoli lavorano principalmente su regole, diritti, doveri, educazione civica e rispetto della collettività; con i ragazzi delle superiori sulla mafia e sull’antimafia sociale. Per questi ultimi organizziamo incontri con testimoni dell'antimafia, magistrati, persone del mondo dell'associazionismo, ragazzi delle cooperative, testimoni dei campi di lavoro, giornalisti.
Un altro gruppo è costituito dai ragazzi che partecipano ai campi di lavoro nei beni confiscati; ci siamo accorti che molti ragazzi, pur frequentando i campi, non conoscevano le attività che svolgiamo sul territorio. E così abbiamo costituito una rete di persone per attivare un percorso annuale di incontri e iniziative (ad esempio il prossimo 16 marzo saremo a Firenze per la Giornata della Memoria e dell'impegno). Lo scopo è stimolarli a lavorare nelle realtà in cui loro sono già impegnati, laddove noi non riusciamo ad arrivare. Il gruppo si è dato come obiettivo la raccolta di informazioni sui beni confiscati in Toscana per portare il messaggio ai più piccoli che la mafia non è un fenomeno legato solo al sud Italia. L'ultimo gruppo si occupa degli aspetti comunicativi.
D - Come vengono recepite tali iniziative dalla popolazione pisana, composta da tanti studenti universitari?
R - Nell'ambito del mondo universitario Libera ha istituito insieme alla facoltà di Scienze Politiche e ad Avviso Pubblico il master Analisi, Prevenzione e Contrasto della Criminalità Organizzata e della Corruzione, attraverso il quale si stanno sviluppando delle competenze importanti. Inoltre un ultimo nato è il Presidio Giovanile di Libera Pisa intitolato a Giancarlo Siano, il giornalista del Mattino di Napoli ucciso negli anni '80 a causa delle sue attività di giornalismo di inchiesta. Il presidio è nato dall'esigenza di una presenza costante nel mondo universitario. La loro idea che noi abbiamo aiutato a costruire è di riunire alcuni ragazzi che si dedichino alle attività di giornalismo di inchiesta e di cura dei valori dell’antimafia con un taglio che dia attenzione agli eventi lontani ma soprattutto ai rischi di infiltrazioni nella nostra città e provincia. Il percorso di formazione verrà coadiuvato da importanti giornalisti quali Riccardo Orioles (collega di Giuseppe Fava), Attilio Bolzoni, Carlo Lucarelli e Paolo Siano.
D - Come è scritto nell'introduzione nel vostro sito, "l’unico modo per ostacolare il diffondersi di comportamenti ‘foschi’ e clientelari è la promozione di una cultura della legalità e della non-violenza, oltre che un’attenta educazione delle nuove generazioni". Le nuove generazioni sono sensibili alle tematiche relative alla mafia o subiscono passivamente quello che è stato definito da Umberto Galimberti ‘l'ospite inquietante’, ovvero l'apatia e la mancanza di valori?
R - Io credo che i giovani siano molto interessati al problema delle mafie, sia perché è un problema che hanno sempre respirato, spesso anche attraverso la spettacolarizzazione che ne fanno i media, sia perché genera in loro stupore e spaesamento. La possibilità di un mondo associativo che si muova e coadiuvi il lavoro dei magistrati e della polizia e che aiuti a costruire un attività di sostegno alle cooperative li entusiasma. Molto spesso i giovani colgono maggiormente l'importanza dei simboli rispetto agli adulti, che spesso vivono in maniera disillusa i problemi che ritengono talmente grossi da essere irrisolvibili. I giovani vanno stimolati e spesso non si tirano indietro, come dimostrano le migliaia di ragazzi che ogni anno partecipano ai campi di lavoro che Libera e altre realtà organizzano. L'entusiasmo e la voglia con cui tornano sono molto preziosi e costituiscono l'auspicio che almeno sul piano culturale (che è un tassello fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata) qualcosa stia cambiando.
In riferimento alla citazione di Galimberti, non credo ci sia nei giovani una mancanza di valori, credo solo sia necessario trovare il modo migliore per toccare le corde giuste e fare capire loro che la strada da intraprendere è seguire il sogno di valori alti come giustizia sociale e solidarietà.
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