lunedì, novembre 12, 2012
Acquasparta, assemblea di Articolo 21: il servizio pubblico torni a illuminare tutti i temi oscurati

Liberainformazione - «Si è dovuto attendere il monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per far tornare il tema della sicurezza sul lavoro nei Tg, ci sono voluti i morti della Eternit per parlare di salute. E l’associazionismo, i problemi delle persone, le battaglie portate avanti su tanti fronti, da quanto mancano nei sommari dei telegiornali?» Con questi interrogativi Santo Della Volpe, presidente di Libera Informazione, apre il dibattito conclusivo della tre giorni diAcquasparta, promossa da Articolo 21, cui sono intervenuti il presidente di Libera, Luigi Ciotti, il coordinatore della Tavola della Pace, Flavio Lotti, il procuratore di Terni, Fausto Cardella, il presidente della Federazione nazionale della stampa, Roberto Natale. Diritti negati e temi oscurati sono stati al centro di un confronto sul ruolo dell’informazione, del servizio pubblico e sul contributo che la società civile può dare per migliorare il rapporto fra le notizie, i fatti e chi li racconta. Con un obiettivo su tutti: far ripartire una grande campagna di comunicazione che chieda di tornare a illuminare i temi “oscurati”: dal lavoro, alla lotta alle mafie, all’attenzione ai più deboli, all’immigrazione, alle donne e ai giovani. «C’è una emergenza di civiltà– ha dichiarato don Luigi Ciotti – non è possibile che le notizie siano diventate merce da vendere, che siano scomparsi i fatti, i problemi delle persone, le loro storie. Bisogna tornare a raccontarle e farlo in profondità, con continuità».

Informazione: cancellati i temi, cancellate le persone. «Penso alla Rai come servizio pubblico – dichiara il coordinatore della Tavola della Pace, Flavio Lotti - come strumento che serve a conoscere e capire il nostro paese e il mondo, la vita delle persone. Ma la Rai che vedo racconta quel che accade dividendo in fazioni, in chi è a favore e chi contro, questo non aiuta a capire i problemi complessi che attraversano il mondo, l’economia, la cultura. La cancellazione dei temi cui abbiamo assistito in questi anni - inoltre - e' anche la cancellazione dei soggetti. Per cambiare questi ed altri aspetti del Servizio pubblico, abbiamo bisogno di dirigenti e di un consiglio di amministrazione Rai che collabori con la società civile e che abbia, rispetto ai temi fondamentali che sono stati “oscurati”, una attenzione diversa».

Notizie non sono merce. «Non è possibile solo rincorrere la cronaca, la spettacolarizzazione dei fatti, dei problemi delle persone – ribadisce nel suo intervento, Luigi Ciotti. Oggi all’informazione manca la ricerca, l’approfondimento, si raccontano i problemi delle persone per un periodo, poi le telecamere se ne vanno ma i problemi restano – ha aggiunto. L’informazione pubblica, non può abdicare a ruolo educativo, ha la responsabilità delle parole e delle immagini». Il presidente di Libera ha ricordato che una informazione libera ha alla base l’indipendenza e il pluralismo. Ma anche un sguardo complessivo sul mondo. Ci sono temi cancellati dall’agenda dei mezzi di comunicazione di massa, che tornano a prendere le prime pagine dei giornali in alcuni momenti, in relazione ad eventi precisi, per poi scomparire. Ma nel frattempo, in tutta Italia, in un silenzio assordante chiudono numerosi progetti che fornivano servizi alle persone e si occupavano di inclusione sociale, in un Paese in cui ci sono tre milioni di poveri e otto milioni di “nuove povertà”. «Siamo dentro un processo in atto di fragilizzazione del sistema dei servizi, ci sono numerosi operatori senza stipendi e progetti che stanno chiudendo – denuncia Ciotti. L’economia dovrebbe crescere al servizio dei bisogni delle persone, se non è così non serve. Certe grandi opere, cui non sono contrario per principio, mi chiedo se in questa situazione non possano aspettare, se quelle risorse non si possano destinare alle persone”. Il presidente di Libera e del Gruppo Abele, inoltre, riporta l’attenzione su problemi che non vengono raccontati, come l’Aids, o raccontati “per una stagione” e poi non c’è continuità. Vale per le tratte, quella degli esseri umani, quella per lo sfruttamento del lavoro, quella per l’accattonaggio. Vale per temi come i Cie che definisce “una vergogna, luoghi per identificare le persone, gabbie”, come per le dipendenze, vecchie e nuove, come quella del consumo di eroina, sino al rischio del gioco d’azzardo. Per tutti questi temi ci sono solo “stagioni” – denuncia Ciotti – mentre invece servirebbe recuperare capacità di spiegare, conoscere e indagare i fenomeni. Recuperando il ruolo di formazione e informazione del giornalismo.

Informazione “oscurata” è peggio di diffamazione. Un punto di vista su questi ed altri temi poco raccontati arriva anche dal procuratore di Terni, Fausto Cardella, a lungo si è occupato di criminalità organizzata, poi di vicende giudiziarie in Umbria, e fra poco ad attenderlo sarà l’impegnativa procura de L’Aquila. Cardella spiega che «i tempi delle notizie e del mondo dell’ informazione sono per loro natura differenti da quelli di un procedimento giudiziario» ma «la notizia non data o la notizia oscurata è quasi peggio della diffamazione». Il rapporto fra informazione e giustizia, dunque, deve avere al centro il diritto di conoscere da parte dei cittadini. «Si pensi, ad esempio, della sentenza Grandi rischi: i tempi della giustizia sono più lunghi di quelli dell’informazione; l’informazione ha bisogno di avere la notizia immediata anche in rapporto alle sentenze». C’è ancora tanto da fare, dunque, ma è il presidente della Federazione nazionale della stampa a chiarire: «Dobbiamo dire le cose come stanno – dichiara Roberto Natale – noi giornalisti non affrontiamo alcuni temi perché la logica della spettacolarizzazione ha permeato così tanto il nostro mestiere, da aver contagiato anche le migliori teste, le professionalità più alte». Natale ripercorre alcuni casi che sono stati esempio di questa crisi della missione del giornalismo. Fra tutti, ricorda a pochi giorni dal terzo anniversario dell’uccisione, il caso della collaboratrice di giustizia, Lea Garofalo, uccisa a Milano. «Il comportamento dell’informazione, soprattutto televisiva in merito a questo caso evidenzia la perdita del naturale metro di rilevanza sociale dei fatti/notizia». Una serata, quella di Acquasparta, in cui c’è stato tempo anche per parlare di lavoro, di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e dell’imminente manifestazione contro l’approvazione del ddl sulla diffamazione, che tiene ancora a “guinzaglio” i giornalisti che vogliono fare bene il proprio lavoro. «Che cessi il berlusconismo – dichiara Giuseppe Giulietti – in tutte le sue forme. Compresa la censura e il conformismo che in questi anni hanno cambiato il modo di fare informazione nel nostro Paese e nella Rai».

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