lunedì, novembre 19, 2012
Nel giorno della storica presenza a Yangon di Barack Obama, il primo presidente statunitense ad effettuare una visita ufficiale in Myanmar, decine di prigionieri politici sono stati liberati, tra cui quattro membri della Lega nazionale per la democrazia (Lnd), il partito del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.

Misna - La scorsa settimana altre decine di detenuti hanno usufruito di un’amnistia e lo stesso è accaduto a settembre in occasione della visita a Washington del presidente Thein Sein. Ieri, alla vigilia dell’arrivo di Obama, il governo civile si è impegnato ad attuare entro la fine del 2012 un apposito meccanismo di identificazione dei prigionieri e ad autorizzare al Comitato internazionale della Croce Rossa le visite nei carceri. L’inquilino della Casa Bianca è stato accolto da decine di migliaia di persone radunate lungo le strade che collegano l’aeroporto al centro dell’ex capitale. Il primo colloquio si è svolto presso la sede del parlamento regionale a Yangon dove Obama ha incontrato il suo omologo, l’ex generale Thein Sein. “Gli ho detto che si tratta del primo passo di un lungo viaggio. Un processo di riforme democratiche ed economiche come quello avviato dal presidente in Myanmar può portare a incredibili opportunità per lo sviluppo” ha dichiarato il capo di stato statunitense.

Parole caute sono state invece espresse dalla storica oppositrice, entrata in parlamento dopo le ultime legislative, che ha ricevuto Obama nella casa di famiglia, dove ha trascorso 15 anni agli arresti domiciliari. “Il momento più difficile di una transizione giunge quando il successo è all’orizzonte. Allora bisogna fare molta attenzione a non farci ingannare dal miraggio del successo” ha detto la Suu Kyi, ringraziando il presidente per il “sostegno devoto” degli Stati Uniti. I due premi Nobel si erano già incontrati a Washington due mesi fa.

Al termine di una visita lampo, durata sei ore, Obama ha sottolineato che “vuole tendere la mano a una nazione che sta cambiando dopo aver abbandonato un regime di persecuzioni a favore della pace” e applaudito i birmani “che hanno dato speranza al mondo, testimone del vostro coraggio”. Prima di partire alla volta della Cambogia, altra tappa del suo tour asiatico che lo ha già portato in Tailandia, il capo di stato statunitense ha tuttavia riconosciuto che rimane ancora molto da fare per “non far spegnere le fragili fiamme del progresso”. Al di là della sorte dei detenuti politici, preoccupano le violenze intercomunitarie in corso nello Stato di Rakhine (ovest) tra i buddisti di etnia Rakhine e i Rohingya, minoranza di religione musulmana del Myanmar, che dallo scorso giugno hanno già causato 180 vittime e più di 110.000 sfollati. “Non esistono scuse alla violenza contro degli innocenti (…) I Rohingya hanno stessa dignità mia e vostra” ha insistito Obama, aggiungendo che “per troppo tempo anche i membri dell’etnia Rakhine hanno dovuto far fronte a una povertà schiacciante e alla persecuzione”.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

L'estremismo islamico è ormai il biglietto da visita dell'occidente; in Birmania come in Libia, Siria, Kosovo, Bosnia, Cecenia; i primi effetti collaterali di questa scellerata strategia terrorista cominciano a vedersi a Tel Aviv e Gerusalemme, ma questa bomba coranica non tardera' a scoppiarci in faccia; i cattolici sembrano, come gli ebrei, non rendersene conto affatto...

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