Un viaggio nel sud del mondo per dare voce a chi si vede sottratta persino la possibilità di esistere
Il libro della scrittrice e giornalista Laura Badaracchi mette in luce il tema della violazione dei diritti delle donne e delle adolescenti nel sud del mondo, dove vengono scambiate per esempio con un animale domestico o date in sposa da bambine a degli sconosciuti. Se si parlasse solo di minori diritti, alla pari dell’Italia di inizio secolo scorso, quelle donne sarebbero ben contente: si tratterebbe solo di limiti culturali da superare, magari col tempo. Invece si tratta evidentemente di ben altro, di schiavitù e di ‘femminicidio’ (neologismo nato da alcuni anni): è lo sprezzo della donna in quanto tale. Basta guardare il titolo e la copertina del libro, un volto di bambina sfumato che ci guarda, per intuire subito che Laura Badaracchi racconta situazioni molto gravi: la privazione della persona stessa, della sua dignità, del diritto di esistere.
Di fronte a episodi sistematici d’inaudita gravità, le Nazioni Unite hanno predisposto il ‘Cedaw’, una Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women). E’ un accordo internazionale, onnicomprensivo e legalmente vincolante sui diritti delle donne prodotto nel 1979, ma il panorama mondiale è sconfortante, con abusi che violano da soli ben otto punti della carta dei diritti dell’uomo e ben 141 gli Stati che rifiutano di aderire alla convenzione.
Le donne nei paesi meno sviluppati sono considerate un peso dalle famiglie: spesso a loro sono negate istruzione e assistenza sanitaria adeguata; indesiderate in quanto minor fonte di reddito, sono spesso vendute come schiave e costrette a prostituirsi. In India e in Cina poi il “rifiuto” verso le donne è diventato quasi sistematico: di fronte all’obbligo dettato dalla politica del figlio unico, la popolazione protende spesso a evitare la nascita dei nascituri di sesso femminile. Si calcola che in queste due nazioni siano stati effettuati negli ultimi anni 200 milioni di aborti.
La sopraffazione sulla donna oltrepassa i confini geografici. Il continente africano per esempio, che ha il triste primato di avere il più alto numero di bambini utilizzati come soldati, usa le bambine come ‘corpi’ sempre a disposizione per lo sfogo sessuale dei guerriglieri. In questo contesto gioca a sfavore la mancanza di istruzione e la difficoltà di accesso ai beni primari ed all’assistenza sanitaria. L’impossibilità di avviare un lavoro proficuo è una delle cause che spingono molte giovani africane a prostituirsi. Per avere un’idea del problema, basta citare il Congo: nella capitale Kinshasa l’80% delle donne si prostituiscono. Non si può non ricordare poi la barbarie delle mutilazioni genitali, ipocritamente giustificate dalle pratiche tribali, né non riferire quanto l’emarginazione derivante dalla disabilità fisica equivalga spesso ad una condanna a morte.
Lo sfruttamento delle donne tocca anche il continente sudamericano. Ne è triste esempio il caso della città di Ciudad Juárez in Messico, una zona franca dove si sfrutta la flessibilità delle leggi sul lavoro delle donne messicane: quando si lavora 12 ore al giorno per 4 dollari, quando l’uomo non vale più niente, sono i più vulnerabili , donne e i bambini, a pagarne le conseguenze più estreme. Nella città avvengono annualmente centinaia di rapimenti di giovani donne, violentate sessualmente e poi uccise dagli uomini dei cartelli della droga o dalle bande che imperversano nella città.
Le vicende raccontate sono struggenti, tanto che, affondando in quei fatti e quei dati, viene da chiedersi se l’uomo sia solo una forma più scaltrita di animale. Tuttavia, la scrittrice vuole trasmetterci anche un messaggio di speranza: dalle parole delle protagoniste emerge un desiderio irriducibile che non smette mai di vivere. E’ stupefacente accorgersi come queste giovanissime che hanno subito le pene e le umiliazioni più atroci, quando incontrano persone dotate di vera umanità che tendono loro la mano tornano a vivere, tornano protagoniste desiderose di una vita normale, del bello e del vero, bisognose di tenerezza.
L’autrice si è avvalsa dell’aiuto di quelle ‘mani tese’ per avere riferimenti precisi: sono le Organizzazioni non governative che vivono quotidianamente a fianco delle donne del Sud del mondo e anche delle immigrate in Italia. Svolgono la loro missione tramite la presenza, instaurando un rapporto di amicizia, rendendo le giovani indipendenti con piccoli lavori, sostenendo la famiglia, puntando soprattutto sull’istruzione perché è ciò che rende consapevoli di se stessi, di non essere solo somma dei fattori biologici e sociali. E’ questa consapevolezza, più delle leggi e dei divieti, che può strappare le nuove generazioni da cattive culture e preconcetti.
Il libro, edito dalle edizioni Paoline, è a disposizione in tutte le migliori librerie.
di Patrizio Ricci
Il libro della scrittrice e giornalista Laura Badaracchi mette in luce il tema della violazione dei diritti delle donne e delle adolescenti nel sud del mondo, dove vengono scambiate per esempio con un animale domestico o date in sposa da bambine a degli sconosciuti. Se si parlasse solo di minori diritti, alla pari dell’Italia di inizio secolo scorso, quelle donne sarebbero ben contente: si tratterebbe solo di limiti culturali da superare, magari col tempo. Invece si tratta evidentemente di ben altro, di schiavitù e di ‘femminicidio’ (neologismo nato da alcuni anni): è lo sprezzo della donna in quanto tale. Basta guardare il titolo e la copertina del libro, un volto di bambina sfumato che ci guarda, per intuire subito che Laura Badaracchi racconta situazioni molto gravi: la privazione della persona stessa, della sua dignità, del diritto di esistere.
Di fronte a episodi sistematici d’inaudita gravità, le Nazioni Unite hanno predisposto il ‘Cedaw’, una Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women). E’ un accordo internazionale, onnicomprensivo e legalmente vincolante sui diritti delle donne prodotto nel 1979, ma il panorama mondiale è sconfortante, con abusi che violano da soli ben otto punti della carta dei diritti dell’uomo e ben 141 gli Stati che rifiutano di aderire alla convenzione.
Le donne nei paesi meno sviluppati sono considerate un peso dalle famiglie: spesso a loro sono negate istruzione e assistenza sanitaria adeguata; indesiderate in quanto minor fonte di reddito, sono spesso vendute come schiave e costrette a prostituirsi. In India e in Cina poi il “rifiuto” verso le donne è diventato quasi sistematico: di fronte all’obbligo dettato dalla politica del figlio unico, la popolazione protende spesso a evitare la nascita dei nascituri di sesso femminile. Si calcola che in queste due nazioni siano stati effettuati negli ultimi anni 200 milioni di aborti.
La sopraffazione sulla donna oltrepassa i confini geografici. Il continente africano per esempio, che ha il triste primato di avere il più alto numero di bambini utilizzati come soldati, usa le bambine come ‘corpi’ sempre a disposizione per lo sfogo sessuale dei guerriglieri. In questo contesto gioca a sfavore la mancanza di istruzione e la difficoltà di accesso ai beni primari ed all’assistenza sanitaria. L’impossibilità di avviare un lavoro proficuo è una delle cause che spingono molte giovani africane a prostituirsi. Per avere un’idea del problema, basta citare il Congo: nella capitale Kinshasa l’80% delle donne si prostituiscono. Non si può non ricordare poi la barbarie delle mutilazioni genitali, ipocritamente giustificate dalle pratiche tribali, né non riferire quanto l’emarginazione derivante dalla disabilità fisica equivalga spesso ad una condanna a morte.
Lo sfruttamento delle donne tocca anche il continente sudamericano. Ne è triste esempio il caso della città di Ciudad Juárez in Messico, una zona franca dove si sfrutta la flessibilità delle leggi sul lavoro delle donne messicane: quando si lavora 12 ore al giorno per 4 dollari, quando l’uomo non vale più niente, sono i più vulnerabili , donne e i bambini, a pagarne le conseguenze più estreme. Nella città avvengono annualmente centinaia di rapimenti di giovani donne, violentate sessualmente e poi uccise dagli uomini dei cartelli della droga o dalle bande che imperversano nella città.
Le vicende raccontate sono struggenti, tanto che, affondando in quei fatti e quei dati, viene da chiedersi se l’uomo sia solo una forma più scaltrita di animale. Tuttavia, la scrittrice vuole trasmetterci anche un messaggio di speranza: dalle parole delle protagoniste emerge un desiderio irriducibile che non smette mai di vivere. E’ stupefacente accorgersi come queste giovanissime che hanno subito le pene e le umiliazioni più atroci, quando incontrano persone dotate di vera umanità che tendono loro la mano tornano a vivere, tornano protagoniste desiderose di una vita normale, del bello e del vero, bisognose di tenerezza.
L’autrice si è avvalsa dell’aiuto di quelle ‘mani tese’ per avere riferimenti precisi: sono le Organizzazioni non governative che vivono quotidianamente a fianco delle donne del Sud del mondo e anche delle immigrate in Italia. Svolgono la loro missione tramite la presenza, instaurando un rapporto di amicizia, rendendo le giovani indipendenti con piccoli lavori, sostenendo la famiglia, puntando soprattutto sull’istruzione perché è ciò che rende consapevoli di se stessi, di non essere solo somma dei fattori biologici e sociali. E’ questa consapevolezza, più delle leggi e dei divieti, che può strappare le nuove generazioni da cattive culture e preconcetti.
Il libro, edito dalle edizioni Paoline, è a disposizione in tutte le migliori librerie.
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