«È l’ennesima tragedia, ma stavolta è stato colpito uno dei maggiori complessi militari del Paese. È un segnale preoccupante, perché significa che nessun luogo è più sicuro». Appena due giorni dopo l’elevazione alla porpora, il cardinale John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, commenta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre l’attentato avvenuto domenica scorsa nella Chiesa protestante di Sant’Andrea, interna al compound militare di Jaji, nello stato di Kaduna.
Acs - Quest’ultimo attacco solleva numerose questioni legate alla sicurezza, in primis quella dell’installazione che ospita il comando delle forze armate e l’accademia militare. I controlli all’ingresso sono stati effettuati con troppa leggerezza e il cardinale Onaiyekan non esclude che i due ordigni esplosi possano essere stati fabbricati all’interno del compound stesso. In ogni caso il porporato auspica che quanto accaduto possa «risvegliare» il governo, inducendo le autorità a difendere più strenuamente i cittadini. «Gli attentati anticristiani hanno cambiato il nostro modo di vivere, anche all’interno del seminario» racconta ad ACS-Italia il rettore del Seminario maggiore Good Shepherd di Kaduna, padre Joseph Salihu. Quello di domenica scorsa è solo l’ultimo di numerosi attacchi e violenze verificatisi nello stato della Nigeria centro-settentrionale, uno dei 12 stati della federazione ad aver introdotto nel 1999 la sharia anche come fonte di diritto penale. Nei fedeli cresce la paura: ogni domenica i banchi delle chiese sono sempre più spogli «e non è facile per i seminaristi e i sacerdoti portare una parola di conforto».
Lo stesso padre Salihu, lo scorso 28 ottobre, ha assistito all’esplosione di un’autobomba davanti ad una Chiesa. «Quanto sta accadendo ha effetti drammatici sulla comunità cristiana ed in modo particolare sulla comunità cattolica - racconta ad ACS - la situazione deve essere affrontata, perché sta diventando veramente grave».
Padre Salihu è preoccupato in particolare per i giovani, per i quali il fondamentalismo sembra avere una certa «attrattiva». Il basso livello di educazione e la totale mancanza di prospettive future, permette agli estremisti di reclutare nuove leve molto facilmente. Ed è indispensabile che i ragazzi ricevano un’istruzione adeguata e abbiano maggiori possibilità di trovare lavoro. «Il fondamentalismo influisce in modo determinante sulla nostra società e servono dei cambiamenti urgenti. Investire nel dialogo non basta. Lo Stato deve essere più responsabile ed intervenire in campo socio-economico. Perché sono queste difficoltà, la principale minaccia».
Non mancano però i giovani che, «dopo aver guardato in faccia la morte», scelgono la via del sacerdozio, determinati a portare la propria testimonianza di fede ai loro connazionali. «Il tragico momento vissuto dalla comunità cristiana ha influito sul numero delle vocazioni» spiega ad ACS-Italia padre Sylvester Dagin, rettore del Seminario maggiore di Saint Augustine di Jos, nello stato di Plateau. «La nostra provincia è una delle più duramente colpite dai fondamentalisti ma questo ha irrobustito la fede del nostro popolo, che mai è stata tanto forte».
In quest’area le relazioni tra cristiani e musulmani sono sempre state piuttosto cordiali, «anche grazie all’impegno e alla delicatezza dei missionari». Negli ultimi tempi, però, la situazione è degenerata e la «persecuzione cristiana è divenuta intensa». Tuttavia, fa notare padre Dagin, le violenze perpetrate dai Boko Haram non sono commesse unicamente in odio alla fede. «La crisi nigeriana sembra avere carattere puramente religioso. In realtà non mancano venature politiche».
Acs - Quest’ultimo attacco solleva numerose questioni legate alla sicurezza, in primis quella dell’installazione che ospita il comando delle forze armate e l’accademia militare. I controlli all’ingresso sono stati effettuati con troppa leggerezza e il cardinale Onaiyekan non esclude che i due ordigni esplosi possano essere stati fabbricati all’interno del compound stesso. In ogni caso il porporato auspica che quanto accaduto possa «risvegliare» il governo, inducendo le autorità a difendere più strenuamente i cittadini. «Gli attentati anticristiani hanno cambiato il nostro modo di vivere, anche all’interno del seminario» racconta ad ACS-Italia il rettore del Seminario maggiore Good Shepherd di Kaduna, padre Joseph Salihu. Quello di domenica scorsa è solo l’ultimo di numerosi attacchi e violenze verificatisi nello stato della Nigeria centro-settentrionale, uno dei 12 stati della federazione ad aver introdotto nel 1999 la sharia anche come fonte di diritto penale. Nei fedeli cresce la paura: ogni domenica i banchi delle chiese sono sempre più spogli «e non è facile per i seminaristi e i sacerdoti portare una parola di conforto».
Lo stesso padre Salihu, lo scorso 28 ottobre, ha assistito all’esplosione di un’autobomba davanti ad una Chiesa. «Quanto sta accadendo ha effetti drammatici sulla comunità cristiana ed in modo particolare sulla comunità cattolica - racconta ad ACS - la situazione deve essere affrontata, perché sta diventando veramente grave».
Padre Salihu è preoccupato in particolare per i giovani, per i quali il fondamentalismo sembra avere una certa «attrattiva». Il basso livello di educazione e la totale mancanza di prospettive future, permette agli estremisti di reclutare nuove leve molto facilmente. Ed è indispensabile che i ragazzi ricevano un’istruzione adeguata e abbiano maggiori possibilità di trovare lavoro. «Il fondamentalismo influisce in modo determinante sulla nostra società e servono dei cambiamenti urgenti. Investire nel dialogo non basta. Lo Stato deve essere più responsabile ed intervenire in campo socio-economico. Perché sono queste difficoltà, la principale minaccia».
Non mancano però i giovani che, «dopo aver guardato in faccia la morte», scelgono la via del sacerdozio, determinati a portare la propria testimonianza di fede ai loro connazionali. «Il tragico momento vissuto dalla comunità cristiana ha influito sul numero delle vocazioni» spiega ad ACS-Italia padre Sylvester Dagin, rettore del Seminario maggiore di Saint Augustine di Jos, nello stato di Plateau. «La nostra provincia è una delle più duramente colpite dai fondamentalisti ma questo ha irrobustito la fede del nostro popolo, che mai è stata tanto forte».
In quest’area le relazioni tra cristiani e musulmani sono sempre state piuttosto cordiali, «anche grazie all’impegno e alla delicatezza dei missionari». Negli ultimi tempi, però, la situazione è degenerata e la «persecuzione cristiana è divenuta intensa». Tuttavia, fa notare padre Dagin, le violenze perpetrate dai Boko Haram non sono commesse unicamente in odio alla fede. «La crisi nigeriana sembra avere carattere puramente religioso. In realtà non mancano venature politiche».
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