Il ristorante che offre lavoro ad un gruppo di ragazzi affetti dalla sindrome di Down è una felice realtà che consente la loro integrazione nel contesto sociale, ma rischia di chiudere a causa della crisi. Rispondiamo calorosi all’appello lanciato dai genitori di Valerio, Claudio, Emanuela e Viviana affinché non si fermi la sua attività
di Paola Bisconti
Può sembrare strano ma a volte per raccontare delle storie realmente accadute è indispensabile ricorrere alla mitologia. Si dice che un giorno in un grande giardino, ricco di numerose varietà di fiori, nacquero dei girasoli. La loro forma era molto differente dagli altri e per questo tutti li derisero. Per consolarsi i girasoli iniziarono a guardare la stella più luminosa del cielo tentando di avvicinarsi a quella luce splendida. Il Sole notò i fiori e decise di abbracciarli donando loro una luminosità tale che sembrava fossero d’oro. Questa leggenda invita gli uomini a non avere dei pregiudizi nei confronti dei diversi, che in realtà rappresentano la ricchezza della società. Non è un caso, quindi, che il ristorante gestito da Claudio, Valerio, Emanuela e Viviana, quattro ragazzi con la sindrome di Down, si chiami “La locanda dei girasoli”, così come non è una coincidenza che i muri interni dell’accogliente locale siano colorati di giallo e arancione.
Ogni minimo particolare del ristorante lascia presagire la cura dei dettagli, notevole entusiasmo ed ammirevole impegno. Tuttavia sembra che queste virtù non siano sufficienti a superare le grosse difficoltà finanziarie nelle quali verte il ristorante collocato a Roma, nel quartiere Quadraro detto “il nido di vespe”, in via dei Sulpici, poco distante dalla zona della Tuscolana. Un debito di oltre 100.000 euro grava sulle spalle della cooperativa “I Girasoli” composta dai genitori dei ragazzi, che nel 2000 decisero di offrire ai propri figli un lavoro, dato che i disabili una volta raggiunta la maggiore età diventano per lo Stato invisibili: non ci sono più tutte le assistenze che in qualche modo sono riservate ai minorenni e i ragazzi vengono lasciati soli con l’unica aspettativa di una triste quotidianità all’interno delle proprie mura domestiche oppure negli istituti.
Inizialmente fu il padre di Valerio ad avere la brillante idea di fondare “La locanda dei Girasoli”, un progetto accolto dagli altri genitori che vedevano nell’iniziativa un aiuto concreto da offrire ai propri figli per raggiungere l’indipendenza a livello economico e soprattutto per svolgere uno stile di vita dignitoso, perché colti dalla piacevole sensazione di sentirsi vivi. La partecipazione in modo attivo al mondo del lavoro, che molto spesso esclude i disabili, ha permesso ai quattro ragazzi di curare il loro ristorante rendendolo un luogo accogliente dove nulla è lasciato al caso: per condire i piatti usano esclusivamente olio extra vergine di oliva, prediligono i prodotti di stagione, tengono in considerazione le intolleranze alimentari che siano di natura alimentare o etica, la pizza è rigorosamente cotta al forno di pietra e c’è un variegato assortimento di piatti tipici laziali, toscani e siciliani.
I soci della cooperativa “I Girasoli”, che collaborano dal 2005 con l’associazione “Cecilia” e dal 2008 con “Al Parco”, hanno lanciato l’appello “Dobbiamo reagire, la locanda non deve chiudere”, al quale molti hanno risposto calorosamente. Non sono mancati inoltre il tam-tam dei social network e l’impegno di Antonello Dose e Marco Presta, conduttori del programma radiofonico “Il ruggito del coniglio”, che faranno un gemellaggio con il locale e hanno aperto una campagna di sottoscrizione sul loro profilo facebook.
Chiunque può sostenere “La locanda dei Girasoli” attraverso il codice Iban che compare sul sito del locale o partecipando numerosi alla cena di solidarietà di venerdì 7 dicembre alle ore 20: manteniamo in vita le speranze e le aspettative di Claudio, Valerio, Emanuela e Viviana.
di Paola Bisconti
Può sembrare strano ma a volte per raccontare delle storie realmente accadute è indispensabile ricorrere alla mitologia. Si dice che un giorno in un grande giardino, ricco di numerose varietà di fiori, nacquero dei girasoli. La loro forma era molto differente dagli altri e per questo tutti li derisero. Per consolarsi i girasoli iniziarono a guardare la stella più luminosa del cielo tentando di avvicinarsi a quella luce splendida. Il Sole notò i fiori e decise di abbracciarli donando loro una luminosità tale che sembrava fossero d’oro. Questa leggenda invita gli uomini a non avere dei pregiudizi nei confronti dei diversi, che in realtà rappresentano la ricchezza della società. Non è un caso, quindi, che il ristorante gestito da Claudio, Valerio, Emanuela e Viviana, quattro ragazzi con la sindrome di Down, si chiami “La locanda dei girasoli”, così come non è una coincidenza che i muri interni dell’accogliente locale siano colorati di giallo e arancione.
Ogni minimo particolare del ristorante lascia presagire la cura dei dettagli, notevole entusiasmo ed ammirevole impegno. Tuttavia sembra che queste virtù non siano sufficienti a superare le grosse difficoltà finanziarie nelle quali verte il ristorante collocato a Roma, nel quartiere Quadraro detto “il nido di vespe”, in via dei Sulpici, poco distante dalla zona della Tuscolana. Un debito di oltre 100.000 euro grava sulle spalle della cooperativa “I Girasoli” composta dai genitori dei ragazzi, che nel 2000 decisero di offrire ai propri figli un lavoro, dato che i disabili una volta raggiunta la maggiore età diventano per lo Stato invisibili: non ci sono più tutte le assistenze che in qualche modo sono riservate ai minorenni e i ragazzi vengono lasciati soli con l’unica aspettativa di una triste quotidianità all’interno delle proprie mura domestiche oppure negli istituti.
Inizialmente fu il padre di Valerio ad avere la brillante idea di fondare “La locanda dei Girasoli”, un progetto accolto dagli altri genitori che vedevano nell’iniziativa un aiuto concreto da offrire ai propri figli per raggiungere l’indipendenza a livello economico e soprattutto per svolgere uno stile di vita dignitoso, perché colti dalla piacevole sensazione di sentirsi vivi. La partecipazione in modo attivo al mondo del lavoro, che molto spesso esclude i disabili, ha permesso ai quattro ragazzi di curare il loro ristorante rendendolo un luogo accogliente dove nulla è lasciato al caso: per condire i piatti usano esclusivamente olio extra vergine di oliva, prediligono i prodotti di stagione, tengono in considerazione le intolleranze alimentari che siano di natura alimentare o etica, la pizza è rigorosamente cotta al forno di pietra e c’è un variegato assortimento di piatti tipici laziali, toscani e siciliani.
I soci della cooperativa “I Girasoli”, che collaborano dal 2005 con l’associazione “Cecilia” e dal 2008 con “Al Parco”, hanno lanciato l’appello “Dobbiamo reagire, la locanda non deve chiudere”, al quale molti hanno risposto calorosamente. Non sono mancati inoltre il tam-tam dei social network e l’impegno di Antonello Dose e Marco Presta, conduttori del programma radiofonico “Il ruggito del coniglio”, che faranno un gemellaggio con il locale e hanno aperto una campagna di sottoscrizione sul loro profilo facebook.
Chiunque può sostenere “La locanda dei Girasoli” attraverso il codice Iban che compare sul sito del locale o partecipando numerosi alla cena di solidarietà di venerdì 7 dicembre alle ore 20: manteniamo in vita le speranze e le aspettative di Claudio, Valerio, Emanuela e Viviana.
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È presente 1 commento
Grazie Paola per quest'articolo! solo aiutando le piccole realtà come questa possiamo giungere ad un'Italia migliore!
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