mercoledì, novembre 28, 2012
Per mons. Mario Zenari il conflitto rischia di cadere nell'oblio. I morti non fanno più notizia. Ieri 10 bambini sono stati uccisi in un quartiere a sud della capitale. La Chiesa è rimasta l'unica istituzione ad offrire speranza e aiuto alla popolazione colpita da bombardamenti, fame e sequestri di persona. L'invito a recitare una preghiera per i siriani in vista del Natale.

Asianews - "Le violenze in Siria rischiano di diventare un conflitto dimenticato. All'inizio i morti facevano notizia. Ora le vittime aumentano di giorno in giorno, si parla anche di centinaia di uccisi, ma nessuno dice nulla, è ormai una routine. Come tutte le guerre anche per quella siriana ci sarà l'oblio". Con questa drammatica confessione mons. Mario Zenari, nunzio vaticano in Siria, descrive ad AsiaNews il dramma della popolazione di Damasco, l'ultima città in ordine di tempo ad essere entrata ufficialmente in guerra. "A causa dell'embargo - spiega - è difficile far giungere aiuti umanitari, ma nell'imminente periodo di Avvento invito tutti a pregare per la Siria, a dedicare un momento della giornata alle sofferenze di questa gente. Non lasciamo che il dolore patito dai siriani venga dimenticato".

Il prelato racconta che dagli inizi di novembre "la situazione umanitaria è un inferno, che ha coinvolto anche la capitale, trasformatasi in una città blindata". Il dramma è acuto soprattutto nei quartieri periferici: Darayya, Qudssaya, Irbin. Qui si combatte giorno e notte, le bombe hanno polverizzato anche le poche case rimaste in piedi. Ieri, 76 persone sono morte sotto i bombardamenti. Fra essi anche 10 bambini colpiti da una bomba a grappolo mentre giocavano in un campo da calcio situato in un quartiere meridionale della capitale. "Diversi miei impiegati - afferma mons. Zenari - vivono ormai nella sede della nunziatura, perché non possono rientrare nelle loro case, altri non hanno più un tetto e passano la notte negli scantinati, o in rifugi di fortuna. Le parrocchie si sono trasformate in dormitori. I conventi tentano di offrire a tutti ospitalità, anche in giardino". "Ma ora - continua il nunzio - con l'arrivo dell'inverno gli sfollati rischiano di morire di stenti e di freddo. Ogni giorno ricevo telefonate da parte di religiosi e sacerdoti che mi chiedono: Cosa possiamo fare per questa gente?. La Chiesa ha messo ogni suo spazio a disposizione, dalle stanze degli uffici, ai magazzini agli stessi luoghi di culto. Tuttavia senza aiuti esterni e l'ipotesi di un cessate il fuoco anche tali sforzi rischiano di essere una piccola goccia nel mare".

Mons. Zenari confessa che la domanda più ricorrente fra i siriani è: "Quanto durerà questa guerra?". Dagli ultimi tentativi in giugno di Kofi Annan per un cessate il fuoco, il conflitto non è un più un'emergenza temporanea; esso si è trasformato in una realtà quotidiana che appare senza fine. "Questa precarietà - sottolinea il nunzio - uccide la speranza di tornare alla normalità, che si somma al dolore per i propri cari uccisi". Tornato di recente da un viaggio in Italia, il prelato ha assistito in poco tempo al peggioramento della guerra: "Ora la popolazione versa in condizioni ancora più drammatiche di qualche mese fa. Al dolore per i bombardamenti, le vendette fra gruppi politici e religiosi, si è aggiunta anche la criminalità locale, che non sta con nessuno. Nel Paese, vi sono centinaia di rapimenti che falcidiano le famiglie, non solo quelle ricche, ma ormai anche quelle più povere. Questi delinquenti per loro stessa ammissione non sostengono nessuna fazione politica o militare. Essi sfruttano il clima di instabilità per fare i propri interessi. I media purtroppo non ne parlano, ma molte famiglie, anche qui a Damasco sono toccate da questa piaga, che ha reso ancora più dolorosa la loro vita".

Il diplomatico spiega che vi sono due tipi di sequestro. Il primo è politico e serve ai gruppi dei due schieramenti per chiedere la liberazione di prigionieri. Il secondo è invece a sfondo di riscatto. Quest'ultimo è molto diffuso e costringe la popolazione a fare anche delle collette pubbliche per liberare i propri cari, che spesso rischiano comunque di essere uccisi nell'indifferenza generale. Il Nunzio racconta che la Chiesa è attiva anche in questo campo e in tutte le parrocchie dove avvengono questi casi sono stati creati dei comitati per mediare con i rapitori. "Essa - afferma - è l'unica vera istituzione rimasta integra nel Paese, dove qualsiasi organo statale e privato si sta sfaldando. Tutti si rivolgono a lei: cristiani, musulmani, alauiti e sunniti. Ecclesiastici, sacerdoti, religiosi e religiose tentano spesso a rischio della vita di portare riconciliazione e perdono anche dove sembra impossibile".

Secondo il prelato, bisogna evitare che questa guerra cada nell'oblio. L'Occidente ha il dovere di informarsi, di cercare di comprendere questa situazione, anche se i media e i governi sono inclini a facili risposte. Mons. Zenari precisa che in Siria non è in atto una Primavera araba come in altri Paesi del Medio oriente, ad esempio la Tunisia, l'Egitto, lo Yemen, la Libia. Dopo un anno di scontri e manifestazioni, in questa guerra sono entrati troppi fattori esterni. La popolazione non ha più voce ed ha un unico desiderio: ritornare a vivere.

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