I carnefici approfittano dell’accoglienza e dell’ingenuità ed uccidono donne innamorate, che si fidano e “si fanno gestire la loro vita”
di Gennaro Iasevoli
E’ chiaro che alla base della morte violenta di tante donne c’è il degrado mentale dei loro compagni, accettati inconsapevolmente con tanto amore. Le ragazze amano gli uomini con l’obiettivo di scoprire il loro mondo e trovare compagni per una vita serena e ricca di soddisfazioni, ma purtroppo appena il normale entusiasmo allenta le barriere della critica e del calcolo, se per caso la malcapitata si è affidata ad un “piccolo criminale travestito da agnello”, legato a “torbide amicizie”, ha poche vie di scampo. Il carnefice approfitta dell’ingenuità, della solitudine, della possibilità di movimento, dell’autonomia dalla famiglia e ha campo libero per progettarne lo sfruttamento sommario e l’uccisione.
Già da anni la psicologia sta parlando dell’esistenza, in molti individui, di perversioni nascoste che conducono allo sfruttamento ed all’omicidio. Le ragazze innamorate si fanno “graziosamente” gestire, i carnefici lo sanno: da sole, allontanate dal loro ambiente conosciuto, non possono scoprire, specialmente all’inizio della relazione, le perversioni nascoste dei loro amici di discoteca o di lavoro. Ogni giovane donna, se decide in solitudine, se non è supportata utilmente da genitori, parenti stretti, confessori, esperti o da altri osservatori esterni, “effettivamente neutrali”, può essere intrappolata dai delinquenti che si presentano in maniera simpatica ed accattivante.
L’eventuale scoperta da parte della donna delle manie e delle perversioni inaccettabili rappresenta il momento più delicato. Il criminale, vistosi scoperto ed osservato, si “inasprisce” psicologicamente e ricorre alla sua “mente perversa” per mettere in pratica una “vendetta sanguinaria, che egli possiede di riserva”. Dopo aver commesso il crimine, senza ragionare e senza riflessioni morali, legali o spirituali, decide in maniera infantile di nascondere l’omicidio, resistendo con bugie e con gli appoggi di sempre da parte degli amici perversi. L’omicida ritorna quindi a fare la vita di tutti i giorni, felice di non essere sottoposto al giudizio psicologico di “una donna che aveva firmato la sua condanna, dichiarandosi migliore di lui”.
Quando viene scoperto dice, come al solito, di “aver perso la testa” e di non aver capito più niente. La psicologia ribatte che in realtà si sapeva già abbondantemente che l’omicida “non aveva mai avuto la testa a posto”! Lo si capisce vedendo prima di tutto la svogliatezza scolastica, poi una vita separata da qualsiasi atto di carità e fede e quindi un curriculum di alcuni fatti precedenti e “quasi sempre correlati a frequentazioni perverse”. Altro che futuri mariti accettati ed amati inconsapevolmente… più che altro, accettati senza conoscere la loro pericolosità sociale, le loro caratteristiche deviate dall’educazione e da principi morali.
Oggi, nonostante le insistenze dei genitori, si è persa completamente l’abitudine di prendere un minimo di informazioni sul conto dei ragazzi “apparentemente normali”conosciuti nelle discoteche. Una donna che lo facesse sembrerebbe fuori del tempo, ma forse, alla fine, con la prevenzione diminuirebbe in concreto il rischio. Non informarsi, accettare in maniera acritica le proposte e “farsi gestire” come conviene a lui vuol dire anche non riuscire a scongiurare in tempo le cattive sorprese del malintenzionato.
di Gennaro Iasevoli
E’ chiaro che alla base della morte violenta di tante donne c’è il degrado mentale dei loro compagni, accettati inconsapevolmente con tanto amore. Le ragazze amano gli uomini con l’obiettivo di scoprire il loro mondo e trovare compagni per una vita serena e ricca di soddisfazioni, ma purtroppo appena il normale entusiasmo allenta le barriere della critica e del calcolo, se per caso la malcapitata si è affidata ad un “piccolo criminale travestito da agnello”, legato a “torbide amicizie”, ha poche vie di scampo. Il carnefice approfitta dell’ingenuità, della solitudine, della possibilità di movimento, dell’autonomia dalla famiglia e ha campo libero per progettarne lo sfruttamento sommario e l’uccisione.
Già da anni la psicologia sta parlando dell’esistenza, in molti individui, di perversioni nascoste che conducono allo sfruttamento ed all’omicidio. Le ragazze innamorate si fanno “graziosamente” gestire, i carnefici lo sanno: da sole, allontanate dal loro ambiente conosciuto, non possono scoprire, specialmente all’inizio della relazione, le perversioni nascoste dei loro amici di discoteca o di lavoro. Ogni giovane donna, se decide in solitudine, se non è supportata utilmente da genitori, parenti stretti, confessori, esperti o da altri osservatori esterni, “effettivamente neutrali”, può essere intrappolata dai delinquenti che si presentano in maniera simpatica ed accattivante.
L’eventuale scoperta da parte della donna delle manie e delle perversioni inaccettabili rappresenta il momento più delicato. Il criminale, vistosi scoperto ed osservato, si “inasprisce” psicologicamente e ricorre alla sua “mente perversa” per mettere in pratica una “vendetta sanguinaria, che egli possiede di riserva”. Dopo aver commesso il crimine, senza ragionare e senza riflessioni morali, legali o spirituali, decide in maniera infantile di nascondere l’omicidio, resistendo con bugie e con gli appoggi di sempre da parte degli amici perversi. L’omicida ritorna quindi a fare la vita di tutti i giorni, felice di non essere sottoposto al giudizio psicologico di “una donna che aveva firmato la sua condanna, dichiarandosi migliore di lui”.
Quando viene scoperto dice, come al solito, di “aver perso la testa” e di non aver capito più niente. La psicologia ribatte che in realtà si sapeva già abbondantemente che l’omicida “non aveva mai avuto la testa a posto”! Lo si capisce vedendo prima di tutto la svogliatezza scolastica, poi una vita separata da qualsiasi atto di carità e fede e quindi un curriculum di alcuni fatti precedenti e “quasi sempre correlati a frequentazioni perverse”. Altro che futuri mariti accettati ed amati inconsapevolmente… più che altro, accettati senza conoscere la loro pericolosità sociale, le loro caratteristiche deviate dall’educazione e da principi morali.
Oggi, nonostante le insistenze dei genitori, si è persa completamente l’abitudine di prendere un minimo di informazioni sul conto dei ragazzi “apparentemente normali”conosciuti nelle discoteche. Una donna che lo facesse sembrerebbe fuori del tempo, ma forse, alla fine, con la prevenzione diminuirebbe in concreto il rischio. Non informarsi, accettare in maniera acritica le proposte e “farsi gestire” come conviene a lui vuol dire anche non riuscire a scongiurare in tempo le cattive sorprese del malintenzionato.
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