lunedì, novembre 26, 2012
Non è una grande giornata per Taranto: nella classifica sulla qualità della vita nelle province italiane stilata dal Sole 24 Ore - pur con tutti i limiti del caso - la provincia pugliese conquista la maglia nera. Ma, soprattutto, la città si scopre nuovamente sconvolta dalle vicende riguardanti passato e presente dell'Ilva.

Greenreport - Stamattina sono scattati alcune provvedimenti di restrizione della libertà personale in seguito a due ordinanze di custodia cautelare firmate dai Gip Patrizia Todisco e Vilma Gilli. L'accusa è di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione. Tra i destinatari del provvedimento c'è Fabio Riva, vicepresidente di Riva Group, figlio del patron dell'Ilva Emilio ai domiciliari dal 26 luglio; l'ex assessore all'Ambiente della provincia di Taranto, Michele Conserva , anche lui agli arresti domiciliari (si è dimesso circa due mesi fa dall'incarico) e l'ex dirigente dell'Ilva per i rapporti istituzionali Girolamo Archinà, che era stato licenziato tre mesi fa dall'azienda dopo che, dall'inchiesta per disastro ambientale, era emerso un episodio di presunta corruzione che coinvolgeva l'ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, al quale Archinà avrebbe consegnato una busta contenente la somma di 10mila euro in cambio di una perizia "addomesticata" sull'inquinamento dell'Ilva. Anche il presidente dell'azienda Bruno Ferrante e il direttore generale, Adolfo Buffo, hanno ricevuto altrettanti avvisi di garanzia per «inosservanza delle precedenti disposizioni dell'autorità giudiziaria».

I provvedimenti, se le tesi dell'accusa venissero confermate, metterebbero in evidenza una vera e propria "cricca" dell'acciaio dove sono coinvolti imprenditori, politici e amministratori - legati anche ad una inchiesta, parallela a quella per disastro ambientale che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell'area a caldo del Siderurgico - che è stata denominata "Environment sold out" (Ambiente svenduto). Nell'ambito dell'inchiesta i militari della Finanza stanno sequestrando anche tutto il prodotto finito giacente sulle banchine del porto di Taranto utilizzate dall'Ilva. Si tratta di un sequestro preventivo chiesto e ottenuto dalla Procura della Repubblica della città pugliese, e così la merce non potrà essere commercializzata.

Molto preoccupato per gli sviluppi giudiziari sul caso Ilva, il ministro dell'ambiente Corrado Clini afferma: «Mi auguro che questa iniziativa non sia conflittuale con l'Autorizzazione integrata ambientale, che è l'unico strumento che oggi abbiamo a disposizione per risanare lo stabilimento di Taranto - ha dichiarato il ministro - Ricordo che ho rilasciato l'Aia allo stabilimento, che è pubblicata sulla Gazzetta ufficiale e che stabilisce le misure e gli interventi per assicurare la protezione dell'ambiente e della salute in merito alla produzione dell'Ilva di Taranto». L'Aia già rilasciata si è concentrata sulla qualità dell'aria e le emissioni; oggi al centro dell'esame per il rilascio della seconda parte dell'Aia - che sarà completato entro il 31 gennaio da parte dei tecnici del ministero dell'Ambiente - ci sono invece acqua, suolo e rifiuti.

Il quadro che emerge è quanto mai complicato: la Procura non ha disposto il dissequestro degli impianti a caldo come richiesto dall'Ilva e così non è facile capire se il gruppo industriale sta "bluffando" o ha davvero intenzione di portare avanti gli impegni assunti con l'Aia ministeriale, e mettere in gioco le risorse per il risanamento. Questi ultimi sviluppi poi complicano la situazione in quanto mantengono in campo l'ipotesi di chiusura definitiva dell'impianto, che sarebbe un dramma annunciato per l'area tarantina (e per il paese) sotto il profilo produttivo, occupazionale, ma anche ambientale e sanitario perché nessuno pagherebbe più il risanamento e la riqualificazione del territorio.

Sono presenti 2 commenti

Anonimo ha detto...

Articolo 422 Codice penale italiano:
« Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con la morte (pena purtroppo sostituita con l’ergastolo). Se è cagionata la morte di una sola persona si applica l’ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni. »

http://www.ilcittadinox.com/blog/ilva-il-ricatto-mafioso-delle-imprese-italiane.html

Gustavo Gesualdo
alias
Il Cittadino X

Anonimo ha detto...

Lo stato del paradosso mafioso:
il delinquente viene tutelato mentre il cittadino assassinato dalla diossina dispersa volontariamente viene dimenticato.
Questa non è l’Italia, questa è Sodoma, questa è Gomorra.
http://www.ilcittadinox.com/blog/non-e-questa-litalia-questa-e-sodoma-questa-e-gomorra.html
Gustavo Gesualdo
alias
Il Cittadino X

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