Arrestato il cappellano di San Vittore in servizio da 17 anni. Se le accuse venissero confermate sarebbe un caso di grave dissociazione tra spiritualità e umanità.
Città Nuova - Un caso isolato. Su 230 cappellani carcerari mai si era sentita una notizia del genere. Don Alberto Barin, cappellano del carcere milanese di San Vittore dal 1997 è stato arrestato e trasferito nel carcere di Bollate con l’accusa di aver chiesto e ottenuto favori sessuali da sei detenuti nell’arco di cinque anni, tra il 2008 e lo scorso ottobre. Il sacerdote deve rispondere di violenza sessuale pluriaggravata e continuata e di concussione, nei confronti di sei detenuti stranieri a cui avrebbe chiesto prestazioni sessuali «come compenso per la fornitura di generi di conforto o per l’interessamento alla loro posizione carceraria». Abusi che sono continuati, almeno in un caso accertato, nella sua abitazione adiacente al carcere, con un ex detenuto. Probabilmente una patologia compulsiva descritta come “gesti repentini” inequivocabili e immortalati dalle telecamere che la squadra Mobile di Milano e dagli stessi agenti della polizia penitenziaria che avevano piazzato nell’ufficio all’interno del carcere e nell’ appartamento del cappellano.
«C’è una scissione tra spiritualità e umanità ‒ commenta il pedagogista Michele De Beni ‒ . La sua umanità non sembra aver trovato quello slancio nella sua vocazione per diventare più umana. Si profilerebbe un duplice tradimento umano e spirituale». Il punto chiave è l’uso e l’esercizio del potere perché un cappellano si trova sempre in posizione dominante, come ogni educatore, rispetto ai detenuti. «Sconvolge il fatto, se tutto verrà confermato ‒ aggiunge Michele De Beni ‒ di utilizzare il potere per schiacciare la dignità dell’altro. Non c’è neanche attrazione affettiva come può essere nel caso di un amante. È un potere criminale, gravissimo, che dimostra la non autenticità della sua vocazione o la sua incoerenza».
Una notizia ancor più sconvolgente in quanto il cappellano è stimato da tutti e ha sempre avuto un comportamento irreprensibile. «In diciassette anni di esercizio spirituale a San Vittore di don Barin ‒ dichiara Donato Capece, segretario del Sappe, il sindacato autonomo di Polizia penitenziaria ‒, non risultano essere mai pervenute segnalazioni rispetto alle gravi accuse formulate: anzi, è stato sempre molto disponibile con detenuti ed agenti, tanto da essersi anche impegnato in prima persona nell’ organizzare corsi prematrimoniale e corsi per il conferimento della cresima a tanti poliziotti». Non vuole fare nessun commento don Sandro Spriano, cappellano del carcere romano di Rebibbia: «È un mio amico ‒ dice a mezza voce ‒ e mi sembra impossibile».
Nel frattempo dallo stesso carcere di Bollate dove è detenuto don Alberto Barin è stato scarcerato un altro sacerdote, don Giuseppe Abbiati che, come riporta l’Ansa «prima di essere arrestato era parroco a Marcignago, un paese tra Milano e Pavia. Era accusato di violenza sessuale, reato da lui sempre negato, ma che gli aveva procurato una condanna a 4 anni e 8 mesi. Dopo tre anni di detenzione ha ottenuto uno sconto sulla pena per la buona condotta tenuta in cella ed è tornato libero».
Don Virgilio Balducchi, ispettore capo dei cappellani carcerari, dichiara all’Adnkronos che «nessuna indagine interna, neanche informale è in corso». La Chiesa attende la ricostruzione giudiziaria dei fatti . « Quanto a don Barin ‒ aggiunge don Balducchi ‒ lo conoscevo personalmente e di lui posso solo che dire bene, non ho avuto mai il benché il minimo dubbio sul suo operato né alcuna segnalazione negativa da parte di detenuti o dal personale del carcere di San Vittore; anzi, al contrario, in tanti mi chiedevano di ringraziarlo».
Città Nuova - Un caso isolato. Su 230 cappellani carcerari mai si era sentita una notizia del genere. Don Alberto Barin, cappellano del carcere milanese di San Vittore dal 1997 è stato arrestato e trasferito nel carcere di Bollate con l’accusa di aver chiesto e ottenuto favori sessuali da sei detenuti nell’arco di cinque anni, tra il 2008 e lo scorso ottobre. Il sacerdote deve rispondere di violenza sessuale pluriaggravata e continuata e di concussione, nei confronti di sei detenuti stranieri a cui avrebbe chiesto prestazioni sessuali «come compenso per la fornitura di generi di conforto o per l’interessamento alla loro posizione carceraria». Abusi che sono continuati, almeno in un caso accertato, nella sua abitazione adiacente al carcere, con un ex detenuto. Probabilmente una patologia compulsiva descritta come “gesti repentini” inequivocabili e immortalati dalle telecamere che la squadra Mobile di Milano e dagli stessi agenti della polizia penitenziaria che avevano piazzato nell’ufficio all’interno del carcere e nell’ appartamento del cappellano.
«C’è una scissione tra spiritualità e umanità ‒ commenta il pedagogista Michele De Beni ‒ . La sua umanità non sembra aver trovato quello slancio nella sua vocazione per diventare più umana. Si profilerebbe un duplice tradimento umano e spirituale». Il punto chiave è l’uso e l’esercizio del potere perché un cappellano si trova sempre in posizione dominante, come ogni educatore, rispetto ai detenuti. «Sconvolge il fatto, se tutto verrà confermato ‒ aggiunge Michele De Beni ‒ di utilizzare il potere per schiacciare la dignità dell’altro. Non c’è neanche attrazione affettiva come può essere nel caso di un amante. È un potere criminale, gravissimo, che dimostra la non autenticità della sua vocazione o la sua incoerenza».
Una notizia ancor più sconvolgente in quanto il cappellano è stimato da tutti e ha sempre avuto un comportamento irreprensibile. «In diciassette anni di esercizio spirituale a San Vittore di don Barin ‒ dichiara Donato Capece, segretario del Sappe, il sindacato autonomo di Polizia penitenziaria ‒, non risultano essere mai pervenute segnalazioni rispetto alle gravi accuse formulate: anzi, è stato sempre molto disponibile con detenuti ed agenti, tanto da essersi anche impegnato in prima persona nell’ organizzare corsi prematrimoniale e corsi per il conferimento della cresima a tanti poliziotti». Non vuole fare nessun commento don Sandro Spriano, cappellano del carcere romano di Rebibbia: «È un mio amico ‒ dice a mezza voce ‒ e mi sembra impossibile».
Nel frattempo dallo stesso carcere di Bollate dove è detenuto don Alberto Barin è stato scarcerato un altro sacerdote, don Giuseppe Abbiati che, come riporta l’Ansa «prima di essere arrestato era parroco a Marcignago, un paese tra Milano e Pavia. Era accusato di violenza sessuale, reato da lui sempre negato, ma che gli aveva procurato una condanna a 4 anni e 8 mesi. Dopo tre anni di detenzione ha ottenuto uno sconto sulla pena per la buona condotta tenuta in cella ed è tornato libero».
Don Virgilio Balducchi, ispettore capo dei cappellani carcerari, dichiara all’Adnkronos che «nessuna indagine interna, neanche informale è in corso». La Chiesa attende la ricostruzione giudiziaria dei fatti . « Quanto a don Barin ‒ aggiunge don Balducchi ‒ lo conoscevo personalmente e di lui posso solo che dire bene, non ho avuto mai il benché il minimo dubbio sul suo operato né alcuna segnalazione negativa da parte di detenuti o dal personale del carcere di San Vittore; anzi, al contrario, in tanti mi chiedevano di ringraziarlo».
Aurelio Molè
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