Il Convegno nazionale degli educatori dell’Azione Cattolica dei Ragazzi e del Settore Giovani di Ac
«Ogni credente ha in sé la vocazione ad essere educatore, innanzitutto per gratitudine di quel che si è ricevuto»: così la biblista Rosanna Virgili nel suo intervento di apertura al Convegno nazionale degli educatori dell’Azione Cattolica dei Ragazzi e del Settore Giovani di Ac, dal titolo “Collaboratori della vostra gioia. La passione di educare insieme”. In più di mille, da tutta Italia a Roma, presso la Domus Pacis e al Domus Mariae da oggi a domenica mattina prossima. «Quel che abbiamo ricevuto», spiega la Virgili, «è il linguaggio con cui possiamo creare dei legami, comunicare dei sentimenti, esprimere ciò in cui crediamo; e possiamo soprattutto chiamare le cose con il loro nome. Cioè, con le parole possiamo rendere un servizio alla verità; con le parole, dunque, c’è stata data l’etica, la giustizia, la libertà, i valori su cui costruire un gruppo, poi un popolo, poi una città e poi ancora una nazione condivisa».
Ecco allora che: «Educare è innanzitutto comunicare», ma è anche e ancora di più - sempre la Virgili «mettersi nella prospettiva di colui che - come fece Dio con il popolo di Israele - “conduce fuori”, porta verso spazi nuovi, inediti. Dunque chi educa, deve essere “un passo avanti”, avere la capacità di intuire il futuro. In questo senso, spiega la biblista: «Educare è mettersi in relazione autentica, fisica, reale. Altrimenti, non si può insegnare niente. Per crescere bisogna credere e per credere bisogna che ci sia qualcuno che ti tenga per mano, che ti accompagni». Perché: «Educare non vuol dire informare o indottrinare, vuol dire coinvolgere nella vita. Se tutto resta attorno al singolo - sottolinea Rosanna Virgili - ci si trasforma in isole incapaci di capire che la nostra vita è dentro un fascio di legami». Ciò comporta un ulteriore passaggio: «Educare è portare fuori di “casa”, verso gli altri, nella vita della polis; a partecipare senza paura alla politica e ad essere maturi costruttori del bene comune, che è l’imprescindibile metà dell’educazione».
Quello proposto da Rosanna Virgili è un percorso educativo che è anche percorso d’amore. Ad evidenziarlo è il presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Franco Miano, che nel suo intervento. «Chi ama educa», non è solo uno slogan. Da sempre al centro della vita della Chiesa e dell’esperienza di Ac c’è - sottolinea Miano - «la convinzione che chi ama, e solo chi ama, educa veramente. L’educazione, infatti, non può limitarsi alla trasmissione di “nozioni” attraverso tecniche che mettano in campo competenze psico-pedagogiche, sia pure necessarie. È invece, prima di tutto e fondamentalmente, una scelta di speranza che investe sulla libertà della persona, una scelta operata da testimoni e maestri capaci di scorgere in ogni essere umano la scintilla di Dio. È una risposta del cuore animata da una profonda passione per l’uomo». Ed è questa passione che bisogna custodire ed alimentare perché si possa essere capaci - spiega Miano - «nell’aiutare le persone, ascoltandole e tirando fuori le domande essenziali della vita. Gli interrogativi che gli consentono di essere se stessi fino in fondo. Si tratta di stimolare la ricerca di un senso della vita, non di rispondere a un bisogno immediato». In questo senso, per Miano: «L’educazione si gioca anzitutto nella logica della domanda e della risposta, nel saper ascoltare e nell’aiutare le persone a vincere l’indifferenza, perché nel rapporto fra la domanda e la risposta è custodita la capacità di ascolto della voce di Dio che parla al cuore dell’uomo».
Educare è «prossimità» ed è «comunità»; è, per il presidente dell’Ac: «Cercare il dialogo, il confronto, il coinvolgimento in un percorso formativo e in un patto educativo che deve coinvolgere innanzitutto le famiglie». È: «aiutare anzitutto chi educhiamo, ma più in generale noi stessi e le parrocchie ad aprirsi, ad accogliere, a rendersi più sensibili alla vita delle persone, a partire da quelle più prossime fino a comprendere tutta l’umanità». «Tutto ciò non passa tanto attraverso iniziative nuove, ma - sottolinea il presidente Miano - soprattutto attraverso un proprio nuovo modo d’essere in rapporto al Vangelo e alle persone, attraverso una cordialità attenta e relazionale, attraverso il dialogo. Anche in questo caso dobbiamo essere sollecitati dal nostro relazionarci con la realtà, ovviamente senza farcene assorbire o stravolgere, e allo stesso tempo sollecitarla, interrogarla, dare speranza, essere propositivi, volgerla alla costruzione di un bene comune». Ciò che siamo chiamati ad essere, in fondo è, ricorda infine Miano «educatori responsabili nella corresponsabilità», per consentire agli altri di diventare «responsabili e corresponsabili».
«Ogni credente ha in sé la vocazione ad essere educatore, innanzitutto per gratitudine di quel che si è ricevuto»: così la biblista Rosanna Virgili nel suo intervento di apertura al Convegno nazionale degli educatori dell’Azione Cattolica dei Ragazzi e del Settore Giovani di Ac, dal titolo “Collaboratori della vostra gioia. La passione di educare insieme”. In più di mille, da tutta Italia a Roma, presso la Domus Pacis e al Domus Mariae da oggi a domenica mattina prossima. «Quel che abbiamo ricevuto», spiega la Virgili, «è il linguaggio con cui possiamo creare dei legami, comunicare dei sentimenti, esprimere ciò in cui crediamo; e possiamo soprattutto chiamare le cose con il loro nome. Cioè, con le parole possiamo rendere un servizio alla verità; con le parole, dunque, c’è stata data l’etica, la giustizia, la libertà, i valori su cui costruire un gruppo, poi un popolo, poi una città e poi ancora una nazione condivisa».
Ecco allora che: «Educare è innanzitutto comunicare», ma è anche e ancora di più - sempre la Virgili «mettersi nella prospettiva di colui che - come fece Dio con il popolo di Israele - “conduce fuori”, porta verso spazi nuovi, inediti. Dunque chi educa, deve essere “un passo avanti”, avere la capacità di intuire il futuro. In questo senso, spiega la biblista: «Educare è mettersi in relazione autentica, fisica, reale. Altrimenti, non si può insegnare niente. Per crescere bisogna credere e per credere bisogna che ci sia qualcuno che ti tenga per mano, che ti accompagni». Perché: «Educare non vuol dire informare o indottrinare, vuol dire coinvolgere nella vita. Se tutto resta attorno al singolo - sottolinea Rosanna Virgili - ci si trasforma in isole incapaci di capire che la nostra vita è dentro un fascio di legami». Ciò comporta un ulteriore passaggio: «Educare è portare fuori di “casa”, verso gli altri, nella vita della polis; a partecipare senza paura alla politica e ad essere maturi costruttori del bene comune, che è l’imprescindibile metà dell’educazione».
Quello proposto da Rosanna Virgili è un percorso educativo che è anche percorso d’amore. Ad evidenziarlo è il presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Franco Miano, che nel suo intervento. «Chi ama educa», non è solo uno slogan. Da sempre al centro della vita della Chiesa e dell’esperienza di Ac c’è - sottolinea Miano - «la convinzione che chi ama, e solo chi ama, educa veramente. L’educazione, infatti, non può limitarsi alla trasmissione di “nozioni” attraverso tecniche che mettano in campo competenze psico-pedagogiche, sia pure necessarie. È invece, prima di tutto e fondamentalmente, una scelta di speranza che investe sulla libertà della persona, una scelta operata da testimoni e maestri capaci di scorgere in ogni essere umano la scintilla di Dio. È una risposta del cuore animata da una profonda passione per l’uomo». Ed è questa passione che bisogna custodire ed alimentare perché si possa essere capaci - spiega Miano - «nell’aiutare le persone, ascoltandole e tirando fuori le domande essenziali della vita. Gli interrogativi che gli consentono di essere se stessi fino in fondo. Si tratta di stimolare la ricerca di un senso della vita, non di rispondere a un bisogno immediato». In questo senso, per Miano: «L’educazione si gioca anzitutto nella logica della domanda e della risposta, nel saper ascoltare e nell’aiutare le persone a vincere l’indifferenza, perché nel rapporto fra la domanda e la risposta è custodita la capacità di ascolto della voce di Dio che parla al cuore dell’uomo».
Educare è «prossimità» ed è «comunità»; è, per il presidente dell’Ac: «Cercare il dialogo, il confronto, il coinvolgimento in un percorso formativo e in un patto educativo che deve coinvolgere innanzitutto le famiglie». È: «aiutare anzitutto chi educhiamo, ma più in generale noi stessi e le parrocchie ad aprirsi, ad accogliere, a rendersi più sensibili alla vita delle persone, a partire da quelle più prossime fino a comprendere tutta l’umanità». «Tutto ciò non passa tanto attraverso iniziative nuove, ma - sottolinea il presidente Miano - soprattutto attraverso un proprio nuovo modo d’essere in rapporto al Vangelo e alle persone, attraverso una cordialità attenta e relazionale, attraverso il dialogo. Anche in questo caso dobbiamo essere sollecitati dal nostro relazionarci con la realtà, ovviamente senza farcene assorbire o stravolgere, e allo stesso tempo sollecitarla, interrogarla, dare speranza, essere propositivi, volgerla alla costruzione di un bene comune». Ciò che siamo chiamati ad essere, in fondo è, ricorda infine Miano «educatori responsabili nella corresponsabilità», per consentire agli altri di diventare «responsabili e corresponsabili».
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