venerdì, dicembre 07, 2012
Aspettando le elezioni, ecco le prime schermaglie in Parlamento

di Patrizio Ricci

Il Pdl non ha fatto mancare il numero legale e non c’è nessuna crisi di governo: 127 sì (su una maggioranza di 84), 17 no e 23 astenuti. Nessuno vuole una crisi, né il Pdl né il Pd: Alfano lo ha detto chiaramente ai cronisti nella sala stampa di Montecitorio. E’ stato solo un segnale per lanciare un grido d’allarme per sottolineare ”la grave preoccupazione per la situazione economica del Paese. Questo governo era nato tredici mesi fa per un gesto di responsabilità dell'esecutivo. Dopo tredici mesi le cose vanno peggio e quindi abbiamo preso la decisione di assumere un bilancio definitivo di questa esperienza”. E ha aggiunto: “Non abbiamo fatto precipitare i fatti, se lo avessimo voluto avremmo dato oggi la sfiducia al governo. Invece abbiamo fatto una scelta di responsabilità dando un segnale chiaro al governo”. E’ fuori discussione che la legge di stabilità sarà votata: “Noi abbiamo sempre detto che non vogliamo far precipitare il Paese in un esercizio provvisorio”. Perciò la legge di stabilità non è a repentaglio. Allora è stato fatto tutto solo per motivi elettorali? L’astensione voleva solo essere un segnale di discontinuità con il governo di Mario Monti? Sembra di sì: “Anche oggi Berlusconi mi ha espresso la volontà di tornare in campo da protagonista. E' lui il detentore del titolo".

Di tutt’altro avviso il TG 2000 della CEI, secondo il quale la svolta imposta è “incomprensibile anche se purtroppo non del tutto inattesa”. In una nota diffusa dalla redazione del telegiornale di Tv2000 si dice che “il sospetto è che si tratti di un'azione volta a garantirsi nel prossimo Parlamento un manipolo di sostenitori 'ad personam' che siano di protezione di interessi e posizioni più o meno personali. Dà malinconia che una vicenda ventennale su cui la storia esprimerà un giudizio più meditato abbia un epilogo tanto miope per non dire meschino. E la sorte della componente moderata ancora prevalente nel paese? E il radicamento in Italia del Partito popolare europeo? E lo sforzo di rinnovamento che anche in quella parte politica era stato ultimamente messo in campo e aveva suscitato tante speranze? Non vorremmo che invece, alla fine di tutta questa manovra, l'esito fosse un partitino alla Bondi e alla Galan”. Secondo Tg2000, “c'è un frazionismo politico allarmante sulla scena pubblica che fa il paio con l'individualismo sociologico. Se i singoli parlamentari non sapranno farsi carico oggi e nelle prossime elezioni degli interessi del Paese si esporranno al giudizio degli italiani”.

Ad innescare la presa di posizione del Pdl potrebbe aver giocato un ruolo decisivo il decreto legislativo sull'incandidabilità, sul quale incombe il malcelato intento di un provvedimento ‘ad personam’ per non far candidare Berlusconi. Il disegno di legge arriva con un’inconsueta puntualità in concomitanza dell’annuncio del Cavaliere della ridiscesa in campo: il testo prevede la non eleggibilità a cariche istituzionali per chi sia stato condannato a pene oltre i due anni (relativamente a reati contro la PA, in primis la corruzione) e poi a chi sia stato condannato per mafia e terrorismo. Esso prevede anche la decadenza dalle cariche pubbliche anche se già ricoperte. E’ evidente che se dovesse passare, Berlusconi non solo non si potrebbe candidare ma dovrebbe lasciare il Parlamento. E ciò non può non aver irritato il suo partito e i sostenitori. Sapremo presto, quando Alfano salirà al Quirinale per le consultazioni con il Presidente della Repubblica, accompagnato dai capigruppo Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, se queste sono solo ipotesi o realtà.

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