Sono 34 milioni i sieropositivi nel mondo, di loro 3,3 milioni sono bambini. Nella Giornata mondiale contro l’Aids, le Nazioni Unite diffondono dati che dimostrano – nonostante la gravità – un trend positivo: dal 2001 al 2011 il tasso delle nuove infezioni è stato ridotto del 50% in 25 Paesi a basso e medio reddito. Il servizio di Francesca Sabatinelli: ascolta
Radio Vaticana - Lentamente ma i progressi ci sono e ora non sembra più impossibile raggiungere il cosiddetto “Obiettivo zero” dell’Oms, vale a dire: “Zero nuove infezioni da Hiv, zero decessi legati all’Aids, zero discriminazione”. L’Organizzazione mondiale della sanità ci dice che nel 2011 sono state 2,5 milioni le persone infettate, 700 mila in meno rispetto a dieci anni fa. Le morti sono state 1,7 milioni, 600 mila in meno rispetto al 2005. Questo parziale successo viene attribuito all’accesso agli antiretrovirali, ai quali ultimamente riescono ad arrivare larghe fette di popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Attualmente sono 6,8 milioni coloro che non usufruiscono di questi farmaci per scarsità di risorse. I bambini sono un esempio: solo il 28% dei malati accede agli antiretrovirali. “E’ riprovevole che gli adulti - denuncia l’Unicef - abbiano il doppio delle possibilità”. Il numero dei nuovi contagi nei bambini è comunque diminuito e sempre l’Unicef parla di un calo del 24% tra il 2009 e il 2011. La maggior parte dei bimbi sieropositivi vive in Africa subsahariana, la regione più colpita: è qui che si trova il 68% della popolazione mondiale sieropositiva. Il 60% sono donne. In questa zona sono comunque stati raggiunti grandi risultati, ce lo dice Unaids, il programma dell’Onu sull’Hiv/Aids: in Malawi le nuove infezioni sono calate del 73%, in Bostwana del 71%, in Zimbabwe del 50%. In questo Paese, nel 2001, è nato il progetto del Cesvi: "Fermiamo l’Aids sul nascere". La riflessione di Giangi Milesi, presidente del Cesvi:
R. - Abbiamo cominciato 11 anni fa, in un piccolo ospedale della savana dov’è nato Takunda, un bambino che sta crescendo in buona salute e che è diventato per, tutta la popolazione, un simbolo di successo. Una testimonianza che la malattia si può fermare, perché prima di 11 anni fa la sensazione era che questa peste fosse imbattibile.
D. - Il Cesvi continua a denunciare la difficoltà d’accesso dei malati ai farmaci antiretrovirali a causa dei brevetti, a causa delle case farmaceutiche...
R. - Continuiamo a denunciarlo perché l’accesso è ancora difficile, però è proprio qui che abbiamo avuto i più forti progressi. Oggi i cocktail sono molto più complessi ed alcuni di questi farmaci non sono coperti da brevetti e sono prodotti direttamente nel Sud del mondo. Il tema dell’accesso al farmaco resta però ancora uno dei grandi ostacoli, insieme all’ignoranza, alla povertà, alla mancanza di una corretta alimentazione e poi, ovviamente, al tema della sessualità.
Altri programmi Cesvi sono in Congo così come in Sudafrica. L’impegno dell’organizzazione nella lotta all’Aids si concretizza anche attraverso le "Case del Sorriso", dove vengono accolti gli orfani. Ancora Giangi Milesi:
“L’Aids crea disastri in tutta la società, uccide la popolazione in età fertile, età in cui la gente produce e crea ricchezza. Restano famiglie fatte di nonni e bambini piccoli, poi quando i nonni muoiono i più piccoli diventano ragazzi di strada. Quindi, occuparsi di loro ed offrir loro un aiuto, che tante volte consiste nel permettere la scolarizzazione per non arrivare ad un abbandono scolastico, è una cosa fondamentale, che cambia la vita delle persone”.
Il problema principale restano gli investimenti. Mancano i fondi, gli Stati donatori, complice la crisi economica, hanno ridimensionato i loro impegni. L’Italia deve ancora versare al Fondo globale contro Aids, malaria e Tbc, i contribuiti promessi per il 2009 e il 2010, pari a 260 milioni di euro. Per chi volesse contribuire all’azione del Cesvi contro l’Aids, fino al 21 dicembre potrà farlo con un sms solidale al numero 45508.
Radio Vaticana - Lentamente ma i progressi ci sono e ora non sembra più impossibile raggiungere il cosiddetto “Obiettivo zero” dell’Oms, vale a dire: “Zero nuove infezioni da Hiv, zero decessi legati all’Aids, zero discriminazione”. L’Organizzazione mondiale della sanità ci dice che nel 2011 sono state 2,5 milioni le persone infettate, 700 mila in meno rispetto a dieci anni fa. Le morti sono state 1,7 milioni, 600 mila in meno rispetto al 2005. Questo parziale successo viene attribuito all’accesso agli antiretrovirali, ai quali ultimamente riescono ad arrivare larghe fette di popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Attualmente sono 6,8 milioni coloro che non usufruiscono di questi farmaci per scarsità di risorse. I bambini sono un esempio: solo il 28% dei malati accede agli antiretrovirali. “E’ riprovevole che gli adulti - denuncia l’Unicef - abbiano il doppio delle possibilità”. Il numero dei nuovi contagi nei bambini è comunque diminuito e sempre l’Unicef parla di un calo del 24% tra il 2009 e il 2011. La maggior parte dei bimbi sieropositivi vive in Africa subsahariana, la regione più colpita: è qui che si trova il 68% della popolazione mondiale sieropositiva. Il 60% sono donne. In questa zona sono comunque stati raggiunti grandi risultati, ce lo dice Unaids, il programma dell’Onu sull’Hiv/Aids: in Malawi le nuove infezioni sono calate del 73%, in Bostwana del 71%, in Zimbabwe del 50%. In questo Paese, nel 2001, è nato il progetto del Cesvi: "Fermiamo l’Aids sul nascere". La riflessione di Giangi Milesi, presidente del Cesvi:
R. - Abbiamo cominciato 11 anni fa, in un piccolo ospedale della savana dov’è nato Takunda, un bambino che sta crescendo in buona salute e che è diventato per, tutta la popolazione, un simbolo di successo. Una testimonianza che la malattia si può fermare, perché prima di 11 anni fa la sensazione era che questa peste fosse imbattibile.
D. - Il Cesvi continua a denunciare la difficoltà d’accesso dei malati ai farmaci antiretrovirali a causa dei brevetti, a causa delle case farmaceutiche...
R. - Continuiamo a denunciarlo perché l’accesso è ancora difficile, però è proprio qui che abbiamo avuto i più forti progressi. Oggi i cocktail sono molto più complessi ed alcuni di questi farmaci non sono coperti da brevetti e sono prodotti direttamente nel Sud del mondo. Il tema dell’accesso al farmaco resta però ancora uno dei grandi ostacoli, insieme all’ignoranza, alla povertà, alla mancanza di una corretta alimentazione e poi, ovviamente, al tema della sessualità.
Altri programmi Cesvi sono in Congo così come in Sudafrica. L’impegno dell’organizzazione nella lotta all’Aids si concretizza anche attraverso le "Case del Sorriso", dove vengono accolti gli orfani. Ancora Giangi Milesi:
“L’Aids crea disastri in tutta la società, uccide la popolazione in età fertile, età in cui la gente produce e crea ricchezza. Restano famiglie fatte di nonni e bambini piccoli, poi quando i nonni muoiono i più piccoli diventano ragazzi di strada. Quindi, occuparsi di loro ed offrir loro un aiuto, che tante volte consiste nel permettere la scolarizzazione per non arrivare ad un abbandono scolastico, è una cosa fondamentale, che cambia la vita delle persone”.
Il problema principale restano gli investimenti. Mancano i fondi, gli Stati donatori, complice la crisi economica, hanno ridimensionato i loro impegni. L’Italia deve ancora versare al Fondo globale contro Aids, malaria e Tbc, i contribuiti promessi per il 2009 e il 2010, pari a 260 milioni di euro. Per chi volesse contribuire all’azione del Cesvi contro l’Aids, fino al 21 dicembre potrà farlo con un sms solidale al numero 45508.
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