giovedì, dicembre 20, 2012
Nuova proiezione oggi, 19 dicembre a Roma per il documentario “Mohamed e il Pescatore” di Marco Leopardi, Ludovica Jona e Marta Zaccaron.  

Radio Vaticana - Il film-denuncia sul "cimitero" del Mediterraneo sarà presentato a Palazzo Valentini, nella sede della Provincia, alle 17. E' il racconto di un incredibile salvataggio in mare ad opera di Vito, capitano di un peschereccio di Mazara del Vallo, grazie al quale è ancora in vita oggi Mohamed, unico superstite di un naufragio: sul suo barcone erano partiti in 46 dalla Libia. Sulla testimonianza, che ha ottenuto importanti riconoscimenti anche dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ci riferisce Silvia Koch: ascolta

“Era di notte”.

E' ancora attuale, purtroppo, la narrazione dei naufragi nel Mediterraneo: appena un mese fa, l’ennesima tragedia: 21 migranti annegati mentre tentavano di raggiungere Lampedusa. Ha fatto seguito l’appello del sindaco dell’Isola, Giusi Nicolini, all’Europa, da poco insignita del Premio Nobel per la Pace, affinché metta in campo le giuste soluzioni e ponga fine a questa emorragia di vite umane”.

“Poi, all’improvviso, il 'legno' si è staccato ed è andato giù e quello che era sul 'legno' è andato sott’acqua”.

“Dietro le morti ci sono precise responsabilità istituzionali”, ha ricordato la portavoce dell’Unhcr, Laura Boldrini: la politica di chiusura delle frontiere ha stravolto una tradizione marittima di secoli, che poneva al centro delle priorità la salvezza delle vite umane. Molti pescatori italiani, in effetti, rifiutano di raccogliere i migranti in mare per il timore di essere accusati, poi, di favorire il reato di clandestinità.

“Quel passaggio noi lo chiamiamo cimitero”.

Ma come viene garantita la sicurezza nel canale di Sicilia, nella realtà? Lo abbiamo chiesto a Marco Leopardi, regista del documentario:

R. – C’è una collaborazione reciproca. La Marina Militare non riesce ad affrontare il mare in certe situazioni e delega, come ci ha raccontato Vito, i pescherecci a intervenire. I numerosi naufragi e le morti che accadono, e che non sono tutte ovviamente riportate dai media, fanno sì che nel Mar Mediterraneo vi siano molti cadaveri e quindi i pescatori usano segnalare sulle loro mappe nautiche le zone dove hanno ritrovato i cadaveri e che preferiscono non frequentare più.

D. – Quale lezione le sembra di poter trarre dall’esperienza di queste due persone che si sono trovate veramente legate per la vita?

R. – Per quanto riguarda il pescatore, Vito, la nostra speranza è che tutti si possano comportare come lui, cioè una persona normale che di fronte ad una persona in difficoltà fa di tutto per aiutarla. Per quanto riguarda Mohamed, capire ancora meglio cosa vuol dire cercare un mondo migliore, cosa vuol dire il desiderio di essere liberi.

Quella stessa libertà era ricercata da chi è fuggito in seguito allo scoppio della "primavera araba". Purtroppo, il Piano di emergenza per il Nord Africa, finalizzato alla loro accoglienza in Europa, sta per scadere e ancora non si conosce la sorte che toccherà ai circa 20 mila immigrati in attesa di uno status giuridico, in Italia, e di coloro che arriveranno dopo il 31 dicembre 2012. Nel frattempo, si investe ancora troppo poco nell’integrazione professionale degli stranieri, spesso tenuti per mesi in una sorta di “isolamento” sociale e nell’impossibilità di trovare un lavoro regolare. Restano controversi i rapporti marittimi tra Italia e Libia e la politica dei respingimenti continua a negare, di fatto, quel diritto all’asilo che le tutte le nazioni europee hanno formalmente sottoscritto.


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