Meno iscritti, meno laureati, meno fondi e meno professori. Le università italiane sono in affanno. Lo denuncia il Cun, Consiglio universitario nazionale, in un documento rivolto all’attuale governo, al Parlamento e, in prossimità del voto, a tutte le forze politiche.
Radio Vaticana - 58mila studenti persi in dieci anni, come se a scomparire fosse stata l’intera Statale di Milano. La denuncia del Consiglio universitario nazionale riguarda tutto il territorio italiano e quasi tutte le università. Ad oggi gli immatricolati sono poco più di 280mila. Le iscrizioni sono calate del 4% in tre anni. Rispetto alla media europea l’Italia, quanto a laureati, è al penultimo posto: al 34.mo su 36 Paesi. Anche per ciò che riguarda i fondi le università italiane hanno il segno meno. Dal 2009 il fondo di finanziamento ordinario è calato del 5% annualmente, impedendo a molte università di programmare didattica e ricerca. Altra nota amara: le borse di studio. Il fondo nazionale per finanziarle è stato ridotto, e se nel 2009 copriva l’84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 solo il 75. Innumerevoli i corsi eliminati, e non per una razionalizzazione dei costi, quanto per aver pesantemente ridotto il personale docente, sceso del 22% in sei anni. “L’Italia sta rinunciando a formare i suoi giovani”, ha spiegato il presidente del Cun, Andrea Lenzi, che avverte: “Investire nella formazione delle future generazioni è fondamentale, perché l’università è l’unica istituzione pubblica che crea le competenze per la classe dirigente di un Paese democratico, moderno ed evoluto”.
Radio Vaticana - 58mila studenti persi in dieci anni, come se a scomparire fosse stata l’intera Statale di Milano. La denuncia del Consiglio universitario nazionale riguarda tutto il territorio italiano e quasi tutte le università. Ad oggi gli immatricolati sono poco più di 280mila. Le iscrizioni sono calate del 4% in tre anni. Rispetto alla media europea l’Italia, quanto a laureati, è al penultimo posto: al 34.mo su 36 Paesi. Anche per ciò che riguarda i fondi le università italiane hanno il segno meno. Dal 2009 il fondo di finanziamento ordinario è calato del 5% annualmente, impedendo a molte università di programmare didattica e ricerca. Altra nota amara: le borse di studio. Il fondo nazionale per finanziarle è stato ridotto, e se nel 2009 copriva l’84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 solo il 75. Innumerevoli i corsi eliminati, e non per una razionalizzazione dei costi, quanto per aver pesantemente ridotto il personale docente, sceso del 22% in sei anni. “L’Italia sta rinunciando a formare i suoi giovani”, ha spiegato il presidente del Cun, Andrea Lenzi, che avverte: “Investire nella formazione delle future generazioni è fondamentale, perché l’università è l’unica istituzione pubblica che crea le competenze per la classe dirigente di un Paese democratico, moderno ed evoluto”.
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