Alcune considerazioni sul fine vita e sul suo inizio. Cos’è l’accanimento terapeutico e cosa l’embrione: tutto dipende dall’esatta definizione di 'persona'
Maria Luisa Di Pietro, professoressa associata di Bioetica presso l'Università Cattolica S. Cuore di Roma, presidente nazionale dell’Associazione Scienza&Vita, nelle conferenze tenute in questi ultimi anni su temi di bioetica ha precisato più volte il concetto di dignità della persona umana e quello di accanimento terapeutico. La studiosa ha messo in evidenza l’importanzadella esatta definizione dei concetti. In particolare nel 2009 diceva che “non si può dare significati differenti allo stesso oggetto perché significherebbe condizionare la mente delle persone”. Ha così fatto l’esempio dell’episodio di ‘Alice nel paese delle meraviglie’ dove viene espresso il concetto della dittatura delle parole: “Quando io mi servo di una parola - rispose Humpty Dumpty ad Alice oltre lo specchio - quella parola significa quello che piace a me né più né meno”. “Il problema è – insistette Alice – se si può dare alle parole significati così differenti”. “Il problema è – disse Humpty Dumpty – chi è il padrone?”.
A proposito della giusta definizione di dignità della persona, la professoressa Di Pietro ha sottolineato non l’accezione di un valore attribuito dall’esterno, dove la società stabilisce le condizioni a partire dalle quali la vita umana sia ‘degna’, con tutto quello che ne deriva. Piuttosto ha ribadito che la dignità della persona è un valore intrinseco all’uomo, “è la preziosità che un essere umano ha semplicemente perché è uomo e non per virtù o ceto sociale”. “La dignità - ha continuato la Di Pietro – in tal senso inerisce all’uomo per natura. La dignità non è quindi un diritto ma il fondamento dei diritti inalienabili dell’essere umano”.
Per quanto riguarda il concetto di accanimento terapeutico, la presidente nazionale di Scienza&Vita ha sostanzialmente affermato che “tra i criteri che vengono utilizzati per valutare se una terapia è o meno proporzionata vi sono: il tipo di terapia; la proporzione tra mezzo e fine perseguito; il grado di difficoltà e il rischio; la possibilità di applicazione; le condizioni generali del malato (fisiche, psichiche, morali). Qualora un intervento si configurasse come un accanimento terapeutico è doveroso sospenderlo, mentre si continueranno le cure normali, la palliazione del dolore, l’alimentazione e l’idratazione. Da ciò si evince che non è possibile stabilire una regola valida per tutti i casi clinici, senza conoscere le condizioni del paziente e il suo decorso clinico. Che si tratti o meno di accanimento terapeutico va valutato caso per caso, anche nell’ipotesi in cui i pazienti in esame fossero affetti dalla stessa patologia. Vi è, allora, il timore che un’indicazione generica e non contestualizzata apra la strada a forme non di evitamento dell’accanimento terapeutico bensì di sostegno ad azioni eutanasiche di tipo omissivo”.
In altri interventi la Di Pietro ha affermato che “la seconda metà del ventesimo secolo è stato ed è un periodo di grandi conquiste scientifiche e tecnologiche che hanno aperto nuove strade per migliorare le condizioni di vita dell’uomo, ma è evidente che la scienza e la tecnologia possono, ritorcersi contro l’uomo e contro la natura”. La professoressa ha ribadito spesso che “parlare di embrioni umani e negare che, pur avendo natura umana, siano trattati come ‘persone’, significa cercare una giustificazione per poterli privare – senza rimorsi – di quella tutela a cui hanno diritto. La divisione tra essere umano ed essere personale ha portato, come logica conseguenza, al riduzionismo biologico dell’essere umano, considerato un agglomerato di cellule e di geni, privato della sua natura d’essere: l’uomo può essere trattato come qualsiasi altra specie vivente, anche di un livello molto basso di evoluzione”.
La professoressa Di Pietro ha insomma sempre sottolineato in questi ultimi anni che “è la persona che interviene su un bene che non ha posto nel mondo e su leggi ed equilibri che la precedono e la coinvolgono; è la persona che, qualora il suo operare coinvolga altri esseri viventi, ha una responsabilità che non può essere assoggettata soltanto alle leggi dell’avere, del produrre e del mercato; è la persona che deve ridivenire capace di ‘vedere’ la natura, di ‘sentirla’, uscendo dall’attuale visione tecnomorfica”.
In conclusione la Presidente di “Scienza & Vita” dichiara da sempre che “lasciarsi guidare da una immagine integrale dell’uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere, è il vero modo di vivere la libertà. Se si perde questa consapevolezza, si corre il grande rischio di arrivare alla negazione e alla distruzione della stessa umanità”.
di Carlo Mafera
Maria Luisa Di Pietro, professoressa associata di Bioetica presso l'Università Cattolica S. Cuore di Roma, presidente nazionale dell’Associazione Scienza&Vita, nelle conferenze tenute in questi ultimi anni su temi di bioetica ha precisato più volte il concetto di dignità della persona umana e quello di accanimento terapeutico. La studiosa ha messo in evidenza l’importanzadella esatta definizione dei concetti. In particolare nel 2009 diceva che “non si può dare significati differenti allo stesso oggetto perché significherebbe condizionare la mente delle persone”. Ha così fatto l’esempio dell’episodio di ‘Alice nel paese delle meraviglie’ dove viene espresso il concetto della dittatura delle parole: “Quando io mi servo di una parola - rispose Humpty Dumpty ad Alice oltre lo specchio - quella parola significa quello che piace a me né più né meno”. “Il problema è – insistette Alice – se si può dare alle parole significati così differenti”. “Il problema è – disse Humpty Dumpty – chi è il padrone?”.
A proposito della giusta definizione di dignità della persona, la professoressa Di Pietro ha sottolineato non l’accezione di un valore attribuito dall’esterno, dove la società stabilisce le condizioni a partire dalle quali la vita umana sia ‘degna’, con tutto quello che ne deriva. Piuttosto ha ribadito che la dignità della persona è un valore intrinseco all’uomo, “è la preziosità che un essere umano ha semplicemente perché è uomo e non per virtù o ceto sociale”. “La dignità - ha continuato la Di Pietro – in tal senso inerisce all’uomo per natura. La dignità non è quindi un diritto ma il fondamento dei diritti inalienabili dell’essere umano”.
Per quanto riguarda il concetto di accanimento terapeutico, la presidente nazionale di Scienza&Vita ha sostanzialmente affermato che “tra i criteri che vengono utilizzati per valutare se una terapia è o meno proporzionata vi sono: il tipo di terapia; la proporzione tra mezzo e fine perseguito; il grado di difficoltà e il rischio; la possibilità di applicazione; le condizioni generali del malato (fisiche, psichiche, morali). Qualora un intervento si configurasse come un accanimento terapeutico è doveroso sospenderlo, mentre si continueranno le cure normali, la palliazione del dolore, l’alimentazione e l’idratazione. Da ciò si evince che non è possibile stabilire una regola valida per tutti i casi clinici, senza conoscere le condizioni del paziente e il suo decorso clinico. Che si tratti o meno di accanimento terapeutico va valutato caso per caso, anche nell’ipotesi in cui i pazienti in esame fossero affetti dalla stessa patologia. Vi è, allora, il timore che un’indicazione generica e non contestualizzata apra la strada a forme non di evitamento dell’accanimento terapeutico bensì di sostegno ad azioni eutanasiche di tipo omissivo”.
In altri interventi la Di Pietro ha affermato che “la seconda metà del ventesimo secolo è stato ed è un periodo di grandi conquiste scientifiche e tecnologiche che hanno aperto nuove strade per migliorare le condizioni di vita dell’uomo, ma è evidente che la scienza e la tecnologia possono, ritorcersi contro l’uomo e contro la natura”. La professoressa ha ribadito spesso che “parlare di embrioni umani e negare che, pur avendo natura umana, siano trattati come ‘persone’, significa cercare una giustificazione per poterli privare – senza rimorsi – di quella tutela a cui hanno diritto. La divisione tra essere umano ed essere personale ha portato, come logica conseguenza, al riduzionismo biologico dell’essere umano, considerato un agglomerato di cellule e di geni, privato della sua natura d’essere: l’uomo può essere trattato come qualsiasi altra specie vivente, anche di un livello molto basso di evoluzione”.
La professoressa Di Pietro ha insomma sempre sottolineato in questi ultimi anni che “è la persona che interviene su un bene che non ha posto nel mondo e su leggi ed equilibri che la precedono e la coinvolgono; è la persona che, qualora il suo operare coinvolga altri esseri viventi, ha una responsabilità che non può essere assoggettata soltanto alle leggi dell’avere, del produrre e del mercato; è la persona che deve ridivenire capace di ‘vedere’ la natura, di ‘sentirla’, uscendo dall’attuale visione tecnomorfica”.
In conclusione la Presidente di “Scienza & Vita” dichiara da sempre che “lasciarsi guidare da una immagine integrale dell’uomo, che rispetti tutte le dimensioni del suo essere, è il vero modo di vivere la libertà. Se si perde questa consapevolezza, si corre il grande rischio di arrivare alla negazione e alla distruzione della stessa umanità”.
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