Sono atterrati nella notte i primi elicotteri francesi e dalle prime ore del giorno i soldati dell’operazione Serval si stanno posizionando sull’aeroporto di Kidal, il terzo capoluogo settentrionale, mentre sono in corso voli di ricognizione sopra la zona ancora in mano ai gruppi armati islamisti e tuareg.
Misna - Lo riferiscono fonti concordanti della stampa maliana e dello stato maggiore dell’esercito francese, aggiungendo che i nuovi sviluppi sul terreno seguono di poche ore la riconquista lampo, in meno di 48 ore, delle altre due principali città dell’Azawad, Gao e Timbuctù, da parte dei militari maliani, francesi e africani.
Kidal, 1500 chilometri dalla capitale, e la sua regione, all’estremo nord-est del Mali, confinante con l’Algeria, sono il feudo degli islamisti di Ansar Al Din che ne hanno preso il controllo lo scorso aprile. Tuttavia, in un comunicato diffuso nei giorni scorsi, un gruppo dissidente, il Movimento islamico dell’Azawad (Mia), nato dalla scissione con Ansar Al Din, sosteneva di essere in posizione dominante a Kidal e assicurava di volersi adoperare per una soluzione pacifica della crisi. Fonti di stampa francesi hanno riferito che in queste ore un presunto capo locale del Mia starebbe già trattando con i soldati dell’ex potenza coloniale. Nel capoluogo potrebbero ancora essere presenti elementi tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), che in una recente nota avvertivano della necessità di “proteggere la locale comunità tuareg da future esazioni che l’esercito maliano rischia di commettere quando entrerà a Kidal”, Per timori di scontri, bombardamenti e violazioni dei propri diritti, negli ultimi giorni centinaia di persone sono scappate da Kidal per rifugiarsi in remoti villaggi nei pressi del confine dell’Algeria. L’ingente spostamento di sfollati è stato confermato dall’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Acnur).
Di esazioni, violenze e gravi violazioni dei diritti umani ai danni della comunità araba si è tornato a parlare nelle ultime ore dopo le scene di saccheggi su vasta scala che si sono verificate a Timbuctù, poche ore dopo la ‘liberazione’ del capoluogo. I proprietari maliani, ma anche algerini e mauritani, di decine di negozi hanno visto le proprie attività saccheggiate e distrutte da una folla di persone che li accusava di aver dato sostegno ai gruppi armati durante i mesi dell’occupazione. Diverse organizzazioni di difesa dei diritti umani, tra cui Human Rights Watch, hanno avvertito degli “elevati rischi di tensioni interetniche nel nord, dove storicamente la rivalità è molto forte tra le minoranze arabe e tuareg spesso assimilate agli islamici, e la maggioranza nera”. Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), la gambiana Fatou Bensouda, ha messo in guardia le autorità di Bamako, invitandole a “porre fine immediatamente a esazioni commesse dai soldati maliani, che ci sono già state denunciate” e a “aprire inchieste a carico dei responsabili”. Da Parigi il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha auspicato “l’invio in tempi rapidi di osservatori internazionali per assicurarsi del rispetto dei diritti umani di tutti i gruppi”.
Dopo i celeri sviluppi sul fronte che stanno consentendo al Mali di recuperare progressivamente la propria integrità territoriale, a Bamako le istituzioni di transizione guardano già oltre il conflitto militare per concentrarsi sul difficile processo politico. Ieri, al termine di un lungo dibattito, all’unanimità i 139 deputati dell’Assemblea nazionale hanno approvato la ‘road map’ di transizione presentata dal primo ministro Diango Cissoko. Il testo, adottato la scorsa settimana dal consiglio dei ministri, prevede di organizzare elezioni una volta completata la riconquista dell’intero territorio nazionale. La ‘tabella di marcia’ dell’esecutivo insiste inoltre sulla necessità di organizzare un voto trasparente grazie all’introduzione di documenti elettorali biometrici, di lottare alla corruzione, di difendere la laicità dello Stato e tutelare i diritti umani. Secondo alcuni osservatori l’agenda politica dell’esecutivo maliano – la cui attuazione avrà un costo stimato in 112 miliardi di franchi cfa – dovrà essere sostenuta dalla comunità internazionale così come l’organizzazione di elezioni generali. L’inviato speciale dell’Onu per il Sahel, Romano Prodi, ha incoraggiato il governo di Bamako a “cominciare sin d’ora la preparazione dei registri elettorali con il sostegno delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana e della Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale”.
Alla conferenza dei donatori internazionali tenuta ieri ad Addis Abeba, il presidente ad interim Dioncounda Traoré si era impegnato a convocare l’appuntamento con le urne entro il 31 luglio. Nella capitale, gli sguardi di quelle migliaia di sfollati che mesi fa erano stati costretti a scappare dalle città di origine, abbandonando casa e lavoro, sono puntati verso il nord. In particolare i residenti della città sacra, patrimonio dell’umanità, intendono rientrare quanto prima a Timbuctù, ma per molti di loro il costo del biglietto dell’autobus, 15.000 franchi cfa (circa 20 euro), è proibitivo e sperano in un sostegno economico da parte delle autorità.
Misna - Lo riferiscono fonti concordanti della stampa maliana e dello stato maggiore dell’esercito francese, aggiungendo che i nuovi sviluppi sul terreno seguono di poche ore la riconquista lampo, in meno di 48 ore, delle altre due principali città dell’Azawad, Gao e Timbuctù, da parte dei militari maliani, francesi e africani.
Kidal, 1500 chilometri dalla capitale, e la sua regione, all’estremo nord-est del Mali, confinante con l’Algeria, sono il feudo degli islamisti di Ansar Al Din che ne hanno preso il controllo lo scorso aprile. Tuttavia, in un comunicato diffuso nei giorni scorsi, un gruppo dissidente, il Movimento islamico dell’Azawad (Mia), nato dalla scissione con Ansar Al Din, sosteneva di essere in posizione dominante a Kidal e assicurava di volersi adoperare per una soluzione pacifica della crisi. Fonti di stampa francesi hanno riferito che in queste ore un presunto capo locale del Mia starebbe già trattando con i soldati dell’ex potenza coloniale. Nel capoluogo potrebbero ancora essere presenti elementi tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), che in una recente nota avvertivano della necessità di “proteggere la locale comunità tuareg da future esazioni che l’esercito maliano rischia di commettere quando entrerà a Kidal”, Per timori di scontri, bombardamenti e violazioni dei propri diritti, negli ultimi giorni centinaia di persone sono scappate da Kidal per rifugiarsi in remoti villaggi nei pressi del confine dell’Algeria. L’ingente spostamento di sfollati è stato confermato dall’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Acnur).
Di esazioni, violenze e gravi violazioni dei diritti umani ai danni della comunità araba si è tornato a parlare nelle ultime ore dopo le scene di saccheggi su vasta scala che si sono verificate a Timbuctù, poche ore dopo la ‘liberazione’ del capoluogo. I proprietari maliani, ma anche algerini e mauritani, di decine di negozi hanno visto le proprie attività saccheggiate e distrutte da una folla di persone che li accusava di aver dato sostegno ai gruppi armati durante i mesi dell’occupazione. Diverse organizzazioni di difesa dei diritti umani, tra cui Human Rights Watch, hanno avvertito degli “elevati rischi di tensioni interetniche nel nord, dove storicamente la rivalità è molto forte tra le minoranze arabe e tuareg spesso assimilate agli islamici, e la maggioranza nera”. Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), la gambiana Fatou Bensouda, ha messo in guardia le autorità di Bamako, invitandole a “porre fine immediatamente a esazioni commesse dai soldati maliani, che ci sono già state denunciate” e a “aprire inchieste a carico dei responsabili”. Da Parigi il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha auspicato “l’invio in tempi rapidi di osservatori internazionali per assicurarsi del rispetto dei diritti umani di tutti i gruppi”.
Dopo i celeri sviluppi sul fronte che stanno consentendo al Mali di recuperare progressivamente la propria integrità territoriale, a Bamako le istituzioni di transizione guardano già oltre il conflitto militare per concentrarsi sul difficile processo politico. Ieri, al termine di un lungo dibattito, all’unanimità i 139 deputati dell’Assemblea nazionale hanno approvato la ‘road map’ di transizione presentata dal primo ministro Diango Cissoko. Il testo, adottato la scorsa settimana dal consiglio dei ministri, prevede di organizzare elezioni una volta completata la riconquista dell’intero territorio nazionale. La ‘tabella di marcia’ dell’esecutivo insiste inoltre sulla necessità di organizzare un voto trasparente grazie all’introduzione di documenti elettorali biometrici, di lottare alla corruzione, di difendere la laicità dello Stato e tutelare i diritti umani. Secondo alcuni osservatori l’agenda politica dell’esecutivo maliano – la cui attuazione avrà un costo stimato in 112 miliardi di franchi cfa – dovrà essere sostenuta dalla comunità internazionale così come l’organizzazione di elezioni generali. L’inviato speciale dell’Onu per il Sahel, Romano Prodi, ha incoraggiato il governo di Bamako a “cominciare sin d’ora la preparazione dei registri elettorali con il sostegno delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana e della Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale”.
Alla conferenza dei donatori internazionali tenuta ieri ad Addis Abeba, il presidente ad interim Dioncounda Traoré si era impegnato a convocare l’appuntamento con le urne entro il 31 luglio. Nella capitale, gli sguardi di quelle migliaia di sfollati che mesi fa erano stati costretti a scappare dalle città di origine, abbandonando casa e lavoro, sono puntati verso il nord. In particolare i residenti della città sacra, patrimonio dell’umanità, intendono rientrare quanto prima a Timbuctù, ma per molti di loro il costo del biglietto dell’autobus, 15.000 franchi cfa (circa 20 euro), è proibitivo e sperano in un sostegno economico da parte delle autorità.
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