sabato, gennaio 12, 2013
Ricordi e commenti sul grande Concilio del presidente dell’Accademia Pontificia Ecclesiastica

di Carlo Mafera

Monsignor Mullor, presidente dell’Accademia Pontificia Ecclesiastica, ha messo in evidenza qualche giorno fa all’ambasciata di Spagna numerosi ricordi sul Concilio Vaticano II: “Per me e gli altri, il concilio costituì una grazia molto particolare e tangibile. Ciò perché negli anni ’50 molti ecclesiastici e laici aspettavano dalla Chiesa gesti riformatori e più vicini al Vangelo che certe vecchie tradizioni storiche e sociali”. C’era, ha aggiunto, il desiderio di una Chiesa purificata, poiché il potere mondano è sempre stato una tentazione, e il Concilio definì le sfide che si erano presentate.

Mullor ha precisato inoltre che “molti commentatori si sono dimenticati che le due costituzioni dogmatiche del Vaticano II (Lumen Gentium e Dei Verbum) hanno proiettato la loro luce chiarificatrice su tutti gli altri testi ufficiali”. Per questo motivo il Concilio del XX secolo non fu solamente pastorale. La prima e la più importante, la Lumen Gentium, ha dato impulso a nuove realtà pastorali nella Chiesa, come la prelatura personale dell’Opus Dei, il movimento dei Focolari, Comunione e Liberazione, il Cammino Neocatecumenale, tutte realtà nate prima del Concilio ma che dimostrarono di comprendere il messaggio globale del Vaticano II “fuori dagli schemi conservatori o progressisti, più consoni a politiche contingenti che alla realtà vincolata alla vita religiosa”.

La seconda, la Dei Verbum, è stata l’eco positivo del Vaticano II che generò l’aumento dei rappresentanti diplomatici presso la Santa Sede e di nunzi nei vari paesi, come registrano i dati e come testimoniano diversi ambasciatori e capi di Stato: dalle 19 sedi diplomatiche accreditate presso la Santa Sede all’epoca dell’unità d’Italia e della caduta degli Stati Pontifici alle 178 di oggi, cui si aggiungono 18 missioni pontificie che, assieme alle delegazioni internazionali, diventano 40.

Tutti effetti positivi del Concilio, che rappresentano per la Chiesa “un impulso a vivere i valori fondamentali proposti per il Vangelo”, e che sono oggi una novità positiva a molte latitudini. Senza negare, con questo, situazioni negative come il calo delle vocazioni religiose e l’insensibilità di paesi di tradizione cristiana, che comunque non intralciarono le dinamiche del Vaticano II.

La crisi post-conciliare - ha precisato l’arcivescovo in conclusione - fu causata indubbiamente da forti influenze esterne e da “settori della chiesa stessa dubbiosi di fronte ai grandi cambiamenti proposti dal Concilio”. Cambiamenti indicati nella Lumen Gentium con la sua chiara e doppia apertura: quella alla santità personale, rivolta a tutti i battezzati, e quella al dialogo con i credenti dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Già in altre occasioni mons. Mullor aveva espresso la sua posizione sull’inutilità di un Concilio Vaticano III, date le risonanze e i riscontri della Lumen Gentium proprio presso i Gentili, cioè verso quei laici più rappresentativi di tutti i popoli della terra: “Il primo Presidente di una Repubblica baltica, considerata per oltre mezzo secolo repubblica sovietica, e prima occupata dalle truppe di Hitler, mi disse: Il ristabilimento dei rapporti diplomatici con la Santa Sede costituisce per noi una garanzia di libertà. Prima si era dichiarato agnostico. Malgrado tutti i limiti degli uomini che possono rappresentare - aggiunse testualmente - in ultima analisi, tutti loro portano un'ondata di ‘aria evangelica’, e il Vangelo - anche per me, agnostico - rappresenta la massima rivoluzione della storia umana. Altre religioni insistono sulle idee, la tradizione o sulla forza; il cattolicesimo guarda all'uomo, al suo sviluppo e alle sue potenzialità di bene. La ricchezza dei santi, anche se si contano soltanto per alcune migliaia, è un invito alla perfezione anche umana. Da sempre, il cristianesimo non si è presentato come una religione intimista; il cristianesimo è anche sociale. Un’altra testimonianza: un presidente latinoamericano, anche lui dichiaratamente agnostico, mi confidò: la diplomazia della Santa Sede è una diplomazia antropologica e rappresenta un ideale anche umano: quello della fraternità universale. Mi sono sentito arricchito nei miei incontri con il Papa - che era Giovanni Paolo II - e con i suoi rappresentanti. Soltanto la Chiesa cattolica ha avuto il coraggio di indire un avvenimento di così grande portata, anche sociale e politico, come il Concilio Vaticano II. E ancora un’altra confidenza… Uno dei più prestigiosi Presidenti africani - che era stato membro di diversi governi presieduti dal Generale De Gaulle - mi fece questa sorprendente affermazione: “Privi eventualmente di rapporti diplomatici con la Sante Sede, i paesi del primo e del secondo mondo (eravamo ai tempi della "guerra fredda), possono essere guerci; senza l'aiuto della diplomazia pontificia, i paesi del terzo mondo possono diventare ciechi... Poi, mi spiegò - forse esagerando intenzionalmente - che soltanto nei contatti con la Santa Sede i paesi in via di sviluppo si sentivano pienamente membri della comunità internazionale; quasi tutti i grandi paesi li consideravano come riserva di materie prime...”.

Sempre Mullor ricordo un’altra confidenza, “quella di un amico ebreo, membro di una diplomazia occidentale, che considero particolarmente significativa. La vostra - mi disse con un sorriso intelligente e complice - è in fondo la diplomazia dei Dieci Comandamenti... Io dovetti aggiungere: Dei Dieci Comandamenti, di tutti i Profeti d'Israele e dei Quattro Vangeli!”.

“Gli apprezzamenti che precedono - e tanti altri che potrebbero essere aggiunti - mostrano che la nostra diplomazia, oltre che etica, anzi ispirata alla morale ebreo-cristiana, è anche antropologica - ha più volte affermato l’emerito presidente della Pontificia Accademia - Se mi permettete, dirò pure che la nostra diplomazia funge da coscienza internazionale. Specie nel fornire in anni recenti un complemento formativo e informativo ai futuri diplomatici della Santa Sede - che ho preferito chiamare semplicemente futuri servitori petrini - molte volte mi sono domandato se la nostra diplomazia non è un mistero: una ‘realtà mondana ed ecclesiale’ - nel senso di utile al mondo ed anche la missione della Chiesa - permessa dalla Provvidenza in vista dei tempi globali e complessi che stiamo ora vivendo”.

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