venerdì, gennaio 04, 2013
Peter Wadhams è convinto che entro il 2015 i ghiacci marini in estate scompariranno da tutto l’Artico 

GreenReport - Geophisical Research Letters ha pubblicato lo studio "Changes in Arctic sea ice result in increasing light transmittance and absorption" nel quale 4 ricercatori dell'Alfred-Wegener-Institut für Polar-und Meeresforschung (AwiI) e del Department of aerospace engineering sciences dell'università del Colorado sottolineano che «Nell'ultima decade, il ghiaccio marino artico è diminuito e diventato più sottile e più giovane (più stagionale). Una conseguenza di ciò è che il bilancio energetico della superficie del Mar Glaciale Artico sta cambiando». Il team tedesco-statunitense sottolinea che «Mentre il ruolo dell'albedo di superficie è stato studiato intensamente, è ancora ampiamente sconosciuta la quantità di luce che penetra attraverso il ghiaccio marino nell'oceano superiore, che interessa il bilancio della massa del ghiaccio marino, gli ecosistemi ed i processi geochimici».

Lo studio presenta la prima misurazione su vasta scala della luce sotto il ghiaccio, realizzata dalla nave da ricerca Polarstern con radiometri spettrali montati su un su un remotely operated vehicle (Rov) inviato sotto la banchisa artica durante l'estate del 2012.

I dati raccolti dalla spedizione scientifica sono stati utilizzati per produrre una mappa della distribuzione della luce nel mare ghiacciato estivo dell'Artico e lo studio afferma: «I nostri risultati dimostrano che la trasmittanza attraverso il ghiaccio di un anno (FYI, 0,11) è quasi tre volte superiore a quella con ghiaccio pluriennale (MYI, 0,04), e che questo è in gran parte causato dalla maggiore fusione della copertura del FYI (42 contro 23%). Anche l'assorbimento di energia era del 50% più grande nel FYI che nel MYI». Le osservazioni del ghiaccio marino hanno quindi rivelato un aumento dei cambiamenti e che la quantità di luce che penetra nel Mar Glaciale Artico aumenta lo scioglimento del ghiaccio marino, interessando anche gli ecosistemi della parte superiore dell'oceano.

Quindi più il ghiaccio è recente più permette alla luce di penetrare nell'acqua, innescando un maggiore riscaldamento degli oceani che a sua volta produce un maggiore scioglimento dei ghiacci marini. Un altro ed inaspettato ciclo di feedback climatico che aumenta la riduzione del ghiaccio marino artico e che si aggiunge e modifica il meccanismo del feedback (riflettività), visto che la riduzione del ghiaccio marino riduce l'albedo. Il mare così assorbe più energia e c'è una maggiore fusione del ghiaccio marino.

Secondo i ricercatori dell'Awi che hanno partecipato alla spedizione artica, «I rapidi cambiamenti nell'Artico non si possono perciò limitare alla superficie del mare: «L'acqua dell'Atlantico che scorre nell'Artico ad una profondità di diverse centinaia di metri aveva una temperatura ed una salinità elevata che poteva essere misurata fino a una profondità di diverse migliaia di metri nei bacini artici. Le immagini e le misurazioni del fondo del mare hanno dimostrato per la prima volta che il mare profondo dell'Artico centrale non è un deserto, ma che spesso vi si affollano oloturie, spugne, stelle e anemoni di mare che si riuniscono per nutrirsi di alghe marine. Le temperature calde, la ritirata dei ghiacci e la maggiore disponibilità di luce sotto il ghiaccio provocano lo slittamento della stagionalità dell'Artico centrale. La produzione e l'esportazione di alghe avviene prima rispetto agli anni precedenti, come dimostrano i risultati dei sedimenti prelevati ogni anno».

Grazie al ghiaccio estremamente sottile ed alla fusione record, la Polarstern nell'estate 2012 è stata in grado di penetrare più a nord dell'anno del solito, raccogliendo così dati importanti all'inizio del periodo di congelamento. Gli scienziati tedeschi sottolineano che «Le misurazioni sul nuovo ghiaccio sottile sono importanti, perché questo tipo di ghiaccio marino sarà sempre più frequente in futuro».

Dopo il record negativo raggiunto nel settembre 2012, la riduzione della superficie e dello spessore della banchisa artica sembra ormai aver intrapreso una spirale verso il basso, ma i dati mostrano che il ghiaccio estivo marino artico non svanirà del tutto per almeno 20 o 30 anni. Un altro studio (A sea ice free summer Arctic within 30 years: An update from CMIP5 models) pubblicato nel 2012 dai ricercatori dell'Atmosphere and ocean dell'università di Washington e della Noaa evidenziava che «L'intervallo del range di un mare artico quasi privo di ghiaccio marino è da 14 a 36 anni, con un valore mediano di 28 anni. In relazione ad una baseline del 2007, questo suggerisce una mare artico quasi privo di ghiaccio nel 2030».

Ma le osservazioni sul posto mostrano un fenomeno molto più veloce dei modelli al computer. Secondo quanto ha scritto a LiveScience Michael Mann, della Pennsylvania State university, «Il declino del ghiaccio marno è un buon esempio di uno degli ambiti nei quali le proiezioni sono troppo prudenziali, vale a dire dove il calo osservato è decenni di anticipo rispetto alle proiezioni dei modelli» e uno dei più noto esperti di ghiaccio marino, Peter Wadhams dell'Università di Cambridge, è convinto che entro il 2015 o il 2016 i ghiacci marini in estate scompariranno da tutto l'Artico.


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