mercoledì, gennaio 09, 2013
Dalla Nigeria all’Italia passando per la Libia. E’ la nuova rotta dello sfruttamento delle donne vittime della prostituzione.  

Radio Vaticana - Una volta arrivate, con la promessa di un lavoro, vengono ricattate e costrette ad esporsi in vendita come merce sulle strade. Le ragazze sfruttate sono quasi l’80% del totale delle donne che si prostituiscono, lo dichiara l’ultimo rapporto annuale dell’Associazione “Amici di Lazzaro”, che da molti anni contrasta il fenomeno della prostituzione. Alessandro Filippelli ha intervistato Paolo Botti, responsabile dell’organizzazione: ascolta

R. – La situazione che noi incontriamo, soprattutto in strada, è di varie centinaia di ragazze – quest’anno ne abbiamo incontrate 400: noi seguiamo soprattutto la prostituzione nigeriana; l’80 per cento di queste sono sfruttate. Poi c’è un 20 per cento che è fatto di prostituzione di ritorno, nel senso che sono ragazze che sono state sfruttate anni fa, si erano sistemate e adesso, per la crisi, sono disperate e quindi le chiamiamo “sfruttate dalla povertà”. Quindi sono ragazze che comunque in precedenza sono state vittime di sfruttamento, si sono liberate, hanno finito di pagare gli sfruttatori che alla fine le hanno lasciate libere e poi, però, si sono trovate senza mezzi culturali per trovarsi un lavoro. Quindi, ragazze con bassissima scolarizzazione, ragazze analfabete, ragazze senza possibilità di inserirsi bene nella nostra società.

D. – Quali sono le condizioni di sfruttamento a cui vengono sottoposte queste giovani donne?

R. – Lo sfruttamento delle nigeriane in genere avviene con un accordo che si fa in Nigeria, addirittura con le famiglie delle ragazze. Si dice loro: vieni in Italia, portiamo tua figlia in Italia, le troviamo un lavoro con il quale potrà sistemare aiutare tutta la famiglia allargata in Africa. E poi, quando questo patto viene siglato e le ragazze arrivano in Europa, in Italia vengono poi costrette non a lavorare con un lavoro normale, ma vengono messe in strada con la minaccia sia delle ritorsioni sulla famiglia, sia su di loro – quindi, violenza concreta su di loro. Allo stesso tempo c’è anche questo patto che hanno fatto, che lega fermamente psicologicamente, spiritualmente agli sfruttatori, che è un rito voodoo: per noi è un rito lontano, incomprensibile ma per la tradizione africana è molto importante perché coinvolge moltissimo lo spirito e la psiche delle ragazze. Per questo, loro si sentono legate agli sfruttatori e li pagano per anni finché non riescono ad estinguere questo debito che gli sfruttatori impongono loro. A volte sono 50.000, 70.000, 80.000 euro …

D. – Qual è l’appoggio che l’Associazione offre affinché queste ragazze denuncino gli sfruttatori?

R. – Noi incontriamo le ragazze in strada. Spieghiamo loro le possibilità di essere aiutate, cioè: se una ragazze denuncia, noi spieghiamo che può ricevere il permesso di soggiorno, l’accoglienza in comunità di accoglienza – in Italia ce ne sono tantissime di ispirazione religiosa – e quindi la possibilità di avere un percorso di formazione. Il che significa imparare l’italiano, imparare un mestiere e poi trovare un lavoro. Quindi, la possibilità dell’accoglienza c’è; la difficoltà è convincerle a non avere più paura degli sfruttatori, delle ritorsioni su di loro.


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