Di fronte alla morte di una persona mancano le parole; la notizia della morte di un’artista come Mariangela Melato ha lasciato senza parole. Non solo per la perdita della persona ma per tutto quello che è riuscita a donare con la sua vita, grazie al mestiere dell’attore, con semplicità e umiltà.
di Monica Cardarelli
Questi giorni sono tante le interpretazioni di Mariangela Melato che tornano alla mente e che vengono riproposte. Dal film “Travolti da un insolito destino…” alla “Medea” di Euripide con la regia di Giancarlo Sepe o “Vestire gli ignudi” di Pirandello, fino alla recente “Filumena Marturano”… tante e tante ancora se ne potrebbero ricordare. Ogni volta che ci capita di ripensare ad un suo ruolo, quello che più colpisce è la ricchezza umana, prima che professionale, che ha saputo mettere in gioco. Perché l’attore non deve solo apprendere delle tecniche recitative ma deve scavare dentro di sé cercando tutte le sfumature, i colori dell’animo umano da vivere e comunicare al pubblico. Deve entrare nella vita degli altri, dei personaggi che interpreta, passando attraverso la propria vita e il proprio sentire, mediato dall’esperienza e da un talento naturale. In questo senso le tecniche sono sì importanti ma non bastano.
In questo sta la ricchezza dell’attore e del teatro in particolare, nel mettersi in gioco e nel ‘rappresentare’ la vita vivendola, comunicando lo spessore di umanità di cui tutti siamo portatori anche se non tutti riusciamo a trovare il modo di farlo. Mariangela Melato l’aveva trovato ed è riuscita ad ‘esserci’ senza imporsi; a farsi conoscere in tutto il mondo con semplicità e umiltà; a ‘toccare’ le corde dell’animo umano, anche le più dolorose… ma d’altronde il teatro è la vita.
Ripercorrere i suoi lavori, la sua formazione, la sua carriera artistica e i tanti momenti in cui ha tenuto alto il nome del nostro Paese nel panorama internazionale appare qui difficile e sicuramente riduttivo. Ancora una volta ci viene in aiuto il teatro, laddove mancano le parole. Ci piace infatti riportare le ultime parole di Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, che in punto di morte mantiene sempre la sua forza, onestà e speranza, perché alla fine ciò che possiamo lasciare è proprio la nostra ricchezza umana: “La menzogna? Tieni! Prendi! Il compromesso, il pregiudizio, la viltà…volete che venga a patti? Mai! Stupidità… lo so che alla fine l’avrete vinta voi, ma non m’importa; io mi batto! Mi batto! Mi batto! Sì, m’avete preso tutto: l’alloro e la rosa. Prendete! Prendete! Ma c’è qualcosa che porto con me, nonostante voi, qualcosa con cui stasera saluterò l’azzurra soglia del cielo nel presentarmi a Dio, qualcosa che non ha piega né macchia… qualcosa che… qualcosa… qualcosa che…”
di Monica Cardarelli
Questi giorni sono tante le interpretazioni di Mariangela Melato che tornano alla mente e che vengono riproposte. Dal film “Travolti da un insolito destino…” alla “Medea” di Euripide con la regia di Giancarlo Sepe o “Vestire gli ignudi” di Pirandello, fino alla recente “Filumena Marturano”… tante e tante ancora se ne potrebbero ricordare. Ogni volta che ci capita di ripensare ad un suo ruolo, quello che più colpisce è la ricchezza umana, prima che professionale, che ha saputo mettere in gioco. Perché l’attore non deve solo apprendere delle tecniche recitative ma deve scavare dentro di sé cercando tutte le sfumature, i colori dell’animo umano da vivere e comunicare al pubblico. Deve entrare nella vita degli altri, dei personaggi che interpreta, passando attraverso la propria vita e il proprio sentire, mediato dall’esperienza e da un talento naturale. In questo senso le tecniche sono sì importanti ma non bastano.
In questo sta la ricchezza dell’attore e del teatro in particolare, nel mettersi in gioco e nel ‘rappresentare’ la vita vivendola, comunicando lo spessore di umanità di cui tutti siamo portatori anche se non tutti riusciamo a trovare il modo di farlo. Mariangela Melato l’aveva trovato ed è riuscita ad ‘esserci’ senza imporsi; a farsi conoscere in tutto il mondo con semplicità e umiltà; a ‘toccare’ le corde dell’animo umano, anche le più dolorose… ma d’altronde il teatro è la vita.
Ripercorrere i suoi lavori, la sua formazione, la sua carriera artistica e i tanti momenti in cui ha tenuto alto il nome del nostro Paese nel panorama internazionale appare qui difficile e sicuramente riduttivo. Ancora una volta ci viene in aiuto il teatro, laddove mancano le parole. Ci piace infatti riportare le ultime parole di Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, che in punto di morte mantiene sempre la sua forza, onestà e speranza, perché alla fine ciò che possiamo lasciare è proprio la nostra ricchezza umana: “La menzogna? Tieni! Prendi! Il compromesso, il pregiudizio, la viltà…volete che venga a patti? Mai! Stupidità… lo so che alla fine l’avrete vinta voi, ma non m’importa; io mi batto! Mi batto! Mi batto! Sì, m’avete preso tutto: l’alloro e la rosa. Prendete! Prendete! Ma c’è qualcosa che porto con me, nonostante voi, qualcosa con cui stasera saluterò l’azzurra soglia del cielo nel presentarmi a Dio, qualcosa che non ha piega né macchia… qualcosa che… qualcosa… qualcosa che…”
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