Tiriamo un sospiro di sollievo quando risulta eletto un non concusso, un non corrotto, uno senza carichi pendenti per droga o associazione malavitosa e truffa ai danni dello Stato: un deputato dovrebbe invece conoscere i bisogni reali del Paese.
Città Nuova - Vorrebbero convincerci della loro buona volontà di cambiare, mostrandoci gli sforzi fatti per inserire nelle liste elettorali brave persone. Sì, secondo le dichiarazioni dei vari leader politici espresse in questi ultimi giorni, dovremmo compiacerci di questo sussulto di moralità. Difatti, non sono stati inseriti alcuni personaggi condannati, alcuni con processi in corso, alcuni altri di dubbia moralità. L’hanno chiamata così: operazione liste-pulite. D’impeto, verrebbe da replicare a questo can-can sugli onesti in Parlamento con un lapidario: «Ci mancherebbe altro!» Sia chiaro, infatti, che l’onestà è un requisito minimo del parlamentare. È come andare al ristorante e vedere che il proprietario si fa lustro della pulizia delle stoviglie con le quali mangeremo. Dovrebbe essere scontato. In politica invece no.
La nostra classe dirigente è spesso selezionata per requisiti come la fedina penale, i procedimenti in corso, e Berlusconi ogni tanto giustifica le sue amene scelte (soprattutto femminili) ricorrendo a dati curriculari validi per selezionare un impiegato qualsiasi (laureato a pieni voti, conosce le lingue…).
Tutto questo è assurdo, e rivela una distorta concezione della rappresentanza politica. Quando vediamo un parlamentare dovrebbe venirci in mente una persona capace di individuare i reali problemi di un intero Paese, col metro particolare di alcuni interessi che per condizione professionale, appartenenza sociale, collocazione territoriale, o altro, sono da lui portati avanti. Invece, nella nostra attuale e paradossale stagione politica, il parlamentare è inteso come un inguaiato che porta i guai esistenti nella società nelle aule rappresentative. Anzi, la nostra infausta legge elettorale chiede ai nostri rappresentanti l’urgente esercizio di baciare ogni mattina la sacra pantofola del segretario del partito (colui che ha il potere di inserirlo in una lista) e non di viaggiare lungo il territorio per conoscere i bisogni reali dei cittadini che dovrà andare a rappresentare. È evidente che ormai abbiamo un metro di giudizio ingolfato. Tiriamo un sospiro di sollievo quando – lo ripeto, con questa dannosa legge elettorale – risulta eletto un non concusso, non corrotto, senza carichi pendenti per droga, associazione malavitosa, truffa ai danni dello Stato. Ci accontentiamo di poco, perché abbiamo conosciuto momenti peggiori. E già che ci siamo, rimuoviamo anche il pregiudizio che, tutto sommato, la nostra classe politica è lo specchio della società che dovrebbe rappresentare. Non è vero. Alla prossima tornata elettorale potremo dimostrarlo.
(Nella foto, Nicola Cosentino, uno degli esclusi dal Pdl per le pendenze giudiziarie) Alberto Lo Presti
Città Nuova - Vorrebbero convincerci della loro buona volontà di cambiare, mostrandoci gli sforzi fatti per inserire nelle liste elettorali brave persone. Sì, secondo le dichiarazioni dei vari leader politici espresse in questi ultimi giorni, dovremmo compiacerci di questo sussulto di moralità. Difatti, non sono stati inseriti alcuni personaggi condannati, alcuni con processi in corso, alcuni altri di dubbia moralità. L’hanno chiamata così: operazione liste-pulite. D’impeto, verrebbe da replicare a questo can-can sugli onesti in Parlamento con un lapidario: «Ci mancherebbe altro!» Sia chiaro, infatti, che l’onestà è un requisito minimo del parlamentare. È come andare al ristorante e vedere che il proprietario si fa lustro della pulizia delle stoviglie con le quali mangeremo. Dovrebbe essere scontato. In politica invece no.
La nostra classe dirigente è spesso selezionata per requisiti come la fedina penale, i procedimenti in corso, e Berlusconi ogni tanto giustifica le sue amene scelte (soprattutto femminili) ricorrendo a dati curriculari validi per selezionare un impiegato qualsiasi (laureato a pieni voti, conosce le lingue…).
Tutto questo è assurdo, e rivela una distorta concezione della rappresentanza politica. Quando vediamo un parlamentare dovrebbe venirci in mente una persona capace di individuare i reali problemi di un intero Paese, col metro particolare di alcuni interessi che per condizione professionale, appartenenza sociale, collocazione territoriale, o altro, sono da lui portati avanti. Invece, nella nostra attuale e paradossale stagione politica, il parlamentare è inteso come un inguaiato che porta i guai esistenti nella società nelle aule rappresentative. Anzi, la nostra infausta legge elettorale chiede ai nostri rappresentanti l’urgente esercizio di baciare ogni mattina la sacra pantofola del segretario del partito (colui che ha il potere di inserirlo in una lista) e non di viaggiare lungo il territorio per conoscere i bisogni reali dei cittadini che dovrà andare a rappresentare. È evidente che ormai abbiamo un metro di giudizio ingolfato. Tiriamo un sospiro di sollievo quando – lo ripeto, con questa dannosa legge elettorale – risulta eletto un non concusso, non corrotto, senza carichi pendenti per droga, associazione malavitosa, truffa ai danni dello Stato. Ci accontentiamo di poco, perché abbiamo conosciuto momenti peggiori. E già che ci siamo, rimuoviamo anche il pregiudizio che, tutto sommato, la nostra classe politica è lo specchio della società che dovrebbe rappresentare. Non è vero. Alla prossima tornata elettorale potremo dimostrarlo.
(Nella foto, Nicola Cosentino, uno degli esclusi dal Pdl per le pendenze giudiziarie) Alberto Lo Presti
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È presente 1 commento
Bellissimo articolo , io oso porre l'attenzione su chi seleziona, dovrebbe essere il più "presentabile" ma chi ha escluso Cosentino (giustamente) non ha proprio mai nulla da rimproverarsi ? Siamo noi comuni mortali (oltre ai giudici di sinistra) a ravvisare qualche cosa che non va specie se pensiamo ai tre processi in corso?
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