Amnesty International ha dichiarato che la sentenza con cui, il 16 gennaio 2013, un tribunale russo ha respinto la richiesta di differimento della pena presentata da Maria Alekhina, una delle due cantanti del gruppo punk Pussy Riot attualmente in carcere, rafforza l'ingiustizia già applicata nei suoi confronti.
Amnesty - "Siamo di fronte a un ulteriore simulacro di giustizia. Anzitutto, le tre Pussy Riot non avrebbero mai dovuto essere processate. La sentenza di oggi conferma ulteriormente che le autorità russe non fanno sconti nella soppressione della libertà d'espressione" - ha dichiarato David Diaz-Jogeix, direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. "Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikova dovrebbero essere rilasciate immediatamente e senza condizioni e la condanna con sospensione della pena di Ekaterina Samutsevich dovrebbe essere annullata". Le tre donne, appartenenti al gruppo femminista Pussy Riot, erano state accusate di "vandalismo per motivi di odio religioso" dopo aver cantato un brano di protesta nella principale cattedrale ortodossa di Mosca, nel febbraio 2012. Le tre imputate erano state condannate a due anni di prigione in una colonia penale. In appello, la condanna di Ekaterina Samutsevich era stata sospesa.
Il tribunale municipale di Berezniki, nella regione di Perm, dove Maria Alekhina sta scontando la pena, ha rifiutato il deferimento della pena sostenendo che del fatto che la detenuta fosse una giovane madre era stato già tenuto conto nella sentenza di primo grado. Attualmente, è la nonna materna a prendersi cura del piccolo figlio di Maria Alekhina.
Analoga richiesta ha presentato, nell'ottobre 2012, Nadezhda Tolokonnikova.
"Il verdetto odierno è in linea con le politiche repressive delle autorità russe, che soffocano il dissenso a ogni costo" - ha sottolineato Diaz-Jogeix. "Per un'esibizione, rientrante chiaramente nel loro diritto alla libertà d'espressione, le tre cantanti hanno dovuto sopportare mesi di umiliazione e di sofferenza in prigione. Una situazione che è destinata a continuare per Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikova".
Secondo Amnesty International, il processo nei confronti delle tre Pussy Riot è stato politicamente motivato e le imputate sono state condannate ingiustamente per quella che dev'essere considerata una legittima, seppur potenzialmente offensiva, azione di protesta.
L'organizzazione ritiene che Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikova siano prigioniere di coscienza, detenute solo per l'espressione pacifica delle loro idee.
Amnesty - "Siamo di fronte a un ulteriore simulacro di giustizia. Anzitutto, le tre Pussy Riot non avrebbero mai dovuto essere processate. La sentenza di oggi conferma ulteriormente che le autorità russe non fanno sconti nella soppressione della libertà d'espressione" - ha dichiarato David Diaz-Jogeix, direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. "Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikova dovrebbero essere rilasciate immediatamente e senza condizioni e la condanna con sospensione della pena di Ekaterina Samutsevich dovrebbe essere annullata". Le tre donne, appartenenti al gruppo femminista Pussy Riot, erano state accusate di "vandalismo per motivi di odio religioso" dopo aver cantato un brano di protesta nella principale cattedrale ortodossa di Mosca, nel febbraio 2012. Le tre imputate erano state condannate a due anni di prigione in una colonia penale. In appello, la condanna di Ekaterina Samutsevich era stata sospesa.
Il tribunale municipale di Berezniki, nella regione di Perm, dove Maria Alekhina sta scontando la pena, ha rifiutato il deferimento della pena sostenendo che del fatto che la detenuta fosse una giovane madre era stato già tenuto conto nella sentenza di primo grado. Attualmente, è la nonna materna a prendersi cura del piccolo figlio di Maria Alekhina.
Analoga richiesta ha presentato, nell'ottobre 2012, Nadezhda Tolokonnikova.
"Il verdetto odierno è in linea con le politiche repressive delle autorità russe, che soffocano il dissenso a ogni costo" - ha sottolineato Diaz-Jogeix. "Per un'esibizione, rientrante chiaramente nel loro diritto alla libertà d'espressione, le tre cantanti hanno dovuto sopportare mesi di umiliazione e di sofferenza in prigione. Una situazione che è destinata a continuare per Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikova".
Secondo Amnesty International, il processo nei confronti delle tre Pussy Riot è stato politicamente motivato e le imputate sono state condannate ingiustamente per quella che dev'essere considerata una legittima, seppur potenzialmente offensiva, azione di protesta.
L'organizzazione ritiene che Maria Alekhina e Nadezhda Tolokonnikova siano prigioniere di coscienza, detenute solo per l'espressione pacifica delle loro idee.
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