sabato, gennaio 26, 2013
In Afghanistan, a marzo, sorgerà la “Qessa Accademy”, un progetto realizzato da una giovane ragazza italiana che è riuscita a regalare un sogno ai bambini che vivono in un Paese in guerra

di Paola Bisconti

Ci sono posti dove la vita non offre nulla ai bambini, costretti a dormire per strada, a patire sete e freddo o a sniffare colla per placare i morsi della fame o entrare in uno stato di semi-incoscienza, posti dove la pietà e la compassione sembrano un miraggio. In India per esempio, presso la stazione di Nuova Delhi, esistono circa 100.000 fanciulli soprannominati “rag picker” ossia “straccivendoli”, che sopravvivono raccattando e rivendendo roba che trovano nella spazzatura o nelle discariche. Molti di loro vivono da sempre nella confusione delle metropoli, dove circolano nell’indifferenza generale, eppure sono solo dei fanciulli che avrebbero il diritto di avere una famiglia e un pasto caldo ogni giorno. Esiste tuttavia un angolo della Terra dove gli incubi si sono tramutati in sogni e la realtà è diventata meno difficile da sopportare.

Negli ultimi anni in Afghanistan non c’è stata solo l’invasione delle truppe militari americane, ma sono giunti anche degli angeli, persone disposte ad aiutare e sostenere la popolazione. Fra di loro c’è anche Selene Biffi, giovane ragazza italiana di origini brianzole, che ha avuto la brillante idea di creare in questa nazione martoriata una scuola per cantastorie. Qui, dove 7 persone su 10 sono analfabete, Selene ha intuito che l’istruzione può fondarsi su un’antica tradizione orale e ha chiamato a partecipare i nonni e i padri, che raccontano vecchie storie popolari ai nipoti e ai figli. La narrazione, fatta nella lingua originale del luogo e non in inglese, è indispensabile perché le nuove generazioni possano imparare il passato del loro paese. Dopo un’eccezionale carriera universitaria, Selene creò nel 2005 la Youth Action for Change, un’organizzazione no profit oggi attiva in 100 Paesi, per poi raggiungere il 28 ottobre del 2009 l’Afghanistan, dove fu incaricata dall’Onu, in quanto prima coordinatrice italiana del Major Group on Children and Youth, di realizzare un sussidiario per la sopravvivenza nei villaggi rurali.

Ed è qui che l’imprenditrice sociale decise di attuare il suo progetto: con l’ausilio di autori locali Selene ha dato vita a un’editoria virtuosa che tramuta le storie in disegni, creando dei colorati fumetti che vengono distribuiti poi gratuitamente nelle scuole. Il successo di questa start up sociale, che mira a diffondere il diritto primario dell’istruzione, avrà il suo exploit a marzo, quando sarà inaugurata la “Qessa Accademy”, che in persiano significa “Accademia delle storie”. Selene, che intanto si sta prodigando a raccogliere ed archiviare i racconti in una piattaforma on line di crowdsourcing, spera fortemente che la scuola possa in futuro essere gestita dal Ministero dell’Istruzione per favorire l’accesso a giovani e disoccupati che possono imparare il nobile ed insolito mestiere di “cantastorie”. In questo modo, favorendo l’istruzione, quando nel 2014 le truppe Isaf e la Nato lasceranno il Paese la popolazione potrà riprendere autonomamente la gestione della nazione. È indispensabile, dichiara Selene, che i principi di convivenza, uguaglianza e tolleranza siano diffusi fra le classi sociali più povere e non imposte dai vertici.

Il progetto è stato premiato con un prestigioso riconoscimento conferito a Selene Biffi dalla Rolex, la famosa casa di orologi svizzera che incoraggia i ricercatori delle nuove generazioni. Per la prima volta una ragazza italiana si è quindi aggiudicata il “Rolex Awards for Enterprise young laureates”, e il premio di 50.000 franchi consentirà a Selene di coprire l’80% delle spese di logistica e di stipendi degli insegnanti e risolvere i problemi di sicurezza della scuola. Gli altri vincitori del premio hanno insegnato alle popolazioni locali del Paraguay a tutelare il patrimonio naturale di una riserva biologica, hanno creato uno smartphone braille per i non vedenti, hanno coinvolto giovani studenti nello Yucatan per recuperare alcune aree lacustri inquinate.

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