martedì, febbraio 26, 2013
Il futuro della società dipende dagli indirizzi antropologici che vengono dati sul tema della famiglia

di Carlo Mafera

Guardare alla famiglia - quella vera, fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, che è quella della nostra Costituzione e di tutta una tradizione umana e giuridica - perché “fare bene alla famiglia è fare bene al Paese”: ne è convinto il presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, l’arcivescovo di Cagliari monsignor Arrigo Miglio, che presenta la 47ª Settimana Sociale, in programma a Torino dal 12 al 15 settembre 2013 sul tema “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”. “Per la crescita del Paese - sottolinea Miglio - è necessario passare attraverso la centralità della famiglia, poiché essa è uno dei pilastri del bene comune”. Da qui la scelta di metterla a tema “in maniera diretta e nella prospettiva tipica delle Settimane Sociali”, logica conseguenza, ad avviso dell’arcivescovo “della precedente Settimana Sociale, quella di Reggio Calabria, dove è stata proposta un’agenda per la crescita del Paese”, con cinque punti (intraprendere, educare, includere, slegare la mobilità sociale, completare la transizione istituzionale) sui quali “c’è stato dibattito e si registrano consensi anche ad alti livelli”. Al loro interno, sottolinea il vescovo, “abbiamo visto che il ruolo della famiglia è fondamentale”.

Infatti, la famiglia è una priorità non solo per la Chiesa, ma anche per la società. Il Pontificio Consiglio per la famiglia si prepara nel 2015 a celebrare una nuova giornata mondiale a Filadelfia. Se non ci fossero le famiglie, la società si troverebbe in affanno per i giovani senza lavoro, i malati, gli anziani. Ma purtroppo la visione culturale imperante ha abbandonato la tutela della famiglia e questa è una tendenza che va rovesciata.

Sulle unioni omosessuali bisogna considerare che il matrimonio non può essere considerato solo come un allargamento dei diritti, ma come un dono. L’egualitarismo a tutti i costi porta alla confusione anche nella vita civile. Invece la battaglia della Chiesa è per il riconoscimento delle dignità di ogni uomo, anche in quella ventina di paesi dove ancora la omosessualità è reato. Nello stesso tempo l’attenzione della Chiesa si deve rivolgere soprattutto a tutte le famiglie ferite, che hanno bisogno di essere messe al centro della attenzione pastorale, e per questo il pontificio consiglio ha messo in cantiere diverse iniziative. È in preparazione il 20° anniversario dell’Anno Internazionale della Famiglia, e in occasione del 30° anniversario della Carta dei Diritti della Famiglia, la Missione permanente della Santa Sede e il Pontificio Consiglio per la Famiglia organizzano un side event; a marzo a Ginevra ci sarà un Seminario di studio organizzato dai Giuristi cattolici-unione romana; ecc.

Insomma la famiglia è diventata una questione sociale e antropologica: il problema antropologico è il primo problema sociale e la soluzione ai problemi sociali dipende dagli indirizzi di tipo antropologico che vengono dati. Parlare di antropologia vuol dire, però, chiamare in causa direttamente la famiglia e le sue ragioni. Dal tipo di concezione filosofica che abbiamo intorno alla famiglia dipende il tipo di società che vogliamo costruire, la visione di libertà ed educativa. Mons. Miglio ha concluso mettendo in evidenza il pericolo di due “equivoci”: primo, quello “di chi ritiene che la difesa della famiglia sia un’ingiustizia rispetto ai diritti individuali di persone e coppie che fanno scelte di tipo diverso” (“vogliamo invece mostrare che una società nella quale il favor familiae viene rispettato e la famiglia è al centro è una società più libera ed è più facile anche garantire i diritti dei singoli e delle varie forme di convivenza che possono esistere”); e poi l’altro equivoco, quello secondo il quale sarebbe “indifferente il modello familiare circa l’educazione e la crescita dei minori”.

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