“Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa”.
Radio Vaticana - Con queste parole Benedetto XVI ha annunciato questa mattina anche alle migliaia di fedeli che gremivano l’Aula Paolo VI per l’udienza generale la sua intenzione di lasciare il ministero petrino. Più volte interrotto da applausi carichi di affetto, il Papa ha poi svolto la catechesi parlando della Quaresima e del bisogno di conversione che, anche chi è cristiano – ha detto – deve “rinnovare” continuamente davanti a Dio. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis: ascolta
“Cari fratelli e sorelle, come sapete, ho deciso…”
Sono le 11.45 circa, quando Benedetto XVI pronuncia “le” parole all’inizio di un’udienza generale che non è come le altre, come nessun’altra. E i 15 secondi di applausi che subito gli troncano la parola sferzando l’Aula Paolo VI sono l’espressione sonora più immediata che i fedeli comuni trovano per liberare emozioni trattenute a fatica da 48 ore. In quel lungo battimani, si concentra in forma d’energia un sentimento che Benedetto XVI coglie e rende esplicito:
“Grazie per la vostra simpatia…”
Poi, il Papa riprende, la voce ferma, per ripetere guardando negli occhi il popolo di Dio, l’atto straordinario che lo Spirito gli ha suggerito per amore della Chiesa:
“Ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato ne 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e la preghiera con cui mi avete accompagnato…”
In un’udienza generale che non è né può essere come nessun’altra, tutto di ciò che Benedetto XVI dice acquista gioco forza un peso particolare. Lo dimostrano i visi di chi lo guarda e pende dalle sue labbra – seri, sorridenti, sereni, turbati. E la parola del Papa non tradisce le attese. La Chiesa che tra 15 giorni andrà incontro a un rinnovamento epocale è richiamata da subito, da oggi, da lui, ai 40 giorni di lotta senza quartiere contro le tentazioni, e alla conversione. La lotta di ogni Quaresima. Le tentazioni sono quelle di Gesù nel deserto solo, accerchiato da Satana e dalle sue seduzioni: fame di pane piuttosto che della verità di Dio, di potere mondano invece che di quello dell’amore, voglia di tentare Dio e imporre, dice Benedetto XVI “le nostre condizioni” a Lui che è “il Signore di tutto”:
“Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?”.
Nessuno, incalza, è immune dalla tentazione di mettere Dio “in un angolo”. Non lo sono nemmeno i cristiani – sostiene – perché oggi è l’epoca in cui domina “l’eclissi del senso del sacro” e quindi anche chi crede deve ridirlo ogni giorno davanti a Dio:
“Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei”.
Oggi non ci sono pietre trasformate in pane o pinnacoli del tempio da cui buttarsi e planare sulle braccia degli angeli a tentare gli esseri umani. Ma comunque – è consapevole il Papa – le “prove a cui la società attuale sottopone il cristiano” sono “tante e toccano la vita personale e sociale”:
“Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita”.
E chi può convertirsi allora?, sembra chiedersi l’Aula Paolo VI. Benedetto XVI ricorda che nella nostra epoca “non sono poche” le conversioni di gente tornata a Dio, anche dopo anni di lontananza dalla fede. Il Papa cita il caso di Etty Hillesum, giovane ebrea olandese che scopre Dio nell’inferno di Auschwitz, dove morirà. O dell’americana Dorothy Day, militante marxista che scopre che entrare in chiesa e “piegare la testa in preghiera” influenza più che mille slogan strillati in corteo. Tutta gente, indica il Pontefice, che ha fatto “spazio a Dio” e che è un esempio da imitare nell’Anno della Fede:
“L’alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l’apertura all’amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all’alternativa delle tentazioni di Gesù: alternativa, cioè, tra potere umano e amore della Croce, tra una redenzione vista nel solo benessere materiale e una redenzione come opera di Dio, cui diamo il primato nell’esistenza. Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante”.
Le nove lingue che Benedetto XVI usa a seguire sono suggellate tutte di rimando dall’universale “lingua” dell’applauso, anch’esso non uguale agli altri né potrebbe esserlo in questa udienza. E richiamano quel “grazie” iniziale alla folla da parte del Papa, che non dimenticherà mai, come noi, questi giorni e quelli a venire:
“Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni per me non facili, la forza della preghiera che l’amore della Chiesa, la preghiera vostra, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà”.
Radio Vaticana - Con queste parole Benedetto XVI ha annunciato questa mattina anche alle migliaia di fedeli che gremivano l’Aula Paolo VI per l’udienza generale la sua intenzione di lasciare il ministero petrino. Più volte interrotto da applausi carichi di affetto, il Papa ha poi svolto la catechesi parlando della Quaresima e del bisogno di conversione che, anche chi è cristiano – ha detto – deve “rinnovare” continuamente davanti a Dio. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis: ascolta
“Cari fratelli e sorelle, come sapete, ho deciso…”
Sono le 11.45 circa, quando Benedetto XVI pronuncia “le” parole all’inizio di un’udienza generale che non è come le altre, come nessun’altra. E i 15 secondi di applausi che subito gli troncano la parola sferzando l’Aula Paolo VI sono l’espressione sonora più immediata che i fedeli comuni trovano per liberare emozioni trattenute a fatica da 48 ore. In quel lungo battimani, si concentra in forma d’energia un sentimento che Benedetto XVI coglie e rende esplicito:
“Grazie per la vostra simpatia…”
Poi, il Papa riprende, la voce ferma, per ripetere guardando negli occhi il popolo di Dio, l’atto straordinario che lo Spirito gli ha suggerito per amore della Chiesa:
“Ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato ne 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e la preghiera con cui mi avete accompagnato…”
In un’udienza generale che non è né può essere come nessun’altra, tutto di ciò che Benedetto XVI dice acquista gioco forza un peso particolare. Lo dimostrano i visi di chi lo guarda e pende dalle sue labbra – seri, sorridenti, sereni, turbati. E la parola del Papa non tradisce le attese. La Chiesa che tra 15 giorni andrà incontro a un rinnovamento epocale è richiamata da subito, da oggi, da lui, ai 40 giorni di lotta senza quartiere contro le tentazioni, e alla conversione. La lotta di ogni Quaresima. Le tentazioni sono quelle di Gesù nel deserto solo, accerchiato da Satana e dalle sue seduzioni: fame di pane piuttosto che della verità di Dio, di potere mondano invece che di quello dell’amore, voglia di tentare Dio e imporre, dice Benedetto XVI “le nostre condizioni” a Lui che è “il Signore di tutto”:
“Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?”.
Nessuno, incalza, è immune dalla tentazione di mettere Dio “in un angolo”. Non lo sono nemmeno i cristiani – sostiene – perché oggi è l’epoca in cui domina “l’eclissi del senso del sacro” e quindi anche chi crede deve ridirlo ogni giorno davanti a Dio:
“Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei”.
Oggi non ci sono pietre trasformate in pane o pinnacoli del tempio da cui buttarsi e planare sulle braccia degli angeli a tentare gli esseri umani. Ma comunque – è consapevole il Papa – le “prove a cui la società attuale sottopone il cristiano” sono “tante e toccano la vita personale e sociale”:
“Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita”.
E chi può convertirsi allora?, sembra chiedersi l’Aula Paolo VI. Benedetto XVI ricorda che nella nostra epoca “non sono poche” le conversioni di gente tornata a Dio, anche dopo anni di lontananza dalla fede. Il Papa cita il caso di Etty Hillesum, giovane ebrea olandese che scopre Dio nell’inferno di Auschwitz, dove morirà. O dell’americana Dorothy Day, militante marxista che scopre che entrare in chiesa e “piegare la testa in preghiera” influenza più che mille slogan strillati in corteo. Tutta gente, indica il Pontefice, che ha fatto “spazio a Dio” e che è un esempio da imitare nell’Anno della Fede:
“L’alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l’apertura all’amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all’alternativa delle tentazioni di Gesù: alternativa, cioè, tra potere umano e amore della Croce, tra una redenzione vista nel solo benessere materiale e una redenzione come opera di Dio, cui diamo il primato nell’esistenza. Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante”.
Le nove lingue che Benedetto XVI usa a seguire sono suggellate tutte di rimando dall’universale “lingua” dell’applauso, anch’esso non uguale agli altri né potrebbe esserlo in questa udienza. E richiamano quel “grazie” iniziale alla folla da parte del Papa, che non dimenticherà mai, come noi, questi giorni e quelli a venire:
“Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni per me non facili, la forza della preghiera che l’amore della Chiesa, la preghiera vostra, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà”.
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