Entriamo nel cuore della Quaresima con le parole di p. Silvestro Bejan, Delegato generale per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso del Centro Francescano Internazionale per il Dialogo (CEFID). Con lui riscopriamo il vero valore di digiuno, preghiera e condivisione, che, vissuti nello “spirito di Assisi”, ci portano a dire insieme “Padre nostro” e a santificare il Suo nome e il luogo in cui ci ha posti.
Digiuno, preghiera e condivisione sono atteggiamenti caratteristici del tempo quaresimale ma sono anche degli “ingredienti-base” che fanno funzionare il dialogo ecumenico ed interreligioso. Per essere praticati hanno bisogno di tempo e soprattutto di una sincera e profonda convinzione. Il digiuno è un atto libero, cosciente, volontario, che mette in discussione il nostro rapporto con il cibo, la nostra difficoltà ad accontentarci di poco e l’avidità come motrice delle nostre società. Nel contesto del dialogo interreligioso la preghiera costituisce un ruolo fondamentale perché l’uomo è alla ricerca di Dio e tutte le religioni testimoniano questa essenziale ricerca. L’esperienza della preghiera è multiforme ed è onnipresente in tutte le religioni. Preghiere di adorazione, di ringraziamento, di domanda, di sacrificio hanno riempito i cuori e la mente di persone di tutto il mondo e di tutti i tempi.
La condivisione è il vero pane e nomi del pane condiviso sono: giustizia, legalità, sincerità e sobrietà. La condivisione unita alla corresponsabilità rafforzano la lotta contro la corruzione (peste delle nostre società).
Secondo uno studio sul digiuno nelle grandi religioni di J. C. Noyé: «Il digiuno ha senso solo se ci apre agli altri e ci permette di comprendere, intimamente, che la relazione con l’altro è un elemento essenziale, se non primario. Non stupisce quindi che le grandi religioni, in particolare i tre monoteismi (ebraismo, cristianesimo e islam), abbiano strettamente collegato digiuno, preghiera e condivisione».
Tra i numerosi appelli profetici di Giovanni Paolo II nella storica giornata di Assisi del 27 ottobre 1986 ci sta anche quello al digiuno. Un appello profetico, accolto e attuato ma non sempre compreso: «Mentre abbiamo digiunato, abbiamo tenuto presenti le sofferenze che le guerre insensate hanno procurato e tutt’ora procurano all’umanità. Per questo abbiamo cercato di essere spiritualmente vicini ai milioni di persone che sono vittime della fame in tutto il mondo». Il digiuno interroga dunque il troppo-pieno dei paesi ricchi di fronte al troppo-poco dei paesi poveri.
Nel nostro secolo nonostante l’abbandono del digiuno e l’accelerazione della rilassatezza, il digiuno rimane un’esigenza e una componente essenziale della vita del cristiano. Il digiuno è rimedio per il corpo, l’anima e lo spirito. Insieme alla preghiera sono le armi spirituali che il cristiano ha per combattere contro il maligno. Anzi il digiuno è un prolungamento della preghiera; la preghiera è per lo spirito, il digiuno per il corpo e insieme per tutti e due. Esiste una corrispondenza fra preghiera, liturgia, digiuno e vita. Deve esserci armonia ed equilibrio.
Qualsiasi pratica di rinuncia trova il suo pieno valore, secondo il pensiero e l’esperienza della Chiesa, solo se compiuta in comunione viva con Cristo, e quindi se è animata dalla preghiera ed è orientata alla crescita della libertà cristiana, mediante il dono di sé nell’esercizio concreto della carità fraterna (Cfr. Nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, “Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza”, 1994).
Papa Benedetto XVI rivolgendosi ai fedeli e ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro in Vaticano per la recita dell’Angelus domenicale durante la Quaresima del 2009 affermò che la preghiera, il digiuno e le opere di misericordia rappresentano la “struttura portante” della vita spirituale del cristiano. Anche i Padri della Chiesa sottolineano l’importanza del digiuno legandolo alla preghiera e alla misericordia: «Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna, abbia misericordia» (Pietro Crisologo, discorso 43, pl 52, 320.). Digiuno e misericordia, due aspetti inseparabili…
La misericordia chiede lo spogliamento di sé, la kenosi della discesa per condividere la condizione dei servi, e lì incontrarsi con Cristo che si è fatto servo. Vivere è vivere la misericordia, regalarsi a coloro che Dio ci pone davanti senza pretendere nulla, senza obiettivi, senza schemi, senza progetti o interessi, senza guadagni.
“Curare sé stessi” implica la “condivisione” con l’altro. Massimo il Confessore a questo riguardo afferma: «Dio e l’uomo servono mutuamente l’uno a modello dell’altro, e che Dio si umanizza per l’uomo, nel suo amore dell’uomo, nella stessa misura in cui l’uomo, fortificato dalla carità, si trasforma per Dio in dio». Esiste dunque un’esatta corrispondenza tra la bellezza interiore e quella esteriore, tra il cuore coltivato e la terra lavorata. L’uomo non può ritrovare dunque il proprio equilibrio se non compie, nel suo compito verso la santificazione/divinizzazione tanti passi quanti ne compie verso una risposta alle sue esigenze umane e nel suo essere continuo ricercatore della gioia, della fraternità, della pace… in un mondo sempre più multietnico, multiculturale e multi religioso.
Vivere la quaresima significa ancorarsi sempre più in Dio e santificare il luogo dove viviamo e aiutare gli altri a camminare insieme nella giustizia e nella pace. Questo è lo “spirito di Assisi”; questo è il modo di vivere del cristiano nel mondo.
Digiuno, preghiera e condivisione sono atteggiamenti caratteristici del tempo quaresimale ma sono anche degli “ingredienti-base” che fanno funzionare il dialogo ecumenico ed interreligioso. Per essere praticati hanno bisogno di tempo e soprattutto di una sincera e profonda convinzione. Il digiuno è un atto libero, cosciente, volontario, che mette in discussione il nostro rapporto con il cibo, la nostra difficoltà ad accontentarci di poco e l’avidità come motrice delle nostre società. Nel contesto del dialogo interreligioso la preghiera costituisce un ruolo fondamentale perché l’uomo è alla ricerca di Dio e tutte le religioni testimoniano questa essenziale ricerca. L’esperienza della preghiera è multiforme ed è onnipresente in tutte le religioni. Preghiere di adorazione, di ringraziamento, di domanda, di sacrificio hanno riempito i cuori e la mente di persone di tutto il mondo e di tutti i tempi.
La condivisione è il vero pane e nomi del pane condiviso sono: giustizia, legalità, sincerità e sobrietà. La condivisione unita alla corresponsabilità rafforzano la lotta contro la corruzione (peste delle nostre società).
Secondo uno studio sul digiuno nelle grandi religioni di J. C. Noyé: «Il digiuno ha senso solo se ci apre agli altri e ci permette di comprendere, intimamente, che la relazione con l’altro è un elemento essenziale, se non primario. Non stupisce quindi che le grandi religioni, in particolare i tre monoteismi (ebraismo, cristianesimo e islam), abbiano strettamente collegato digiuno, preghiera e condivisione».
Tra i numerosi appelli profetici di Giovanni Paolo II nella storica giornata di Assisi del 27 ottobre 1986 ci sta anche quello al digiuno. Un appello profetico, accolto e attuato ma non sempre compreso: «Mentre abbiamo digiunato, abbiamo tenuto presenti le sofferenze che le guerre insensate hanno procurato e tutt’ora procurano all’umanità. Per questo abbiamo cercato di essere spiritualmente vicini ai milioni di persone che sono vittime della fame in tutto il mondo». Il digiuno interroga dunque il troppo-pieno dei paesi ricchi di fronte al troppo-poco dei paesi poveri.
Nel nostro secolo nonostante l’abbandono del digiuno e l’accelerazione della rilassatezza, il digiuno rimane un’esigenza e una componente essenziale della vita del cristiano. Il digiuno è rimedio per il corpo, l’anima e lo spirito. Insieme alla preghiera sono le armi spirituali che il cristiano ha per combattere contro il maligno. Anzi il digiuno è un prolungamento della preghiera; la preghiera è per lo spirito, il digiuno per il corpo e insieme per tutti e due. Esiste una corrispondenza fra preghiera, liturgia, digiuno e vita. Deve esserci armonia ed equilibrio.
Qualsiasi pratica di rinuncia trova il suo pieno valore, secondo il pensiero e l’esperienza della Chiesa, solo se compiuta in comunione viva con Cristo, e quindi se è animata dalla preghiera ed è orientata alla crescita della libertà cristiana, mediante il dono di sé nell’esercizio concreto della carità fraterna (Cfr. Nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, “Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza”, 1994).
Papa Benedetto XVI rivolgendosi ai fedeli e ai pellegrini riuniti in Piazza San Pietro in Vaticano per la recita dell’Angelus domenicale durante la Quaresima del 2009 affermò che la preghiera, il digiuno e le opere di misericordia rappresentano la “struttura portante” della vita spirituale del cristiano. Anche i Padri della Chiesa sottolineano l’importanza del digiuno legandolo alla preghiera e alla misericordia: «Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna, abbia misericordia» (Pietro Crisologo, discorso 43, pl 52, 320.). Digiuno e misericordia, due aspetti inseparabili…
La misericordia chiede lo spogliamento di sé, la kenosi della discesa per condividere la condizione dei servi, e lì incontrarsi con Cristo che si è fatto servo. Vivere è vivere la misericordia, regalarsi a coloro che Dio ci pone davanti senza pretendere nulla, senza obiettivi, senza schemi, senza progetti o interessi, senza guadagni.
“Curare sé stessi” implica la “condivisione” con l’altro. Massimo il Confessore a questo riguardo afferma: «Dio e l’uomo servono mutuamente l’uno a modello dell’altro, e che Dio si umanizza per l’uomo, nel suo amore dell’uomo, nella stessa misura in cui l’uomo, fortificato dalla carità, si trasforma per Dio in dio». Esiste dunque un’esatta corrispondenza tra la bellezza interiore e quella esteriore, tra il cuore coltivato e la terra lavorata. L’uomo non può ritrovare dunque il proprio equilibrio se non compie, nel suo compito verso la santificazione/divinizzazione tanti passi quanti ne compie verso una risposta alle sue esigenze umane e nel suo essere continuo ricercatore della gioia, della fraternità, della pace… in un mondo sempre più multietnico, multiculturale e multi religioso.
Vivere la quaresima significa ancorarsi sempre più in Dio e santificare il luogo dove viviamo e aiutare gli altri a camminare insieme nella giustizia e nella pace. Questo è lo “spirito di Assisi”; questo è il modo di vivere del cristiano nel mondo.
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