sabato, febbraio 02, 2013
Il primo ministro egiziano, Hisham Qandil, è stato duramente contestato a piazza Tahrir al Cairo. Un video che mostra un uomo denudato e malmenato dagli agenti della sicurezza centrale ha fatto scoppiare le polemiche sulla violenza delle forze dell’ordine. In diretta tv, il premier ha ammesso che “governo e forze politiche non sono stati capaci di contenere i giovani”. Il Ministero dell'Interno fa sapere che si sta investigando.

Radio Vaticana - Negli scontri di venerdì scorso tra poliziotti e manifestanti, un uomo è rimasto ucciso e 50 persone sono rimaste ferite. Nell’intervista di Fausta Speranza, l'opinione di Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica "Limes", che a partire dal numero dedicato all’Egitto diventa mensile:
R. – La fotografia dell’Egitto contiene almeno tre elementi principali. Il primo è la polarizzazione politica tra i Fratelli musulmani e, in qualche misura, i salafiti, cioè i musulmani più radicali, e le varie opposizioni che vanno dai comunisti ai nazionalisti, dai nostalgici di Mubarak ai giovani blogger della prima rivoluzione egiziana. Il secondo elemento è la drammatica crisi economica e sociale, con molta gente sull’orlo della fame, mentre il terzo elemento è il ruolo dei militari: ho l’impressione che se le cose non dovessero cambiare rapidamente, potrebbe esserci un nuovo colpo di Stato.

D. – Una parola sull’Egitto e l’equilibrio regionale…
R. – L’Egitto è talmente alle prese con i propri spasimi interni che sembra aver perso una visione regionale. Di qui, a ricostituire l’antico ruolo-guida dell’Egitto in Medio Oriente ce ne vorrà ancora molto e non è detto che Morsi o chi per lui ci riesca.

In particolare, dell’equilibrio tra potere dei Fratelli musulmani e Forze armate e della percezione della popolazione, Fausta Speranza ha parlato con Bernard Selwan el Khoury, vicedirettore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:
R. – I Fratelli musulmani hanno bisogno dell’esercito, ma allo stesso tempo l’esercito ha bisogno del sostegno dei Fratelli musulmani. Il ruolo “spirituale” che svolge la Fratellanza musulmana all’interno del tessuto sociale egiziano, e quindi anche all’interno delle istituzioni militari, è un aspetto che è stato poco dibattuto nella stampa occidentale. Non dobbiamo dimenticare che all’interno dell’istituzione militare, dagli alti gradi per arrivare fino alla truppa, ci sono militari che indossano la divisa ma che sono sensibili a decenni di cultura che la Fratellanza musulmana ha diffuso nella società egiziana, anche e soprattutto all’interno dell’istituzione militare.

D. – Dovendo definire il potere dell’esercito in Egitto, in questo momento, che cosa diresti?
R. – Gioca un ruolo di arbitro e allo stesso tempo di attore principale nel Paese, quindi è determinante per mantenere l’equilibrio. In primis, la sua forza economica: non dimentichiamo che l’esercito egiziano possiede – nel vero senso del termine – diverse aziende e questo conferisce loro ovviamente un potere economico e anche politico e sociale. Sono in grado se non di controllare, comunque di indirizzare l’economia egiziana: e tutti sappiamo che quello dell’economia, dell’occupazione, è un aspetto molto, molto importante soprattutto in un Paese come l’Egitto. Questo potere gli deriva anche dal fatto di poter usufruire di una mano d’opera a costo zero, in quanto sono gli stessi militari arruolati nell’esercito i dipendenti di questa azienda. Non è stato detto, evidentemente, a chiare lettere ma è evidente che esista un accordo di fatto tra il partito politico della Fratellanza musulmana e l’istituzione militare.

D. – Parliamo della possibile interazione da parte dell’opposizione: El Baradei, è sembrato fare importanti aperture ai Fratelli musulmani e, dunque, anche all’esercito…
R. – Il clima che si respira nel Paese a livello politico è quello, come dire, di una compartecipazione politica, e in questo non si può escludere sicuramente l’istituzione militare, e quindi parlare di aperture è corretto. Bisogna dire però che anche a livello di piazza, di opinione pubblica, soprattutto le fette più giovani dell’opposizione egiziana vedono una nuova minaccia nell’esercito, e anche nella Fratellanza musulmana. Curiosamente hanno la stessa visione quando guardano ai Fratelli musulmani e quando guardano all’esercito. In realtà, a livello di leadership è ovvio che i partiti all’opposizione non possono non cercare il riavvicinamento con il partito che è al potere, e quindi con l’istituzione militare. Sarà bene da oggi parlare di un’unica realtà, di un’unica entità, che è rappresentata da una parte dai Fratelli musulmani, dall’altra dalle istituzioni militari. Quindi, a livello di leadership è impensabile che una forza di opposizione – il Fronte di salvezza nazionale riunisce tutti i partiti di opposizione in Egitto – possa ipotizzare, appunto, di governare il Paese da solo. Ma questo vale anche per i Fratelli musulmani, vale anche per l’istituzione militare. Non possono pensare – lo stiamo vedendo in questi giorni, da ciò che sta accadendo al Cairo e nelle altre principali città egiziane – di governare il Paese senza tener conto delle opposizioni. Le nuove generazioni, in realtà, ancora vedono nell’esercito l’ombra del vecchio regime: primo aspetto. Secondo aspetto importante è che hanno capito e condannano, in realtà, questa alleanza tra Fratellanza musulmana ed esercito, ed è come se dicessero: la nostra è stata una rivoluzione; la vostra è stata una sorta di congiura, un colpo di Stato tra Fratellanza ed esercito, per prendere il posto del vecchio regime di Mubarak.

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