sabato, febbraio 09, 2013
“Ho 80 anni adesso ma se prendo la penna per scrivere di lui non riesco a smettere” si legge sulla lettera che la signora Miriam ha inviato alla redazione de La Perfetta Letizia, insieme ai documenti, alle testimonianze e ai libri che ricordano i cambiamenti radicali avvenuti in Sicilia, nel secondo dopoguerra, grazie allo storico attivista

di Paola Bisconti

Sono ricordi in bianco e nero quelli di Miriam Lippolis (il cognome è del primo marito scomparso anni fa), che dimostra di essere una donna forte, sensibile, gioiosa, determinata, pronta a sostenere chi mantiene vivo il ricordo dell’uomo buono e generoso, del rivoluzionario della pace, dell’attivista non violento che era Danilo Dolci, perché, come lei stessa ci ripete per telefono, “se lo merita!”.
D Miriam, in che modo la Sicilia esprime la sua gratitudine nei confronti di Danilo Dolci?
R - La gente di Trappeto non dimentica quello che sia Danilo che nostro padre Enrico hanno fatto per loro. Entrambi hanno lottato per offrire condizioni di vita migliori ad un popolo che a i politici corrotti dalla criminalità organizzata costringevano a vivere in estrema povertà. Mio padre convinse un mugnaio a distribuire la farina affinchè uomini, donne e bambini potessero sfamarsi e placare la fame. Danilo mise in atto una battaglia ancora più radicale provvedendo a costruire la diga dello Iato, a sistemare le strade, le scuole, a incitare i cittadini a difendere il loro diritto al lavoro. Ogni volta che mi capita di tornare in Sicilia sono accolta sempre in modo festoso, percepisco l’affetto da parte di tutti coloro che esprimono tanta gratitudine nei confronti della mia famiglia. La comunità siciliana e l’amministrazione comunale hanno espresso molta riconoscenza in questi anni nei confronti di Danilo Dolci, uomo colto e sensibile, al quale avevano dato l’appellativo di “enciclopedia vivente” oppure “u duce”, che non ha nulla a che fare con il dittatore ma è un termine dialettale che fa riferimento al cognome di Danilo. Oggi una scuola media porta il suo nome, così come una via del paese, sono stati scritti diversi libri su di lui e sulle sue teorie, sono stati organizzati eventi in suo onore come una mostra fotografica allestita a Palermo, nel complesso di Santa Maria allo Spasimo, a tre anni dalla scomparsa di uno dei maggiori animatori della lotta sociale siciliana.

D - Quanto sono attuali i messaggi di Danilo in tempi come questi dove la corruzione dilaga, oltre che nelle piccole amministrazioni comunali, anche tra i più alti vertici politici?
R - Sono completamente attuali! Danilo aveva la capacità di rivendicare i propri diritti in modo pacifico. Attraverso la parola il sociologo e poeta Dolci esprimeva con immediatezza i suoi intenti, con profonda sensibilità e determinazione. Danilo era immerso nella realtà locale: amava intrattenersi con la gente e osservava il massimo rispetto per tutte le diversità, perché le considerava opportune risorse per la “con-crescita”. Se le teorie di Danilo fossero studiate, diffuse, divulgate sarebbero certamente uno strumento efficace per combattere l’attuale corruzione.

D - Qual è il ricordo più bello che le viene in mente pensando a suo fratello?
R - Sono tanti i ricordi che mi legano a Danilo, come quando mi portava sulla canna della bicicletta per raggiungere le colline di Tortona e mi faceva recitare le poesie che imparavo a scuola, oppure quando mi ripeteva che da grande sarei diventata la sua segretaria. Erano belli i momenti in cui nostra madre ci recitava in veneto le commedie di Goldoni o quando suonavano insieme il pianoforte e cantavamo le romanze tedesche. Ricordo il profumo delle violette che Danilo raccolse per donarle a una mamma colpita da una grave malattia terminale. Danilo, come tutta la mia famiglia, osservava i principi religiosi e li metteva in pratica ogni giorno.

D - C’è qualcuno nei tempi odierni che tenta di emulare Danilo o di ispirarsi al suo metodo maieutico?
R - Sono molti gli amici, i sostenitori, i seguaci che mantengono vivo il ricordo di Danilo. Le sue azioni e il suo pensiero sono un punto di riferimento per i nuovi rivoluzionari, per chi come lui non propina verità preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare. Per “imitare” Danilo bisogna partire dall’idea che nessun vero cambiamento può avvenire se non c’è un sincero coinvolgimento, una partecipazione diretta degli interessati.

D - Per fronteggiare la mafia quanto conta, secondo lei, la memoria?
R - E’ essenziale ricordare il senso che ha mosso le azioni di Danilo, motivato dalla necessità di aprirsi ai bisogni e ai diritti dell’altro. Oggi prevale il dominio dell’uomo sui piaceri egoistici, sugli interessi economici. Danilo ha affrontato i problemi dal basso sfidando l’indifferenza che è sinonimo di perdita della memoria.

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