«Una sorta di “integrazione criminale” si sta sempre più diffondendo e sta operando un sostanziale mutamento nella struttura sociale radicata nel territorio». Così dietro al traffico di droga e alla tratta degli esseri umani scivolano via capitali che vengono investiti da mafie italiane per compare immobili, avviare attività commerciali, nella ristorazione e nella filiera del gioco d’azzardo.
Liberainformazione - L’analisi è custodita fra le pagine della relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. «Le strutture criminali, sia italiane che straniere – si legge nel documento - che agiscono sul territorio regionale spaziano dal traffico anche internazionale di sostanze stupefacenti, alla tratta di esseri umani (l’Umbria si contraddistingue da almeno un decennio per essere territorio di destinazione finale della tratta soprattutto di giovani donne provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est destinate poi alla prostituzione su strada e/o nei numerosi locali notturni della regione) al riciclaggio e/o al reimpiego di capitali rivenienti da associazioni di tipo mafioso (in particolare dalla camorra e dalla ‘ndrangheta)».
La camorra e la ‘ndrangheta, in particolare, hanno scelto questa regione come “base fredda” per investire capitali, smistare affari, prendere parte al traffico internazionale di droga che attraversa questa regione, con numeri da capogiro se confrontati con la densità di popolazione. Una commissione regionale d’inchiesta e un nascente Osservatorio sulle mafie sono una delle prime risposte istituzionali all’avanzare dei boss nella regione. Eppure questo territorio non è immune da inchieste che hanno palesato la presenza dei capitali dei boss: dagli anni ’90 ad oggi la procura di Perugia si è più volte trovata ad occuparsi di indagini per tentativi di riciclaggio (su tutti il più recente quello degli immobili nel mirino della camorra alle porte di Perugia); omicidi, come quello dell’ex collaboratore di giustizia Salvatore Conte nel 2007, racket della prostituzione e dello sfruttamento tanto da ritenere la regione “metà di destinazione finale” di questo business criminale (gestito dalle stesse consorterie criminali che controllano il narcotraffico), traffico di sostanze stupefacenti e guerre per il controllo delle cosiddette “piazze dello spaccio” nel capoluogo.
Riciclaggio e mafie straniere. Un allarme che cresce sulla regione – da parte dell’antimafia – anche nel report semestrale della Direzione investigativa antimafia (primo semestre del 2012) che si concentra in particolare sull’incidenza dei reati criminali commessi da organizzazioni straniere: da quella albanese alle nord – africane e nigeriane. La relazione dell’intelligence antimafia – inoltre – segnala un decremento per la regione di attività sospette legate al riciclaggio (passano da 7 a 4 se confrontate con il semestre conclusivo del 2011) in aumento, invece, le informative relative al reinvestimento di capitali illeciti. Le segnalazioni dunque, proseguono ma individuare il reato sottotraccia diventa sempre più complesso. Soprattutto in una regione come l’Umbria. La Dia segnala anche che è in corso il monitoraggio antimafia sul tratto viario Marche – Umbria, che - come molti altri percorsi autostradali - rischia di diventare preda dei clan. Trentacinque, inoltre, le segnalazioni per estorsione nella regione, 24 da parte di cittadini stranieri. La Dia colloca, infine, l’Umbria fra le regioni in cui le denunce per usura sono in calo, così come in buona parte del Centro – Nord. Tre i casi evidenziati per il primo semestre del 2012 e si tratta, come dimostra il report della Dia, di un affare che per l’Umbria è in mano a cittadini italiani.
E poi c’è la geografia delle mafie che è in evoluzione. Sino ad alcuni anni fa la camorra e Cosa nostra avevano messo le mani sulla bassa Umbria, la provincia di Terni in particolare, mentre la ‘ndrangheta - che aveva ed ha un livello di penetrazione criminale alto, che mira all’insediamento sul territorio - era maggiormente presente nel capoluogo umbro, Perugia. Oggi – come sottolineato degli ultimi report dell’antimafia – c’è una integrazione criminale trasversale, fra i diversi clan, fra le diverse consorterie italiane e straniere. Con un solo obiettivo: tenere questa regione come un “covo freddo”. A questo serve la pax mafiosa che governa il territorio. Non attirare l’attenzione degli investigatori, provare ad infiltrare il tessuto economico e sottrarsi ai controlli nazionali antimafia. Così il “covo freddo” non è un livello di infiltrazione criminale ma un “modello” scelto dai diversi clan per operare sul territorio prendendo dalla regione e dalle sue risorse, paesaggistiche, culturali, economico – imprenditoriali, di volta in volta, quello che serve. Utilizzarla, inoltre, come “base fredda” per approdi a regioni vicine, dalla Toscana, al Lazio, al centro – Nord, alle Marche. Come “base fredda” per investimenti che altrove sarebbero più rischiosi mentre qui – nel cuore verde dell’Italia – muoversi è diventato più semplice nonostante l’intensa attività delle forze dell’ordine, le indagini della magistratura, alcuni sequestri e confische. Mentre questa regione soffre la presenza alternata di diverse organizzazioni criminali muove i primi passi il percorso virtuoso di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Il primo, per l’Umbria, sarà il terreno di Pietralunga, confiscato alla cosca dei De Stefano: terreni a vocazione turistico – recettiva. Un primo passo verso una risposta antimafia concreta e visibile.
Liberainformazione - L’analisi è custodita fra le pagine della relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. «Le strutture criminali, sia italiane che straniere – si legge nel documento - che agiscono sul territorio regionale spaziano dal traffico anche internazionale di sostanze stupefacenti, alla tratta di esseri umani (l’Umbria si contraddistingue da almeno un decennio per essere territorio di destinazione finale della tratta soprattutto di giovani donne provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est destinate poi alla prostituzione su strada e/o nei numerosi locali notturni della regione) al riciclaggio e/o al reimpiego di capitali rivenienti da associazioni di tipo mafioso (in particolare dalla camorra e dalla ‘ndrangheta)».
La camorra e la ‘ndrangheta, in particolare, hanno scelto questa regione come “base fredda” per investire capitali, smistare affari, prendere parte al traffico internazionale di droga che attraversa questa regione, con numeri da capogiro se confrontati con la densità di popolazione. Una commissione regionale d’inchiesta e un nascente Osservatorio sulle mafie sono una delle prime risposte istituzionali all’avanzare dei boss nella regione. Eppure questo territorio non è immune da inchieste che hanno palesato la presenza dei capitali dei boss: dagli anni ’90 ad oggi la procura di Perugia si è più volte trovata ad occuparsi di indagini per tentativi di riciclaggio (su tutti il più recente quello degli immobili nel mirino della camorra alle porte di Perugia); omicidi, come quello dell’ex collaboratore di giustizia Salvatore Conte nel 2007, racket della prostituzione e dello sfruttamento tanto da ritenere la regione “metà di destinazione finale” di questo business criminale (gestito dalle stesse consorterie criminali che controllano il narcotraffico), traffico di sostanze stupefacenti e guerre per il controllo delle cosiddette “piazze dello spaccio” nel capoluogo.
Riciclaggio e mafie straniere. Un allarme che cresce sulla regione – da parte dell’antimafia – anche nel report semestrale della Direzione investigativa antimafia (primo semestre del 2012) che si concentra in particolare sull’incidenza dei reati criminali commessi da organizzazioni straniere: da quella albanese alle nord – africane e nigeriane. La relazione dell’intelligence antimafia – inoltre – segnala un decremento per la regione di attività sospette legate al riciclaggio (passano da 7 a 4 se confrontate con il semestre conclusivo del 2011) in aumento, invece, le informative relative al reinvestimento di capitali illeciti. Le segnalazioni dunque, proseguono ma individuare il reato sottotraccia diventa sempre più complesso. Soprattutto in una regione come l’Umbria. La Dia segnala anche che è in corso il monitoraggio antimafia sul tratto viario Marche – Umbria, che - come molti altri percorsi autostradali - rischia di diventare preda dei clan. Trentacinque, inoltre, le segnalazioni per estorsione nella regione, 24 da parte di cittadini stranieri. La Dia colloca, infine, l’Umbria fra le regioni in cui le denunce per usura sono in calo, così come in buona parte del Centro – Nord. Tre i casi evidenziati per il primo semestre del 2012 e si tratta, come dimostra il report della Dia, di un affare che per l’Umbria è in mano a cittadini italiani.
E poi c’è la geografia delle mafie che è in evoluzione. Sino ad alcuni anni fa la camorra e Cosa nostra avevano messo le mani sulla bassa Umbria, la provincia di Terni in particolare, mentre la ‘ndrangheta - che aveva ed ha un livello di penetrazione criminale alto, che mira all’insediamento sul territorio - era maggiormente presente nel capoluogo umbro, Perugia. Oggi – come sottolineato degli ultimi report dell’antimafia – c’è una integrazione criminale trasversale, fra i diversi clan, fra le diverse consorterie italiane e straniere. Con un solo obiettivo: tenere questa regione come un “covo freddo”. A questo serve la pax mafiosa che governa il territorio. Non attirare l’attenzione degli investigatori, provare ad infiltrare il tessuto economico e sottrarsi ai controlli nazionali antimafia. Così il “covo freddo” non è un livello di infiltrazione criminale ma un “modello” scelto dai diversi clan per operare sul territorio prendendo dalla regione e dalle sue risorse, paesaggistiche, culturali, economico – imprenditoriali, di volta in volta, quello che serve. Utilizzarla, inoltre, come “base fredda” per approdi a regioni vicine, dalla Toscana, al Lazio, al centro – Nord, alle Marche. Come “base fredda” per investimenti che altrove sarebbero più rischiosi mentre qui – nel cuore verde dell’Italia – muoversi è diventato più semplice nonostante l’intensa attività delle forze dell’ordine, le indagini della magistratura, alcuni sequestri e confische. Mentre questa regione soffre la presenza alternata di diverse organizzazioni criminali muove i primi passi il percorso virtuoso di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Il primo, per l’Umbria, sarà il terreno di Pietralunga, confiscato alla cosca dei De Stefano: terreni a vocazione turistico – recettiva. Un primo passo verso una risposta antimafia concreta e visibile.
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