mercoledì, febbraio 06, 2013
La sindrome di Asperger, il deficit di attenzione e l’iperattività non offuscano l’affettuosità e la simpatia

di Gennaro Iasevoli

La liberazione del bambino sequestrato da un maniaco a Midland City, nello Stato dell'Alabama, ci ha tenuti fino alla fine col fiato sospeso, per paura dell’ennesimo omicidio efferato, sempre più spesso in danno di esseri pacifici, deboli o indifesi. Ma alla fine, leggendo le cronache, ho anche io sentito il sollievo per il salvataggio e ho apprezzato molto tanti giornalisti che hanno saputo valorizzare la vita e le aspettative di un bambino, descrivendo immagini dolci e sottolineando aspetti psicologici rassicuranti per l’infanzia e per tutti noi, nel riferire che il piccolo riprendeva la vita familiare sorridendo, mangiando e giocando.

Il caso ha risollevato la soglia di attenzione anche sul problema psicofisico dei bambini autistici – oppure detti autisti - il cui numero continua sempre ad aumentare. Non si riesce nemmeno a trovarne la causa certa, e giorno per giorno la scienza avanza nuove ipotesi non del tutto verificate. Si ipotizzano cause prenatali imputabili allo stato di salute dei genitori, oppure accidenti di natura immunitaria nel periodo neonatale, infine l’inquinamento ambientale o l’assunzione di alimenti o sostanze tossiche sempre da parte dei genitori prima del concepimento. Altre ipotesi riguardano fattori ereditari e particolari combinazioni cromosomiche risalenti appunto al concepimento.

Negli anni ottanta e novanta del secolo scorso, un medico particolarmente attento al disturbo autistico chiamò questa manifestazione organico- comportamentale col nome del professor Asperger, che era stato tra i primi a classificarne alcune caratteristiche: timidezza, scarsa partecipazione sociale, ritardi nel linguaggio e nella scrittura, associati ad una iperattività e ad una curiosità compulsiva. I bambini autistici non sono molto attenti alle norme indicate dai familiari e quindi vanno seguiti; ciò comporta una costante stanchezza dei genitori che sono costretti a correre dietro di loro, che, presi da una curiosità esplorativa-compulsiva, scappano e non pensano più a rientrare. Talvolta poi manipolano strumenti o interruttori, che trovano a portata di mano, in maniera parossistica.

Ma con i progressi della biochimica, della psicologia e delle neuroscienze sono migliorate le cure. Si stanno ottenendo molti risultati anche insistendo con le tecniche di socializzazione, metodi di gioco guidati da animatori, oppure con l’uso di filmati e giochi elettronici. Recentemente si è puntato molto anche sulle terapie in presenza di piccoli animali di affezione e sull’ippoterapia.

Durante la crescita, con la scolarizzazione, il sostegno, la ludoterapia, le cure medico- neurologiche appropriate, l’affetto dei familiari e dei compagni, questi ragazzi raggiungono lentamente un livello di adattamento sociale che permette loro di superare parecchie difficoltà iniziali.

E’ importante che la famiglia continui a guidarli, anche con un minimo di forza, e contemporaneamente si avvalga del sostegno sociale multiplo, sia delle istituzioni afferenti agli enti locali che delle associazioni dell’area del volontariato sociale, che oggi apprezzabilmente si stanno diffondendo.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

secondo me in quewsti casi bisognerebbe anche che le istituzioni dessero una mano ai familiari, ma come al solito sono dei fantasmi quando si tratta di queste cose
Monica

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