Decine di soldati maliani e nigerini sono stati dispiegati nel centro di Gao e lungo le rive del fiume Niger per ristabilire la sicurezza nel capoluogo settentrionale, ancora scosso da una recente ondata di attacchi messi a segno dai gruppi islamisti.
Misna - Stamani le truppe francesi dell’operazione Serval hanno disinnescato un ordigno di 600 chilogrammi, rinvenuto nel cortile di un’abitazione abbandonata, a breve distanza da un albergo dove alloggiavano decine di giornalisti stranieri. Il luogotenente colonnello Nema Sagadam ha riferito di una decina di jihadisti uccisi e dell’arresto di 14 sospetti in relazione alle violenze dello scorso fine-settimana. Confermano l’instabilità del nord del Mali le notizie che arrivano da Menaka, dove l’esercito di Bamako e i militari di Parigi hanno avuto la meglio – senza incontrare grande resistenza – sui ribelli tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) che avevano preso il controllo della cittadina il 5 febbraio. A Menaka, che dista solo 80 chilometri dalla frontiera col Niger, momenti di tensione si sono verificati dopo l’arresto di quattro insorti tuareg; questi hanno accusato i soldati francesi di averli fatti cadere in una trappola. Al momento sono in corsi trattative: da tempo l’Mnla viene considerato dalle autorità francesi un alleato politico e militare, che ha contribuito alla riconquista delle regioni settentrionali dallo scorso aprile sotto il controllo di gruppi armati islamisti.
Anche nella capitale il governo di transizione deve fare i conti con profonde divisioni all’interno dell’esercito dopo il conflitto a fuoco avvenuto venerdì nel campo militare dei paracadutisti a Bamako, un conflitto che ha riaperto vecchi dissidi tra berretti verdi, vicini alla giunta del capitano Amadou Haya Sanogo, e berretti rossi, fedeli all’ex presidente destituito Amadou Toumani Touré. Ieri il primo ministro Diango Cissoko ha ricevuto una delegazione dei berretti rossi dopo aver avuto colloqui con alti comandi militari, rappresentanti della società civile e delle forze politiche. Uno dei nodi è la necessità di inserire il corpo d’élite dei berretti rossi in altri reggimenti dell’esercito: alcuni di loro si rifiutano con proteste o diserzioni. “Deploriamo anche il coinvolgimento di uomini politici in questa vicenda” ha commentato il ministro della Difesa, il generale Yamoussa Camara. In relazione ai disordini di venerdì è stato arrestato Oumar Mariko, leader del Movimento popolare del 22 marzo (Mp22), una formazione nata dopo il colpo di stato militare di 11 mesi fa.
Il governo maliano deve inoltre ancora pronunciarsi sulla possibilità di far dispiegare nel paese un’operazione di peacekeeping dell’Onu. Nonostante un accordo di massima degli Stati membri del Consiglio di sicurezza e della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas), Bamako esita ancora ad autorizzare la presenza dei caschi blu sul proprio territorio. Sulla carta, ha precisato il vice-segretario dell’Onu alle missioni di peacekeeping Hervé Ladsous, 6000 soldati dovrebbero essere dispiegati prima del 31 luglio, scadenza entro la quale dovrebbero tenersi elezioni generali tese a ristabilire un potere civile democratico.
In questo quadro difficile, non solo al nord, ha espresso “preoccupazione” per il manifestarsi di una “catastrofica spirale di violenza” l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay. Dopo gli attentati e le azioni di guerriglia urbana che si sono verificati a Gao, la dirigente Onu teme nuovi attacchi e “rappresaglie” su base etnica tra l’esercito maliano composto per lo più da neri e cittadini arabi e tuareg accusati di sostenere i ribelli. A tutte le parti coinvolte nella crisi la Pillay ha chiesto di rispettare i diritti umani e le leggi umanitarie internazionali, mentre alcuni osservatori occidentali hanno suggerito l’invio in tempi brevi di osservatori internazionali. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Onu, la crisi maliana ha causato almeno 377.000 sfollati, di cui 150.000 hanno trovato rifugio nei paesi vicini. A lanciare l’allarme per la situazione dei bambini è invece il Fondo Onu per l’infanzia (Unicef), tornato a denunciare l’arruolamento forzato di bambini nel nord e l’alto tasso di malnutrizione che colpirà fino a 650.000 giovani. Anche per rispondere alle emergenze umanitarie, il commissario allo sviluppo dell’Unione europea, Andris Piebalgs, ha annunciato la ripresa degli aiuti allo sviluppo di Bruxelles a favore di Bamako, assicurando che nei prossimi mesi saranno gradualmente sbloccati 250 milioni di euro congelati dopo il golpe del marzo 2012.
A sollecitare maggiore sostegno alla comunità internazionale è stato anche il governo della Libia. Tripoli teme il passaggio in territorio libico dei ribelli islamisti cacciati dal Mali – con il quale divide 4000 chilometri di porosi confini – e l’ulteriore destabilizzazione di un paese teatro due anni fa di una rivolta popolare e di un successivo conflitto civile.
Misna - Stamani le truppe francesi dell’operazione Serval hanno disinnescato un ordigno di 600 chilogrammi, rinvenuto nel cortile di un’abitazione abbandonata, a breve distanza da un albergo dove alloggiavano decine di giornalisti stranieri. Il luogotenente colonnello Nema Sagadam ha riferito di una decina di jihadisti uccisi e dell’arresto di 14 sospetti in relazione alle violenze dello scorso fine-settimana. Confermano l’instabilità del nord del Mali le notizie che arrivano da Menaka, dove l’esercito di Bamako e i militari di Parigi hanno avuto la meglio – senza incontrare grande resistenza – sui ribelli tuareg del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) che avevano preso il controllo della cittadina il 5 febbraio. A Menaka, che dista solo 80 chilometri dalla frontiera col Niger, momenti di tensione si sono verificati dopo l’arresto di quattro insorti tuareg; questi hanno accusato i soldati francesi di averli fatti cadere in una trappola. Al momento sono in corsi trattative: da tempo l’Mnla viene considerato dalle autorità francesi un alleato politico e militare, che ha contribuito alla riconquista delle regioni settentrionali dallo scorso aprile sotto il controllo di gruppi armati islamisti.
Anche nella capitale il governo di transizione deve fare i conti con profonde divisioni all’interno dell’esercito dopo il conflitto a fuoco avvenuto venerdì nel campo militare dei paracadutisti a Bamako, un conflitto che ha riaperto vecchi dissidi tra berretti verdi, vicini alla giunta del capitano Amadou Haya Sanogo, e berretti rossi, fedeli all’ex presidente destituito Amadou Toumani Touré. Ieri il primo ministro Diango Cissoko ha ricevuto una delegazione dei berretti rossi dopo aver avuto colloqui con alti comandi militari, rappresentanti della società civile e delle forze politiche. Uno dei nodi è la necessità di inserire il corpo d’élite dei berretti rossi in altri reggimenti dell’esercito: alcuni di loro si rifiutano con proteste o diserzioni. “Deploriamo anche il coinvolgimento di uomini politici in questa vicenda” ha commentato il ministro della Difesa, il generale Yamoussa Camara. In relazione ai disordini di venerdì è stato arrestato Oumar Mariko, leader del Movimento popolare del 22 marzo (Mp22), una formazione nata dopo il colpo di stato militare di 11 mesi fa.
Il governo maliano deve inoltre ancora pronunciarsi sulla possibilità di far dispiegare nel paese un’operazione di peacekeeping dell’Onu. Nonostante un accordo di massima degli Stati membri del Consiglio di sicurezza e della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao/Ecowas), Bamako esita ancora ad autorizzare la presenza dei caschi blu sul proprio territorio. Sulla carta, ha precisato il vice-segretario dell’Onu alle missioni di peacekeeping Hervé Ladsous, 6000 soldati dovrebbero essere dispiegati prima del 31 luglio, scadenza entro la quale dovrebbero tenersi elezioni generali tese a ristabilire un potere civile democratico.
In questo quadro difficile, non solo al nord, ha espresso “preoccupazione” per il manifestarsi di una “catastrofica spirale di violenza” l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay. Dopo gli attentati e le azioni di guerriglia urbana che si sono verificati a Gao, la dirigente Onu teme nuovi attacchi e “rappresaglie” su base etnica tra l’esercito maliano composto per lo più da neri e cittadini arabi e tuareg accusati di sostenere i ribelli. A tutte le parti coinvolte nella crisi la Pillay ha chiesto di rispettare i diritti umani e le leggi umanitarie internazionali, mentre alcuni osservatori occidentali hanno suggerito l’invio in tempi brevi di osservatori internazionali. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Onu, la crisi maliana ha causato almeno 377.000 sfollati, di cui 150.000 hanno trovato rifugio nei paesi vicini. A lanciare l’allarme per la situazione dei bambini è invece il Fondo Onu per l’infanzia (Unicef), tornato a denunciare l’arruolamento forzato di bambini nel nord e l’alto tasso di malnutrizione che colpirà fino a 650.000 giovani. Anche per rispondere alle emergenze umanitarie, il commissario allo sviluppo dell’Unione europea, Andris Piebalgs, ha annunciato la ripresa degli aiuti allo sviluppo di Bruxelles a favore di Bamako, assicurando che nei prossimi mesi saranno gradualmente sbloccati 250 milioni di euro congelati dopo il golpe del marzo 2012.
A sollecitare maggiore sostegno alla comunità internazionale è stato anche il governo della Libia. Tripoli teme il passaggio in territorio libico dei ribelli islamisti cacciati dal Mali – con il quale divide 4000 chilometri di porosi confini – e l’ulteriore destabilizzazione di un paese teatro due anni fa di una rivolta popolare e di un successivo conflitto civile.
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