In Siria nuovi scontri, stamani, a Sud di Damasco, dove le forze regolari hanno colpito le roccaforti e le zone controllate dagli insorti.
Radio Vaticana - Sul fronte umanitario da segnalare l’ingresso nella zona di Aleppo, controllata dall’opposizione, di cinque membri dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, che hanno portato beni di prima necessità per i profughi. Intanto, cresce la preoccupazione internazionale per il forte rischio di allargamento della crisi. Dopo gli attacchi aerei israeliani vicino Damasco e al confine col Libano, sono arrivate le minacce siriane e iraniane di colpire il territorio israeliano. Ma è possibile un’eventualità del genere? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente: ascolta
R. – Direi che il rischio di un attacco siriano ad Israele non è reale. Il presidente Bashar Al Assad è impegnato in ben altre faccende relative alla guerra civile che ha in casa. Le minacce maggiori arrivano, invece, da Hezbollah libanese, che, come si dice, è armato dalla Siria e che potrebbe essere tentato di far precipitare in qualche maniera la situazione, in questo caso, con un’azione concordata con l’Iran, che proprio in questi giorni è di nuovo nel mirino internazionale. Infatti, si sono scoperti nuovi impianti di arricchimento di uranio a Natanz e a livello internazionale la condanna è unanime. Diciamo che l’Iran potrebbe usare la Siria per mettere in secondo piano la situazione del braccio di ferro Stati Uniti e Israele, da una parte, e Iran dall’altra.
D. - L’eventuale entrata in campo dell’Iran potrebbe, a questo punto, scatenare la reazione della comunità internazionale, Stati Uniti in testa?
R. – Naturalmente, se l’Iran dovesse agire in prima persona, lanciando un missile su una qualsiasi città israeliana, saremmo alla Terza guerra mondiale... Questo significa che la diplomazia si deve muovere e si deve muovere in fretta. L’unica cosa è che in Iran, a giugno, ci saranno le elezioni presidenziali e Ahmadinejad conclude definitivamente il suo periodo di due anni da capo dello Stato, a meno che con un qualche colpo di mano in parlamento non riesca a strappare un ulteriore periodo di presidenza. Probabilmente la guida suprema Khamenei potrebbe arrivare alla conclusione di non far precipitare la situazione, visto che internamente le cose stanno per rimettersi in moto. Questo però è un ragionamento di buon senso, perché, dal momento che Ahmadinejad non ha più nulla da perdere, potrebbe anche arrivare a conclusioni diverse.
D. – E poi c’è l’atteggiamento che Israele potrebbe tenere in caso di attacchi sul suo territorio…
R. – E’ naturale. Tutti si sono meravigliati di questo raid di Israele. Però teniamo conto che la Siria, dal 1970, è il Paese che confina con Israele che ha accumulato la maggior quantità di armi chimiche e biologiche. E’ ovvio che nella totale confusione e diventando sempre più grave questa guerra civile, il pericolo che queste armi chimiche vengano disseminate in tutta l’area, prima di tutto in Libano, è reale. Per cui Israele ha lanciato un monito molto potente; però staremo a vedere quali saranno le conseguenze.
Radio Vaticana - Sul fronte umanitario da segnalare l’ingresso nella zona di Aleppo, controllata dall’opposizione, di cinque membri dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, che hanno portato beni di prima necessità per i profughi. Intanto, cresce la preoccupazione internazionale per il forte rischio di allargamento della crisi. Dopo gli attacchi aerei israeliani vicino Damasco e al confine col Libano, sono arrivate le minacce siriane e iraniane di colpire il territorio israeliano. Ma è possibile un’eventualità del genere? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente: ascolta
R. – Direi che il rischio di un attacco siriano ad Israele non è reale. Il presidente Bashar Al Assad è impegnato in ben altre faccende relative alla guerra civile che ha in casa. Le minacce maggiori arrivano, invece, da Hezbollah libanese, che, come si dice, è armato dalla Siria e che potrebbe essere tentato di far precipitare in qualche maniera la situazione, in questo caso, con un’azione concordata con l’Iran, che proprio in questi giorni è di nuovo nel mirino internazionale. Infatti, si sono scoperti nuovi impianti di arricchimento di uranio a Natanz e a livello internazionale la condanna è unanime. Diciamo che l’Iran potrebbe usare la Siria per mettere in secondo piano la situazione del braccio di ferro Stati Uniti e Israele, da una parte, e Iran dall’altra.
D. - L’eventuale entrata in campo dell’Iran potrebbe, a questo punto, scatenare la reazione della comunità internazionale, Stati Uniti in testa?
R. – Naturalmente, se l’Iran dovesse agire in prima persona, lanciando un missile su una qualsiasi città israeliana, saremmo alla Terza guerra mondiale... Questo significa che la diplomazia si deve muovere e si deve muovere in fretta. L’unica cosa è che in Iran, a giugno, ci saranno le elezioni presidenziali e Ahmadinejad conclude definitivamente il suo periodo di due anni da capo dello Stato, a meno che con un qualche colpo di mano in parlamento non riesca a strappare un ulteriore periodo di presidenza. Probabilmente la guida suprema Khamenei potrebbe arrivare alla conclusione di non far precipitare la situazione, visto che internamente le cose stanno per rimettersi in moto. Questo però è un ragionamento di buon senso, perché, dal momento che Ahmadinejad non ha più nulla da perdere, potrebbe anche arrivare a conclusioni diverse.
D. – E poi c’è l’atteggiamento che Israele potrebbe tenere in caso di attacchi sul suo territorio…
R. – E’ naturale. Tutti si sono meravigliati di questo raid di Israele. Però teniamo conto che la Siria, dal 1970, è il Paese che confina con Israele che ha accumulato la maggior quantità di armi chimiche e biologiche. E’ ovvio che nella totale confusione e diventando sempre più grave questa guerra civile, il pericolo che queste armi chimiche vengano disseminate in tutta l’area, prima di tutto in Libano, è reale. Per cui Israele ha lanciato un monito molto potente; però staremo a vedere quali saranno le conseguenze.
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