Tutti i documenti del Concilio in una comoda brossura in formato tascabile, edita dalle Paoline per il 2012 in ricordo del 60° anniversario di questo grande evento di grazia per la storia della Chiesa
L’11 ottobre 1962 si apriva in San Pietro il XXI Concilio Ecumenico della storia della Chiesa alla presenza di 2316 vescovi provenienti da tutto il mondo. Nelle intenzioni del Santo Padre Giovanni XXIII, che con caparbietà ne volle l’indizione, superando le resistenze della Curia e di molti alti prelati dell’epoca, doveva trattarsi di un concilio breve e dal carattere squisitamente pastorale: non un concilio, cioè, in cui si definiscono nuovi dogmi e si condannano errori in materia dottrinale (come erano stati i precedenti concili ecumenici), ma un concilio in cui si ripensa il modo di comunicare il Vangelo ai popoli e al mondo contemporaneo.
Ma, come si sa, lo Spirito Santo, quando viene lasciato libero di operare, stravolge ogni attesa e aspettativa umana. I lavori conciliari, infatti, andranno avanti per circa tre anni e saranno conclusi da un nuovo papa, Paolo VI, succeduto nel frattempo a Giovanni XXIII nella guida della Chiesa. Inoltre il Concilio produrrà un’enorme mole di documenti, molti dei quali proprio di natura dogmatica. Come dogmatiche sono infatti definite le prime tre grandi Costituzioni conciliari: la “Sacrosanctum Concilium” sulla riforma della liturgia (fino ad allora rigorosamente in latino), la “Lumen Gentium” sul mistero della Chiesa quale strumento di salvezza istituito da Cristo per l’affratellamento di tutto il genere umano e la redenzione del mondo, la “Dei Verbum” sulla divina rivelazione. Come pastorale viene invece qualificata la Costituzione “Gaudium et spes” sulla presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo, in cui vengono esaminate le questioni ritenute più urgenti (come la promozione della famiglia e della pace, il dramma della povertà e delle diseguaglianze, lo sviluppo non solo economico ma anche culturale delle Nazioni) e la risposta che la Chiesa è chiamata a darvi per alleviare le sofferenze e per rispondere alle attese dell’umanità.
Oltre alle quattro grandi Costituzioni, il Concilio elaborò inoltre nove decreti e tre dichiarazioni. Dai diversi documenti emerge un’attenzione particolare al dialogo ecumenico, specialmente con le confessioni cristiane in vista del cammino verso l’unità; alla libertà religiosa (fondamentale la dichiarazione “Dignitatis humanae”, in cui per la prima volta viene riconosciuto un fondamento biblico e dottrinale alla libertà religiosa sia dei cristiani che dei non cristiani); al ruolo e alla vocazione dei laici nella vita della Chiesa. Infine una preoccupazione tutta particolare – che gli anni a seguire avrebbero dimostrato essere non ingiustificata – per il rinnovamento della vita religiosa, l’incremento delle missioni e la formazione sacerdotale.
In un’epoca in cui, dentro e fuori la Chiesa, si torna ad invocare, spesso polemicamente, lo spirito del Concilio e l’esigenza di una piena attuazione dei suoi principi, può essere utile riprendere in mano i suoi documenti, approfittando di questa preziosa iniziativa editoriale delle Figlie di San Paolo. Nel dividersi tra due opposte fazioni (quella dei conservatori, critici verso il Concilio, e quella dei progressisti, i quali al contrario ne invocano l’autorità per sostenere le proprie battaglie di riforma della Chiesa) infatti, molti cattolici mostrano di non conoscere affatto gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, che molto ha inteso innovare, ma pur sempre in linea di continuità con la Tradizione millenaria della Chiesa. Cristo – ripeterebbe san Paolo – è lo stesso “ieri, oggi, sempre”. Nella Chiesa ogni riforma, se autentica, si colloca sul solco della Tradizione. Da questo punto di vista, il Concilio Vaticano II non fa eccezione rispetto agli altri grandi Concili ecumenici del passato, di cui riprende gli insegnamenti, pur con la dovuta attenzione ai “segni dei tempi”.
di Bartolo Salone
L’11 ottobre 1962 si apriva in San Pietro il XXI Concilio Ecumenico della storia della Chiesa alla presenza di 2316 vescovi provenienti da tutto il mondo. Nelle intenzioni del Santo Padre Giovanni XXIII, che con caparbietà ne volle l’indizione, superando le resistenze della Curia e di molti alti prelati dell’epoca, doveva trattarsi di un concilio breve e dal carattere squisitamente pastorale: non un concilio, cioè, in cui si definiscono nuovi dogmi e si condannano errori in materia dottrinale (come erano stati i precedenti concili ecumenici), ma un concilio in cui si ripensa il modo di comunicare il Vangelo ai popoli e al mondo contemporaneo.
Ma, come si sa, lo Spirito Santo, quando viene lasciato libero di operare, stravolge ogni attesa e aspettativa umana. I lavori conciliari, infatti, andranno avanti per circa tre anni e saranno conclusi da un nuovo papa, Paolo VI, succeduto nel frattempo a Giovanni XXIII nella guida della Chiesa. Inoltre il Concilio produrrà un’enorme mole di documenti, molti dei quali proprio di natura dogmatica. Come dogmatiche sono infatti definite le prime tre grandi Costituzioni conciliari: la “Sacrosanctum Concilium” sulla riforma della liturgia (fino ad allora rigorosamente in latino), la “Lumen Gentium” sul mistero della Chiesa quale strumento di salvezza istituito da Cristo per l’affratellamento di tutto il genere umano e la redenzione del mondo, la “Dei Verbum” sulla divina rivelazione. Come pastorale viene invece qualificata la Costituzione “Gaudium et spes” sulla presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo, in cui vengono esaminate le questioni ritenute più urgenti (come la promozione della famiglia e della pace, il dramma della povertà e delle diseguaglianze, lo sviluppo non solo economico ma anche culturale delle Nazioni) e la risposta che la Chiesa è chiamata a darvi per alleviare le sofferenze e per rispondere alle attese dell’umanità.
Oltre alle quattro grandi Costituzioni, il Concilio elaborò inoltre nove decreti e tre dichiarazioni. Dai diversi documenti emerge un’attenzione particolare al dialogo ecumenico, specialmente con le confessioni cristiane in vista del cammino verso l’unità; alla libertà religiosa (fondamentale la dichiarazione “Dignitatis humanae”, in cui per la prima volta viene riconosciuto un fondamento biblico e dottrinale alla libertà religiosa sia dei cristiani che dei non cristiani); al ruolo e alla vocazione dei laici nella vita della Chiesa. Infine una preoccupazione tutta particolare – che gli anni a seguire avrebbero dimostrato essere non ingiustificata – per il rinnovamento della vita religiosa, l’incremento delle missioni e la formazione sacerdotale.
In un’epoca in cui, dentro e fuori la Chiesa, si torna ad invocare, spesso polemicamente, lo spirito del Concilio e l’esigenza di una piena attuazione dei suoi principi, può essere utile riprendere in mano i suoi documenti, approfittando di questa preziosa iniziativa editoriale delle Figlie di San Paolo. Nel dividersi tra due opposte fazioni (quella dei conservatori, critici verso il Concilio, e quella dei progressisti, i quali al contrario ne invocano l’autorità per sostenere le proprie battaglie di riforma della Chiesa) infatti, molti cattolici mostrano di non conoscere affatto gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, che molto ha inteso innovare, ma pur sempre in linea di continuità con la Tradizione millenaria della Chiesa. Cristo – ripeterebbe san Paolo – è lo stesso “ieri, oggi, sempre”. Nella Chiesa ogni riforma, se autentica, si colloca sul solco della Tradizione. Da questo punto di vista, il Concilio Vaticano II non fa eccezione rispetto agli altri grandi Concili ecumenici del passato, di cui riprende gli insegnamenti, pur con la dovuta attenzione ai “segni dei tempi”.
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