venerdì, marzo 15, 2013
Sono almeno 5800 le persone ritornate a Gao dopo essere fuggite durante l’occupazione del capoluogo settentrionale da parte dei gruppi armati islamisti: lo rivela il primo censimento realizzato a partire dal 2 marzo dall’organizzazione non governativa locale Tassaght  

Misna - Gli sfollati hanno preso la strada di casa a fine gennaio, pochi giorni dopo che i ribelli erano stati allontanati dai militari francesi dell’operazione Serval e dai soldati maliani. Il censimento è stato effettuato con il contributo dei consiglieri municipali e dei capi dei quartieri della più grande città del nord, normalmente abitata da 90.000 persone, l’80% delle quali sarebbero fuggite durante la crisi. “Tornano senza niente. Le prime necessità riguardano il cibo. E’ soltanto un inizio, ancora in tanti devono rientrare e in ogni famiglia manca qualcuno” ha dichiarato Almahadi Ag Akeratane, precisando che buona parte della gente arriva a bordo di autobus provenienti da Bamako, la capitale. Gli ultimi dati diffusi dall’Onu fanno riferimento a 170.00 sfollati interni e altri 260.000 maliani rifugiati nei paesi confinanti. Da tre settimane la situazione è tornata calma a Gao, il mese scorso ancora bersagliata dal fuoco del Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale (Mujao), facendo temere l’inizio di una guerriglia urbana. Per diversi giorni la popolazione era rimasta chiusa dentro casa e per timori di attentati era stato chiuso il mercato centrale. Le scuole, invece, hanno riaperto i primi di febbraio dopo un’interruzione delle lezioni cominciata il 10 gennaio. Situata a 1200 chilometri a nord di Bamako, Gao è caduta nel giugno 2012 nelle mani del Mujao – legato ad Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi) – parte della coalizione la cui offensiva ha travolto l’intera regione settentrionale del paese. Ma oltre il lento ritorno alla normalità anche a Kidal e Timbuctù, gli altri due capoluoghi settentrionali, si continua a combattere nel territorio montuoso degli Ifoghas e di Timetrine (nord-est), principale santuario di Aqmi. Nella capitale, le autorità di transizione sono impegnate nella riforma dell’esercito, nell’organizzazione delle elezioni in agenda per luglio ma devono anche far fronte all’emergenza umanitaria del nord. Per i prossimi mesi il paese del Sahel dovrà fare i conti con “importanti problemi di finanziamento nonostante la ripresa parziale degli aiuti internazionali” si legge in una nota diffusa dal Fondo monetario internazionale (Fmi), in conclusione di una missione in Mali. Annunciando un prossimo finanziamento di 15 milioni di dollari, l’organismo finanziario ha deplorato che “la copertura dei bisogni essenziali non è ancora assicurata e nel bilancio 2013 mancano 110 milioni di dollari”. Unica nota positiva è, secondo l’Fmi, “la recente evoluzione positiva della situazione politica e della sicurezza unita a prospettive economiche incoraggianti per l’anno in corso”. Il prodotto interno lordo potrebbe crescere del 4,8%, di gran lunga superiore all’1,2% del 2012, mentre l’inflazione dovrebbe passare dal 5,3 al 3% grazie ai “buoni raccolti”. Per il mese di maggio è stata convocata a Bruxelles una riunione dei donatori internazionali per sostenere il Mali sul cammino della ripresa economica e della normalizzazione politica.

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