Il coraggio di vivere per la libertà
Era il 1975 quando Marocco e Mauritania invasero l’ex colonia spagnola del Sahara da nord e da sud. La duplice invasione fu tutt'altro che pacifica, e coloro che riuscirono a sfuggire al peggio tra la popolazione locale furono costretti ad un esodo di massa, trovando rifugio verso l’unico confine praticabile, la piccola striscia di confine con l'Algeria. Il Sahara Occidentale è una terra aspra e brulla, che confina con Marocco, Algeria e Mauritania, estendendosi per circa 266000 Kmq, il territorio è ricco di risorse minerarie (soprattutto fosfati), mentre le coste, che si affacciano sull’Atlantico, sono pescose; proprietà di certo non passate inosservate al Marocco. Nel deserto algerino sono oggi stanziate circa 400.000 persone che, adattandosi alle contingenze, hanno fatto sorgere campi profughi costituiti da tendopoli di fortuna. Le condizioni climatiche sono proibitive per qualsiasi essere vivente: di giorno la temperatura sfiora i 50° e di notte scende vertiginosamente al di sotto degli 0°. I Saharawi si sono oramai adattati a queste precarie condizioni di vita in una disperata lotta per la sopravvivenza, speranzosi di potersi riappropriare, un giorno, della loro terra. Il popolo, infatti, ha da sempre avanzato la semplice richiesta di un referendum mediante cui poter scegliere democraticamente, secondo il principio di autodeterminazione, per l’indipendenza o l’annessione al Marocco; tuttavia dal 1991 il problema resta insoluto.
Attualmente, l’occupazione di tale territorio è stata riconosciuta come RASD (Repubblica Araba Saharawi Democratica) cioè una repubblica in esilio che si compone di quattro grandi villaggi ognuno dei quali costituisce una “wilaya”, simile alle nostre province, suddivisa in vari comuni “daira”. In ogni “wilaya” ci sono scuole, ospedali o dispensari, sedi delle strutture amministrative, tuttavia il funzionamento di tali strutture, il sostentamento e i beni di prima necessità si devono all’intervento di associazioni umanitarie.
Era il 1989 quando il resto del mondo acclamava la caduta del muro di Berlino, e, quasi in contemporanea, il Marocco innalzava un nuovo muro, per molti tutt’oggi sconosciuto. La realizzazione avvenne in sei periodi, dal giugno del 1982 con la circoscrizione dell'area a nord ovest, denominata "triangolo utile" ( El Aaiún, Smara, Bojador e Bou Craa), per arrivare con la quinta fase nel 1985 ad inglobare una parte del Rio de Oro e nell’aprile del 1987, ultima fase, i centri abitati di Guelta Zemmur, Chalwa, Oum Dreyga, Imlili e Dakhla, già Villa Cisneros. Il muro marocchino si estende per oltre 2.720 km, circondato da campi minati e presidiato da oltre 130000 militari, impedisce l’incursione alle forze del Polisario e taglia in due il Sahara, non solo geograficamente, tanto che numerose famiglie sono state costrette da anni a rimaner divise e sono tuttora impossibilitate a ricongiungersi. Molti bambini sono nati nei campi profughi, non hanno mai visto degli edifici, delle strade asfaltate, una vegetazione rigogliosa o le onde del mare, alcuni hanno problemi di salute (i Saharawi sono il popolo con il più alto tasso di celiachia e di problemi oftalmici, probabilmente dovuti all’adattamento all’ambiente). Per le scarse norme d’igiene e la mancanza di mezzi, casi ritenuti relativamente poco gravi in qualsiasi città Europea diventano addirittura mortali in questa distesa di sabbia dimenticata dal mondo che è il Sahara occidentale.
Tuttavia, alcuni paesi europei non ignorano la grave situazione di indigenza e permettono ai bambini di soggiornare nei loro confini per cure mediche e istruzione; ad esempio in Italia molti istituti Lasalliani dei fratelli delle Scuole Cristiane accolgono i piccoli Saharawi, come ad Acireale e a Regalbuto, ma anche i Comuni di Tolfa, Civitavecchia, Sesto Fiorentino, Lerici, Modena e molti altri ancora si sono attivati, nel silenzio, per la loro causa.
Nonostante i problemi, il popolo Saharawi conserva uno straordinario senso di pacifica dignità e di generosa ospitalità:i volontari che viaggiano nella loro terra raccontano infatti che viene spesso organizzata una festa per mostrare il rituale del matrimonio Saharawi. La serata diventa un tripudio di colori dove si ride, si mangia e si balla, e ci si riempie di tradizioni antiche, ma al tempo stesso del tutto nuove, tali da stupire i visitatori e coinvolgerli in un'atmosfera che, di fatto, li “trasforma” in coloro che hanno ricevuto di più.
Sarebbe davvero il momento di voltare questa pagina così amara per scriverne una nuova di dignità e libertà per il popolo Saharawi.
di Mariateresa Riola
Era il 1975 quando Marocco e Mauritania invasero l’ex colonia spagnola del Sahara da nord e da sud. La duplice invasione fu tutt'altro che pacifica, e coloro che riuscirono a sfuggire al peggio tra la popolazione locale furono costretti ad un esodo di massa, trovando rifugio verso l’unico confine praticabile, la piccola striscia di confine con l'Algeria. Il Sahara Occidentale è una terra aspra e brulla, che confina con Marocco, Algeria e Mauritania, estendendosi per circa 266000 Kmq, il territorio è ricco di risorse minerarie (soprattutto fosfati), mentre le coste, che si affacciano sull’Atlantico, sono pescose; proprietà di certo non passate inosservate al Marocco. Nel deserto algerino sono oggi stanziate circa 400.000 persone che, adattandosi alle contingenze, hanno fatto sorgere campi profughi costituiti da tendopoli di fortuna. Le condizioni climatiche sono proibitive per qualsiasi essere vivente: di giorno la temperatura sfiora i 50° e di notte scende vertiginosamente al di sotto degli 0°. I Saharawi si sono oramai adattati a queste precarie condizioni di vita in una disperata lotta per la sopravvivenza, speranzosi di potersi riappropriare, un giorno, della loro terra. Il popolo, infatti, ha da sempre avanzato la semplice richiesta di un referendum mediante cui poter scegliere democraticamente, secondo il principio di autodeterminazione, per l’indipendenza o l’annessione al Marocco; tuttavia dal 1991 il problema resta insoluto.
Attualmente, l’occupazione di tale territorio è stata riconosciuta come RASD (Repubblica Araba Saharawi Democratica) cioè una repubblica in esilio che si compone di quattro grandi villaggi ognuno dei quali costituisce una “wilaya”, simile alle nostre province, suddivisa in vari comuni “daira”. In ogni “wilaya” ci sono scuole, ospedali o dispensari, sedi delle strutture amministrative, tuttavia il funzionamento di tali strutture, il sostentamento e i beni di prima necessità si devono all’intervento di associazioni umanitarie.
Era il 1989 quando il resto del mondo acclamava la caduta del muro di Berlino, e, quasi in contemporanea, il Marocco innalzava un nuovo muro, per molti tutt’oggi sconosciuto. La realizzazione avvenne in sei periodi, dal giugno del 1982 con la circoscrizione dell'area a nord ovest, denominata "triangolo utile" ( El Aaiún, Smara, Bojador e Bou Craa), per arrivare con la quinta fase nel 1985 ad inglobare una parte del Rio de Oro e nell’aprile del 1987, ultima fase, i centri abitati di Guelta Zemmur, Chalwa, Oum Dreyga, Imlili e Dakhla, già Villa Cisneros. Il muro marocchino si estende per oltre 2.720 km, circondato da campi minati e presidiato da oltre 130000 militari, impedisce l’incursione alle forze del Polisario e taglia in due il Sahara, non solo geograficamente, tanto che numerose famiglie sono state costrette da anni a rimaner divise e sono tuttora impossibilitate a ricongiungersi. Molti bambini sono nati nei campi profughi, non hanno mai visto degli edifici, delle strade asfaltate, una vegetazione rigogliosa o le onde del mare, alcuni hanno problemi di salute (i Saharawi sono il popolo con il più alto tasso di celiachia e di problemi oftalmici, probabilmente dovuti all’adattamento all’ambiente). Per le scarse norme d’igiene e la mancanza di mezzi, casi ritenuti relativamente poco gravi in qualsiasi città Europea diventano addirittura mortali in questa distesa di sabbia dimenticata dal mondo che è il Sahara occidentale.
Tuttavia, alcuni paesi europei non ignorano la grave situazione di indigenza e permettono ai bambini di soggiornare nei loro confini per cure mediche e istruzione; ad esempio in Italia molti istituti Lasalliani dei fratelli delle Scuole Cristiane accolgono i piccoli Saharawi, come ad Acireale e a Regalbuto, ma anche i Comuni di Tolfa, Civitavecchia, Sesto Fiorentino, Lerici, Modena e molti altri ancora si sono attivati, nel silenzio, per la loro causa.
Nonostante i problemi, il popolo Saharawi conserva uno straordinario senso di pacifica dignità e di generosa ospitalità:i volontari che viaggiano nella loro terra raccontano infatti che viene spesso organizzata una festa per mostrare il rituale del matrimonio Saharawi. La serata diventa un tripudio di colori dove si ride, si mangia e si balla, e ci si riempie di tradizioni antiche, ma al tempo stesso del tutto nuove, tali da stupire i visitatori e coinvolgerli in un'atmosfera che, di fatto, li “trasforma” in coloro che hanno ricevuto di più.
Sarebbe davvero il momento di voltare questa pagina così amara per scriverne una nuova di dignità e libertà per il popolo Saharawi.
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