La Corea del Nord ha annunciato di essere entrata in uno ''stato di guerra'' con la Corea del Sud e che ogni questione tra i due Paesi sarà trattata su questa base. La decisione giunge dopo che Gli Stati Uniti hanno inviato due super bombardieri, in Corea del Sud, nell’ambito delle esercitazioni militari congiunte con Seul.
Radio Vaticana - Tra la Corea del Nord e quella del Sud è "stato di guerra". Lo ha deciso Pyongyang che ha affidato una dichiarazione in tal senso all'agenzia ufficiale Kcna. Un dispaccio che alza la tensione, nel quale è scritto che "d'ora in poi le relazioni intercoreane sono di guerra e tutti i problemi tra le due Coree saranno trattati secondo un protocollo specifico". Il leader nordcoreano Kim Jong-un precisa che "le situazioni nella penisola che non sono né di pace e né di guerra, sono giunte alla fine".
La dura presa di posizione, non sottovalutata dalla Casa Bianca, segue all’invio da parte degli Stati Uniti di due bombardieri B-2 Spirit Stealth, che possono essere dotati sia di armi convenzionali sia nucleari, in Corea del Sud, nell’ambito delle esercitazioni militari congiunte con Seul.
La Corea del Nord da giorni si era dichiarata in “assetto da combattimento” e dopo l’invio dei bombardieri di Washington, ha risposto alle esercitazioni con minacce sempre più incalzanti: l'allerta per tutte le unità missilistiche, pronte al lancio contro le basi Usa nel sud del Pacifico e Seul.
Dell’inquietante braccio di ferro nel Pacifico Fausta Speranza ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all’Università Cattolica di Milano:
R. - Per quanto nelle esercitazioni militari ci possano essere queste operazioni, l’invio di bombardieri è chiaramente una risposta al tentativo della Corea del Nord di alzare notevolmente la tensione, soprattutto con le ultime minacce di bombardare le postazioni militari americane presenti nel Pacifico.
D. - Parliamo di strumenti militari e di obiettivi geopolitici: quali?
R. - Dal punto di vista della Corea del Nord, bisogna purtroppo partire dall’assoluta imprevedibilità di questo regime, o meglio, dalla prevedibilità di una risposta “quasi paranoica” di un regime che è al completo fallimento economico: da anni il Paese è ridotto alla fame, è stremato dal punto di vista dell’energia. Come sempre, quando la Corea del Nord è in forte difficoltà rilancia la sfida nel tentativo di giocarsi il tutto per tutto. Il regime minaccia di crollare tirando con sé il numero maggiore di attori regionali. In realtà con la Corea del Nord non sono mai molto funzionate le politiche occidentali, né quella a brutto muso, dura, di sfida delle presidenze Bush che non hanno portato frutto ma invece hanno portato poi la Corea del Nord a degli esperimenti nucleari; né altre politiche di regionalizzazione delle tensioni. Il fatto è che questo regime cerca disperatamente di sopravvivere ai suoi fallimenti.
D. - Parliamo allora di Stati Uniti e di Corea del Sud…
R. - La Corea del Sud ha diversi obbiettivi: il primo è l’unificazione guidata dal Sud, poi l’eliminazione del regime comunista del Nord e, allo stesso tempo, ha forzature geo-strategiche che hanno a che fare con il discorso della sicurezza: la Corea del Sud sa di essere facilmente attaccabile dalla Corea del Nord, non solo dal punto di vista nucleare, ma anche con l’artiglieria convenzionale. I nordcoreani hanno più volte minacciato di causare danni insostenibili alla Corea del Sud. Nella Corea del Sud c’è anche una forte pressione popolare affinché venga dato in qualche modo aiuto alla popolazione del Nord che è veramente piegata da anni di carestie. Per gli Stati Uniti il discorso è più complicato: da un lato, sono garanti di una rete di alleanze politiche e militari che coinvolgono la Corea del Sud e il Giappone; dall’altro c’è questa “partita a scacchi” con la Cina, che in passato è stato un Paese sostenitore della Corea del Nord, e che adesso guarda - anche se con preoccupazione - alle mosse di Pyongyang. Infine, c’è la partita della supremazia nel Pacifico, alla quale gli americani non vogliono assolutamente rinunciare. Tutto questo rende la lettura molto meno immediata di quanto possa sembrare.
D. - Ci rimane una riflessione sulla Cina, che invita a non fare alzare la tensione, e poi sulla Russia che parla di attività militare unilaterale inaccettabile da parte della Corea del Nord...
R. - La Russia, ma soprattutto la Cina guardano con grande preoccupazione alla Corea del Nord. Da un lato non vogliono la catastrofe di questo regime. La Cina, in particolare, teme che la catastrofe possa coinvolgerla in una guerra o possa provocare milioni di profughi nordcoreani alle frontiere cinesi o rafforzare eccessivamente gli Stati Uniti. Quindi la Cina non vuole il collasso della Corea del Nord. Dall’altra parte è preoccupata da questa deriva estremista e apparentemente irrazionale del regime. La Cina e la Russia lavorano sempre per portare i nordcoreani ad un tavolo, che non sia solamente un tavolo di negoziati con la Corea del Sud o con gli Stati Uniti, ma un tavolo regionale.
Radio Vaticana - Tra la Corea del Nord e quella del Sud è "stato di guerra". Lo ha deciso Pyongyang che ha affidato una dichiarazione in tal senso all'agenzia ufficiale Kcna. Un dispaccio che alza la tensione, nel quale è scritto che "d'ora in poi le relazioni intercoreane sono di guerra e tutti i problemi tra le due Coree saranno trattati secondo un protocollo specifico". Il leader nordcoreano Kim Jong-un precisa che "le situazioni nella penisola che non sono né di pace e né di guerra, sono giunte alla fine".
La dura presa di posizione, non sottovalutata dalla Casa Bianca, segue all’invio da parte degli Stati Uniti di due bombardieri B-2 Spirit Stealth, che possono essere dotati sia di armi convenzionali sia nucleari, in Corea del Sud, nell’ambito delle esercitazioni militari congiunte con Seul.
La Corea del Nord da giorni si era dichiarata in “assetto da combattimento” e dopo l’invio dei bombardieri di Washington, ha risposto alle esercitazioni con minacce sempre più incalzanti: l'allerta per tutte le unità missilistiche, pronte al lancio contro le basi Usa nel sud del Pacifico e Seul.
Dell’inquietante braccio di ferro nel Pacifico Fausta Speranza ha parlato con Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all’Università Cattolica di Milano:
R. - Per quanto nelle esercitazioni militari ci possano essere queste operazioni, l’invio di bombardieri è chiaramente una risposta al tentativo della Corea del Nord di alzare notevolmente la tensione, soprattutto con le ultime minacce di bombardare le postazioni militari americane presenti nel Pacifico.
D. - Parliamo di strumenti militari e di obiettivi geopolitici: quali?
R. - Dal punto di vista della Corea del Nord, bisogna purtroppo partire dall’assoluta imprevedibilità di questo regime, o meglio, dalla prevedibilità di una risposta “quasi paranoica” di un regime che è al completo fallimento economico: da anni il Paese è ridotto alla fame, è stremato dal punto di vista dell’energia. Come sempre, quando la Corea del Nord è in forte difficoltà rilancia la sfida nel tentativo di giocarsi il tutto per tutto. Il regime minaccia di crollare tirando con sé il numero maggiore di attori regionali. In realtà con la Corea del Nord non sono mai molto funzionate le politiche occidentali, né quella a brutto muso, dura, di sfida delle presidenze Bush che non hanno portato frutto ma invece hanno portato poi la Corea del Nord a degli esperimenti nucleari; né altre politiche di regionalizzazione delle tensioni. Il fatto è che questo regime cerca disperatamente di sopravvivere ai suoi fallimenti.
D. - Parliamo allora di Stati Uniti e di Corea del Sud…
R. - La Corea del Sud ha diversi obbiettivi: il primo è l’unificazione guidata dal Sud, poi l’eliminazione del regime comunista del Nord e, allo stesso tempo, ha forzature geo-strategiche che hanno a che fare con il discorso della sicurezza: la Corea del Sud sa di essere facilmente attaccabile dalla Corea del Nord, non solo dal punto di vista nucleare, ma anche con l’artiglieria convenzionale. I nordcoreani hanno più volte minacciato di causare danni insostenibili alla Corea del Sud. Nella Corea del Sud c’è anche una forte pressione popolare affinché venga dato in qualche modo aiuto alla popolazione del Nord che è veramente piegata da anni di carestie. Per gli Stati Uniti il discorso è più complicato: da un lato, sono garanti di una rete di alleanze politiche e militari che coinvolgono la Corea del Sud e il Giappone; dall’altro c’è questa “partita a scacchi” con la Cina, che in passato è stato un Paese sostenitore della Corea del Nord, e che adesso guarda - anche se con preoccupazione - alle mosse di Pyongyang. Infine, c’è la partita della supremazia nel Pacifico, alla quale gli americani non vogliono assolutamente rinunciare. Tutto questo rende la lettura molto meno immediata di quanto possa sembrare.
D. - Ci rimane una riflessione sulla Cina, che invita a non fare alzare la tensione, e poi sulla Russia che parla di attività militare unilaterale inaccettabile da parte della Corea del Nord...
R. - La Russia, ma soprattutto la Cina guardano con grande preoccupazione alla Corea del Nord. Da un lato non vogliono la catastrofe di questo regime. La Cina, in particolare, teme che la catastrofe possa coinvolgerla in una guerra o possa provocare milioni di profughi nordcoreani alle frontiere cinesi o rafforzare eccessivamente gli Stati Uniti. Quindi la Cina non vuole il collasso della Corea del Nord. Dall’altra parte è preoccupata da questa deriva estremista e apparentemente irrazionale del regime. La Cina e la Russia lavorano sempre per portare i nordcoreani ad un tavolo, che non sia solamente un tavolo di negoziati con la Corea del Sud o con gli Stati Uniti, ma un tavolo regionale.
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