Le ragioni per restare nel discorso del presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy a Londra
Giorni fa in un mio post riflettevo sul non senso della frase “Uscire dall’Europa”, e il commento interessante inserito da un anonimo lettore, che ringrazio, con riferimento al fatto che in Italia, dopo l’adozione dell’euro come moneta, le condizioni di vita delle famiglie italiane sono peggiorate con restrizioni severe delle disponibilità economiche delle stesse, mi fa ritornare sul tema. “Uscire dall’Europa”, come osservavo, puó costituire un programma politico che in un contesto di crisi e di malcontento potrebbe funzionare a fini propagandistici e demagocici. E se l’euro é l’oggetto del contendere si dovrebbe parlare più precisamente di uscita dall’Eurozona.
Di uscita dall’Europa ha parlato recentemente anche David Cameron, il primo ministro del Regno Unito, paese membro dell’UE ma che non ha adottato l’euro (conservando la sterlina), e pertanto, in tal caso, dobbiamo intendere un’uscita dal trattato che ha istituito l’UE. E la cosa ha destato preoccupazioni gravi, come si puó evincere dal discorso che il presidente del Consiglio europeo, H. Van Rompuy, ha pronunciato a Londra lo scorso 28 febbraio, sforzandosi di convincere il popolo britannico a rimanere in Europa. Lo stesso ha osservato che se nell’UE le cose non vanno bene, tutti i paesi membri devono assumere la loro parte di responsabilitá; se si vuole che le cose in Europa cambino, non ci si puó mettere vicino all’uscio, ma bisogna rimanere dentro.
Se oggi le prioritá sono quelle di restaurare la fiducia e la stabilitá in Europa, tali prioritá valgono anche per il Regno Unito, dal momento che dal 2008 una crisi finanziaria mondiale ha avuto conseguenze su molti paesi, membri e non, dell’UE, una crisi, ha ricordato Van Rumpuy, la cui gravitá non si riscontrava dalla grande depressione del 1930. Se la Gran Bretagna dovesse uscire dall’UE, ció sarebbe legalmente possibile ma non senza costi, ha detto il presidente del Consiglio europeo. D’altro canto si stanno giá facendo preparativi per aprire a Londra un ufficio distaccato per i brevetti europei dopo la creazione della “Single Patent”, e ciò conferma la mia opinione che la minaccia di uscire dall’Europa potrebbe essere solo una strategia politica per ottenere un maggior ruolo e maggiori vantaggi. Non vi é dubbio che la presenza di uffici delle istituzioni europee in uno stato comporti rilevanti vantaggi.
Tuttavia, indipendentemente dalle strategie di questo o quel leader, proprio perché stiamo vivendo una crisi gravissima che tocca ognuno di noi e che ci potrebbe far regredire in tutti i sensi, dovremmo pensare a una strategia che punti sulla solidarietá, che identifichi prioritá comuni che riguardano beni comuni essenziali. Un’Europa moderna e orientata verso il progresso e la sicurezza, guidata da persone scelte democraticamente e la cui azione sia trasparente.
Giorni fa in un mio post riflettevo sul non senso della frase “Uscire dall’Europa”, e il commento interessante inserito da un anonimo lettore, che ringrazio, con riferimento al fatto che in Italia, dopo l’adozione dell’euro come moneta, le condizioni di vita delle famiglie italiane sono peggiorate con restrizioni severe delle disponibilità economiche delle stesse, mi fa ritornare sul tema. “Uscire dall’Europa”, come osservavo, puó costituire un programma politico che in un contesto di crisi e di malcontento potrebbe funzionare a fini propagandistici e demagocici. E se l’euro é l’oggetto del contendere si dovrebbe parlare più precisamente di uscita dall’Eurozona.
Di uscita dall’Europa ha parlato recentemente anche David Cameron, il primo ministro del Regno Unito, paese membro dell’UE ma che non ha adottato l’euro (conservando la sterlina), e pertanto, in tal caso, dobbiamo intendere un’uscita dal trattato che ha istituito l’UE. E la cosa ha destato preoccupazioni gravi, come si puó evincere dal discorso che il presidente del Consiglio europeo, H. Van Rompuy, ha pronunciato a Londra lo scorso 28 febbraio, sforzandosi di convincere il popolo britannico a rimanere in Europa. Lo stesso ha osservato che se nell’UE le cose non vanno bene, tutti i paesi membri devono assumere la loro parte di responsabilitá; se si vuole che le cose in Europa cambino, non ci si puó mettere vicino all’uscio, ma bisogna rimanere dentro.
Se oggi le prioritá sono quelle di restaurare la fiducia e la stabilitá in Europa, tali prioritá valgono anche per il Regno Unito, dal momento che dal 2008 una crisi finanziaria mondiale ha avuto conseguenze su molti paesi, membri e non, dell’UE, una crisi, ha ricordato Van Rumpuy, la cui gravitá non si riscontrava dalla grande depressione del 1930. Se la Gran Bretagna dovesse uscire dall’UE, ció sarebbe legalmente possibile ma non senza costi, ha detto il presidente del Consiglio europeo. D’altro canto si stanno giá facendo preparativi per aprire a Londra un ufficio distaccato per i brevetti europei dopo la creazione della “Single Patent”, e ciò conferma la mia opinione che la minaccia di uscire dall’Europa potrebbe essere solo una strategia politica per ottenere un maggior ruolo e maggiori vantaggi. Non vi é dubbio che la presenza di uffici delle istituzioni europee in uno stato comporti rilevanti vantaggi.
Tuttavia, indipendentemente dalle strategie di questo o quel leader, proprio perché stiamo vivendo una crisi gravissima che tocca ognuno di noi e che ci potrebbe far regredire in tutti i sensi, dovremmo pensare a una strategia che punti sulla solidarietá, che identifichi prioritá comuni che riguardano beni comuni essenziali. Un’Europa moderna e orientata verso il progresso e la sicurezza, guidata da persone scelte democraticamente e la cui azione sia trasparente.
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